di redazione

Inizia male l’era Ventura sulla panchina dell’Italia. Il 3-1 subito in casa per mano della Francia lascia pensare che il carattere impresso da Conte agli azzurri sia già un ricordo e sporca la storia della nazionale al San Nicola di Bari (fin qui, 9 vittorie e un pareggio), città che in passato aveva fatto la fortuna dell’attuale ct.

La partita è caratterizzata da due anomalie. Primo, a prodursi con costanza nella nobile arte del catenaccio-e-contropiede sono i francesi, non gli 11 di Ventura, che pure è un maestro di questo schema elementare (non a caso il momentaneo pareggio di Pellè arriva grazie a una ripartenza sulla fascia di Eder).

Secondo, gli errori più gravi degli italiani arrivano nell’unico reparto che eravamo abituati a considerare solido: la difesa. Tutti i gol dei nostri avversari sono figli di svarioni della nostra retroguardia: sull’1-0 di Matial, Chiellini buca la chiusura e Barzagli sbaglia il fuorigioco; il 2-1 di Giroud pesa ancora su Chiellini, che perde la marcatura; il 3-1 finale, invece, è figlio di una clamorosa ingenuità dell’esordiente Donnarumma, che su un cross sbagliato da Kurzawa si preoccupa di coprire al centro, mentre il pallone s’insacca sul primo palo.

I nostri avversari sono probabilmente superiori a livello tecnico, ma si limitano al minimo sindacale. Chiudono gli spazi al centro, lasciando che gli azzurri si dilettino in quelle decine di cambi di gioco che tanto piacciono al nostro allenatore. Il problema è che i francesi prosciugano la fonte del nostro gioco, mettendo in marcatura a uomo Giroud su De Rossi nel primo tempo e Gignac su Verratti nella ripresa.

Il compito d’impostare, perciò, ricade interamente sulla difesa. Un bel guaio, considerando l’assenza di Bonucci e del suo piede sinistro. Agli azzurri non resta che arrangiarsi passando il pallone ad Astori, che è un buon marcatore ma non certo un playmaker con visione di gioco. E infatti gli errori si sprecano.

Nei rari casi in cui riusciamo a raggiungere le fasce, peraltro, troviamo sbocchi solo sulla destra con Candreva. Nella ripresa la situazione migliora sulla catena di sinistra con l’ingresso di Florenzi al posto di De Sciglio, ma la manovra è comunque troppo lenta e prevedibile. Mancano le sovrapposizioni, le triangolazioni, i movimenti senza palla. Raramente riusciamo a mettere in difficoltà gli esterni difensivi di Deshamps e il povero Pellè rimane ancorato in mezzo a tre giganti francesi, aspettando palloni che non arrivano mai.

L’unica nota positiva della serata è che, finalmente, hanno esordito con la maglia della nazionale maggiore Rugani, Belotti e Donnarumma (d’accordo, ha sbagliato, ma ha pur sempre 17 anni ed è indiscutibilmente il successore di Buffon). A volersi concedere una considerazione frivola, è davvero bella anche la nuova divisa sfoggiata dagli azzurri, probabilmente la più elegante da molti anni a questa parte.

Per il resto, il confronto Ventura-Conte può sembrare ingeneroso dopo una sola partita, ma è inevitabile. Il tecnico genovese è un vecchio maestro del calcio spumeggiante di provincia, un uomo capace di portare il Torino in Europa League e di fargli perfino sbancare un fortino come il San Mamés di Bilbao. Ma su palcoscenici internazionali di questo spessore non ha esperienza, e si vede.

Non prova neanche a scardinare la gabbia tattica preparata da Dechamps: ha in mente una sola idea di gioco e la porta vanti qualsiasi cosa accada. In più, non si fa sentire dalla panchina. Non urla, non minaccia i giocatori di morte ad ogni passaggio in orizzontale sbagliato come faceva Conte. Non tiene alta la tensione agonistica, né la concentrazione. E questo, alla fine, fa la differenza. 

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