L’aria intorno all’Inter, come spesso succede, è malsana. Potenti spifferi provvedono a seminare inquietudini e l’esposizione mediatica di una procuratrice affamata di ribalta e poco attenta al procedere aumentano a dismisura gli effetti di una crisi ormai difficile da occultare. Intendiamoci, l’Inter non è certo la sola ad essere in difficoltà, anzi. E’ vero, è uscita dalla Champions (benché nessuno aveva pensato potesse passare il suo turno) e dalla Coppa Italia, sconfitta ai rigori.

 

Ma la tanto celebrata Juventus, nonostante Cristiano Ronaldo, è già stata eliminata dalla Coppa Italia e deve rimandare al prossimo anno il tentativo di eguagliare il triplete proprio dell’Inter targata Mourinho. Il Napoli, con uno dei migliori 3 allenatori al mondo in panchina, è stato eliminato da Champions e Coppa Italia, dalla quale la Roma esce incassando 7 gol dalla Fiorentina! Napoli, Roma, Lazio e Milan hanno meno punti dello scorso anno e l’Inter, che era settima, oggi si trova al terzo posto, in linea con gli obiettivi prefissati.

 

 

Ciò non toglie che la crisi dell’Inter faccia rumore, sia perché la società e la squadra sono mediaticamente esposte, sia perché l’organico a disposizione di Spalletti dovrebbe dare altre risposte. Doveva essere la prima antagonista della Juventus, è diventata la prima nemica di sé stessa. In attesa di misurarsi con una Europa League che si annuncia tutt’altro che agevole, l’Inter mette a rischio seriamente, persino la sua posizione in zona Champions.

 

Come ogni fine anno e inizio del nuovo la squadra sembra crollare come un castello di carte e quanto fatto nel girone di andata viene disfatto in quello di ritorno. Il richiamo della preparazione? Le ferie troppo lunghe? I movimenti oscillatori del mercato e le distrazioni dello spettacolo? Tutto e anche più, quel che è certo è ce professionalità e abnegazione sembrano lasciare il posto ad un clima generale di sfiducia e di indisponibilità al sacrificio.

 

Spalletti non è certo colpevole dei clamorosi errori sotto porta di Icardi, Lautaro Martinez, Vecino e Candreva ma è il primo responsabile di una compagine priva di molte virtù e zeppa di difetti, costruita male ed allenata peggio. Squadra senza agonismo, lenta ed incapace di produrre un’idea di calcio, viene aggredita sulla corsa e sui contrasti da tutti gli avversari. I suoi giocatori si nascondono invece che dettare il passaggio e, priva di un mediano davanti alla difesa, viene bucata da qualunque progressione verticale degli avversari. Se non avesse due tra i centrali più forti d’Europa, incasserebbe diversi gol a partita. Non a caso Handanovic è il portiere con il maggior numero di parate all’attivo di tutto il campionato.

 

L’aspetto atletico si somma alla modestia tecnica. Arriva seconda sui palloni, gioca con le spalle alla porta avversaria, non vince nessun contrasto ed è sempre in ritardo sulle seconde palle. Il prolungato possesso si compone di innumerevoli passaggi da 10 metri in orizzontale, un torello insopportabile e perdente, vista la tecnica approssimativa. Velocità di esecuzione e verticalizzazione pari a zero, nessun uomo a giocare tra le linee avversarie nella trequarti di campo e nessuno che cominci l’azione fuori dalla propria area, compito delegato a terzini e difensori centrali, ciò che fa alzare il pressing avversario e mette in difficoltà ogni ripartenza.

 

Il valore singolo di ogni giocatore non è certo quello esibito e le responsabilità di una mancanza di carattere (è l’unica squadra che quando incassa un gol non è in grado di rimontare) si aggiunge alle spaventose carenze tecnico-tattiche. Non c’è solo l’errore capitale di aver clamorosamente sbagliato il mercato ma anche quello di non essersi dotato di giocatori capaci di prendersi la squadra sulle spalle e fungere da traino nei momenti difficili. Icardi, Lautaro Marinez, Perisic e Naingollan sono i giocatori meno in forma e, guarda caso, quelli che più hanno avuto da ridire su stipendi, ruoli ed altro.

 

Pare che la cura Marotta fin qui abbia solo portato maggiori problemi e certamente il terzo posto in classifica non appare blindato. La società ha protetto Spalletti nei giorni delle voci su Antonio Conte, ma ormai il tecnico sembra incapace di riagguantare le redini della squadra.

 

Gli è stato giustamente rimproverato un mercato voluto sulla base delle sue indicazioni, che ha visto la partenza dei due giocatori più tecnici - Rafinha e Cancelo - per i due flop peggiori, ovvero Naingollan e Vrsaliko, e si ricorda come le difficoltà nelle quali incorre non trovino mai un’uscita rapida. Accuse giuste solo in parte, giacché la società ha condiviso il mercato, sbagliato come quello degli anni precedenti quando Spalletti non c’era.

 

Sabato a Parma l’aspetta un impegno difficile, di quelli che non possono andar male. Difficile che in 5 giorni una compagine ritrovi brillantezza e agonismo, ma le imprecisioni sotto porta sono tali da non poter che essere addebitati alla mancanza di serenità e lucidità. Quindi o la squadra ritrova un nuovo patto per salvare la stagione e rimandare le questioni pendenti a fine campionato, oppure difficilmente l’allenatore di Certaldo potrà uscirne indenne. Che resti fino a fine stagione è possibile, ma a giugno le strade si separeranno. In due anni non è riuscito a dare un gioco continuativo ed una identità di squadra, perderlo non sarà una tragedia.

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