di Carlo Musilli

Immaginare un mondiale brasiliano vinto da una squadra diversa dal Brasile di Neymar è complicato, ma si può fare. Se i pronostici sbagliassero, se il fattore campo non fosse decisivo (come 64 anni fa, quando in terra carioca vinse l’Uruguay), se si riuscisse a superare anche il timore di violenze e autolesionismi vari per un’eventuale eliminazione dei verdeoro, spunterebbero due nomi: Germania e Spagna. Niente di originale, purtroppo, ma la prima è come al solito la squadra più granitica a livello atletico, mentre la seconda vanta un livello medio di tecnica che forse nemmeno i padroni di casa sono in grado di uguagliare.

Ai tedeschi manca una prima punta pesante come Gomez, ma le alternative in attacco si sprecano: da Reus a Podolski, da Götze al veterano Klose, passando per le frequenti incursioni in avanti di Müller. Senza contare la nuova capacità di palleggio a centrocampo acquisita grazie all’effetto-Guardiola sul Bayern. Quanto agli spagnoli, si può obiettare  che Iniesta e Xavi non siano più gli alieni del 2010. E’ vero, ma rimangono Iniesta e Xavi, e, con tutto il rispetto, non c’è Verratti o Pogba che tenga. In fondo, dal mondiale sudafricano che li ha visti trionfare, i rojos hanno perso soltanto una partita ufficiale: la finale di Confederation Cup l’anno scorso contro il Brasile. 

Nello stesso girone della Spagna, insieme a Cile e Australia, figura la grande sconfitta della finale di quattro anni fa, l’Olanda, che forma con il Portogallo la solita accoppiata di nazionali ricche di tradizione e talento, ma finora a secco di titoli mondiali. Le stelle degli arancioni erano e sono Robben, Schneider e Van Persie, campioni assoluti ma dal rendimento spesso altalenante. Il problema principale è l’assenza di Strootman, “la lavatrice” del centrocampo, come l’ha definito Rudy Garcia.

In casa portoghese, invece, è naturale che tutto dipenda dalle condizioni di Cristiano Ronaldo: se recupera la forma è in grado di bucare la porta di chiunque e trascinare avanti gli altri 10, altrimenti il rischio è che la squadra ricada nel vecchio vizietto del bel gioco avaro di gol. Il che sarebbe fatale, visto che CR7 & Co. dovranno affrontare un girone tutt’altro che semplice contro Germania, Stati Uniti e Ghana.

In termini di difficoltà, però, nessun girone batte il nostro. A causa di quello sciagurato pareggio di ottobre contro l’Armenia, l’Italia non era teste di serie e ora deve vedersela con Inghilterra e Uruguay, oltre che con il Costa Rica. Per gli azzurri sarà probabilmente un Mondiale al contrario rispetto al solito: frizzanti in attacco, smemorati in difesa, dove la panchina non offre ricambi all’altezza di sostituire i tre della linea juventina, a loro volta provati da un anno di allenamenti in stile Conte.

L’impatto con gli inglesi non sarà leggero: macchinosi e legnosi quanto si vuole, gli uomini di Hodgson hanno comunque una prestanza fisica e un’intelaiatura tattica che non si scardinano in cinque minuti. Occorre pazienza. Non guasterebbe anche un po’ di fortuna contro l’Uruguay, probabilmente la più forte delle quattro squadre. Sanchez è stato operato al menisco il 22 maggio, ma è in Brasile e potrebbe riuscire a far danni al fianco di Cavani. In porta però c’è ancora Muslera, il che significa che chiunque - Costa Rica compresa - farebbe bene a tirare appena la porta compare all’orizzonte, come in Holly e Benji.  

Per quanto riguarda le possibili sorprese, a detta di quasi tutti i commentatori le due mine vaganti sono Belgio e Colombia. In particolare, i cuginetti sempre scherniti dai francesi stavolta si presentano al Mondiale con una formazione che sembra superiore alla Francia stessa, vantando talenti come Hazard, Mertens, De Bruyne, Dembélé, Januzaj e il buon vecchio capellone Fellaini.

La squadra di Mark Wilmots è giovane, fantasiosa e nelle qualificazioni ha stupito tutti, mettendo a segno 26 punti senza perdere nemmeno una partita e buttando fuori quel che resta della Serbia. Il Belgio potrebbe essere davvero la sorpresa del 2014, anche perché non è proprio in un girone di ferro: dovrà giocare con Algeria, Corea Del Sud e Russia.

Le velleità colombiane, invece, risultano molto ridimensionate dal forfait dell’attaccante-star Radamel Falcao. In ogni caso, anche per i gialli sudamericani il girone contro Grecia, Costa d’Avorio e Giappone è più che abbordabile. La Colombia, infatti, può contare sulle stelle Carlos Bacca del Siviglia e Jackson Martinez del Porto, ma anche su molte conoscenze del nostro campionato, ovvero Cuadrado, Ibarbo, Zuniga, Zapata, Yepes e Armero.

Ancora più light il girone dell’Argentina, che non dovrebbe avere problemi ad arrivare prima davanti alla Nigeria, all’Iran e alla grande sorpresa Bosnia. Sulla carta, è difficile immaginare un potenziale offensivo più forte di quello biancoceleste, che può contare su Di Maria, Messi, Higuaìn, Agüero, Palacio e Lavezzi. Resta incomprensibile a livello calcistico l’esclusione di Tevez, ma si dice sia stato il sovrano assoluto Messi a porre il veto sulla convocazione dell'Apache.

Il vero incubo per gli argentini è dietro: in difesa, ma soprattutto in porta, dove il titolare è Sergio Romero, di cui la Sampdoria si è liberata optando per il prestito al Monaco. Peccato che in Francia Sergio faccia il panchinaro e non giochi praticamente mai, eterno secondo dietro al croato Subaši?. Chissà se Dzeko, Ibisevic e Pjianic ne sono informati.

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