di redazione

Per tanti anni l’Italia del calcio ha avuto piedi ottimi ma poca testa, ora ha piedi modesti ma un grande carattere. Al di là dell’organizzazione tattica, è questa la caratteristica che ha permesso agli azzurri di battere la Spagna 2-0 agli ottavi di finale di questi Europei 2016. Una rivincita insperata, contro la squadra che ci aveva eliminato dalle ultime due edizioni di questo torneo (nel 2012 con un umiliante 0-4 in finale).

La gara inizia subito bene per l’Italia, che aggredisce alti gli avversari e riesce spesso ad arrivare in area con giocate in velocità sulle fasce. Nella prima frazione le occasioni sono tutte azzurre. Prima De Gea si supera con una grande parata su un colpo di testa da distanza ravvicinata di Pellè, poi però il portiere iberico sbaglia su una punizione potente di Eder. Giaccherini tocca il pallone anticipando il recupero di Piqué e consentendo a Chiellini un comodo tap in di ginocchio. Prima dell’intervallo lo stesso Giaccherini si esibisce in un dribbling con tiro a giro dal vertice dell’area che De Gea devia sul fondo in bello stile.

Nella ripresa, gli azzurri ricominciano da dove avevano finito nella prima frazione, dimostrando ancora grande aggressività. Una bella combinazione di prima lancia Eder da solo verso la porta spagnola, ma l’attaccante dell’Inter, dopo un bello scatto, spara ancora addosso al portiere avversario. Di lì in avanti, la tenuta atletica degli italiani cala sempre più.

Gli 11 di Conte si abbassano progressivamente, non riescono più a ripartire e soffrono l’arrembaggio dei Campioni d’Europa in carica. De Rossi deve uscire prima del solito dal campo per un dolore muscolare alla coscia: al suo posto il diffidato Thiago Motta, che trova il modo di farsi ammonire per una sciocca reazione a centrocampo. Il pareggio spagnolo però non arriva, grazie alla solita organizzazione difensiva del blocco juventino e a un paio di prodezze di Buffon, che si supera in particolare su una girata al volo da pochi metri di Piqué, involontariamente servito da un colpo di testa di Barzagli.

Nel finale, la mossa vincente è l’ingresso di Insigne al posto di Eder. In pieno recupero, quando tutti si aspettavano che perdesse tempo in prossimità della linea di bordocampo, il fantasista napoletano inventa un’apertura improvvisa per Darmian (a sua volta subentrato a Florenzi). Il terzino del Manchester riesce in qualche modo a buttarla al centro, dove Pellè scaraventa in porta il punto della sicurezza, esattamente come aveva fatto nella partita d’esordio contro il Belgio.

A essere onesti, non si può negare che i nostri blasonati avversari abbiano deluso le aspettative. Questa Spagna non è più la corazzata invincibile capace di portare a casa in 6 anni due Europei e un Mondiale. A fare la differenza è il pensionamento di due geni del calcio come Xavi e Xabi Alsono, la cui eredità non è stata raccolta da giocatori dello stesso livello. È rimasto Iniesta, che inventa ancora giocate come poesie, ma non più con la brillantezza di cinque anni fa, anche perché intorno a lui non ha più compagni in grado di comprendere al volo le sue intuizioni. Problemi anche in attacco, dove Aduriz è evanescente e Morata viene praticamente annullato dagli ex compagni di squadra juventini, che lo conoscono bene.

A livello tattico, le invenzioni migliori di Conte hanno a che fare ancora una volta con due giocatori chiave nel modulo: Giaccherini e Pellè. Il primo, come al solito più che generoso, gira intorno a Piqué praticamente per tutta la partita, impedendo agli spagnoli di iniziare l’azione con calma, dai piedi del loro miglior difensore in fase d’impostazione. Più muscolare ma altrettanto efficace l’interdizione di Pellè su Busquez.

Adesso, ancora una volta, gli azzurri trovano sulla propria strada la Germania. Un’altra finale, e siamo solo ai quarti. È certamente l’avversario più temibile che potesse capitare a questo punto del torneo. Sulla carta, gli undici di Loew, campioni del mondo in carica, sono decisamente favoriti. Non resta che sperare nel cuore e nella grinta di questa Italia. Del resto, il calcio non si gioca sulla carta.

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