di Carlo Musilli

"Se qualcosa può andar male, lo farà", recita la legge di Murphy. Non c'è massima che riassuma meglio la triste spedizione dell'Italia ai Mondiali di Brasile 2014. Con l'Uruguay bastava pareggiare per raggiungere gli ottavi, ma abbiamo perso 1-0. Andiamo a casa per un colpo di testa di Godin su calcio d'angolo all'81esimo. Si salvano solo le dimissioni "irrevocabili" di Cesare Prandelli, che - pur essendo fresco di rinnovo - ha tratto con serietà le conseguenze dei propri errori. Di rimando (e per fortuna) si è dimesso anche il presidente della Figc, Giancarlo Abete.

A ben vedere, le ragioni della nostra sconfitta sono molte. Mettiamo da parte De Coubertin e cominciamo dall'arbitro. E' innegabile che la svolta della partita di ieri sia stata l'incredibile espulsione di Marchisio a metà del secondo tempo, cacciato dal direttore di gara (che era a un metro) per un normalissimo contrasto di gioco. Vedere della violenza gratuita nel gesto del centrocampista azzurro - che tocca con il piede il ginocchio dell'avversario cercando di frapporsi fra lui e la palla - vuol dire non avere idea di come si muovano i giocatori su un campo da calcio. La frittata si completa qualche minuto dopo, quando Suarez dà un morso, un morso vero, sulla spalla di Chiellini. Il fuoriclasse della Celeste non è nuovo a follie del genere, ma stavolta è fortunato. Lo hanno visto tutti, tranne arbitro e guardalinee.

Il secondo fattore a spiegare la nostra eliminazione, ma non per importanza, è l'inesperienza di Prandelli, che non si è dimostrato all'altezza del suo compito. E' vero, ha delle attenuanti - dall'infortunio di Montolivo nell'ultima amichevole pre-partenza, al forfait di De Rossi prima dell'ultima partita - ma nessuna è sufficiente a giustificare la confusione che alberga nella mente del nostro ct, né la sua incapacità di leggere le partite.

Contro il Costa Rica avevamo bisogno di un centrocampo veloce e ci siamo sorbiti la fisicità lignea di Thiago Motta. Ieri dovevamo affrontare una partita muscolare, e abbiamo giocato senza nessuno a fare interdizione. Tenere alta la squadra è la regola numero uno in questi casi, ma nella ripresa Balotelli viene sostituito da Parolo, che peserà 20 chili meno di lui. Prandelli leva SuperMario perché teme si faccia espellere (era già ammonito), sennonché, quando anche Immobile deve uscire zoppicante, il nostro allenatore si ritrova a dover mettere Cassano. Difficile immaginare un innesto più inutile contro gli energumeni uruguayani.

Il terzo fattore per cui diciamo addio ai campi brasiliani è certamente il più decisivo: abbiamo giocato male. Malissimo contro il Costa Rica, molto male contro l'Uruguay. La vittoria d'esordio contro l'Inghilterra ci aveva illuso, ma il Subbuteo di Roy Hodgson, dobbiamo ammetterlo, ci aveva regalato molto. Nelle ultime due partite non c'è stato raccordo fra centrocampo e attacco: di tiri in porta nemmeno l'ombra, nessun inserimento, zero sovrapposizioni sulle fasce. Solo tanto caos nel nostro centrocampo intasato.

Una carenza di idee figlia anche della schizofrenia tattica di Prandelli, che ha cambiato modulo in continuazione, come niente fosse, senza dare ai nostri giocatori nessuna certezza, nessun punto di riferimento, nessun automatismo. Senza contare che non abbiamo tenuto nemmeno a livello atletico, dimostrandoci palesemente inadeguati nei polmoni e nei muscoli.

Infine, è mancata anche un po' di grinta. Un deficit scontato più nella seconda che nella terza partita, ma comunque mortifero. La squadra non aveva personalità, né esperienza sufficiente per gestire un torneo come questo. Il fatto che un bambinone come Balotelli abbia ricevuto l'investitura del leader la dice lunga sulla nostra lucidità. Ora che tutto è finito, in ogni caso, avremo il tempo per tornare padroni di noi stessi, se non del campo. Guardiamo il lato positivo: potremo anche rilassarci con un po' di tennis. Lunedì è cominciato Wimbledon.

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