Così come lo scudetto juventino non riesce a scaldare i cuori, il secondo posto in classifica dell’Inter si compone di luci ed ombre. Le luci hanno a che vedere con i numeri: l’Inter è arrivata ad un punto dalla vincitrice, ha 13 punti in più dello scorso anno e due posizioni più su in classifica, è la squadra con meno partite perse e con meno reti subite, la seconda per realizzazioni. Sono stati gli scontri diretti con la Juventus a condannarla? Forse, ma più ancora aver tirato fuori solo tre punti con Bologna, Parma e Fiorentina nelle ultime giornate.

Difetti di crescita e di personalità di una squadra incompleta e con un tasso tecnico inferiore a quello juventino, certo, ma al suo allenatore, Conte, le colpe di una mancata vittoria risultano essere altre. Ci sono nemici dentro e fuori, giocatori non all’altezza e mancati arrivi. Ovviamente nessun mea culpa da parte sua, che pure incassa un milione di Euro al mese che dovrebbe coprire anche le scuse dovute, oltre che vitto e alloggio.

Conte ha deciso di rovinare quella che comunque era stata una giornata positiva per il club lanciandosi in un violento e sgrammaticato j’accuse contro la società e i dirigenti, dopo che nel corso dell’anno la aveva già proposto nei confronti di alcuni suoi giocatori, quando ridusse pubblicamente Sensi e Barella ricordando che venivano da compagini poco blasonate (ma sono stati utilissimi nella stagione).

Nel suo conflitto permanente con la sintassi e la fonetica, Conte ha comunque indicato quale sia la strada: juventinizzarsi. Ovvero culto della vittoria non importa come, idea dei secondi quali primi perdenti, influenza politica e mediatica per avvantaggiarsi il cammino, silenzio su ciò che avviene in società e nella squadra, carta bianca al suo allenatore (che però alla Juve non hanno mai dato a nessuno, meno che mai a lui). Il capitano della Juve ai tempi di Moggi ha un’idea “moggiana” di cosa debba succedere fuori dal campo. Con ciò riconoscendo, implicitamente, che non è certo solo “sul campo” che si vincono i trofei.

Certo, l’Inter, sia quella di Moratti o di Zhang, non è la Juventus. Per stile, ideologia, comportamenti ma, soprattutto, per la capacità di esercitare influenza. La famiglia più importante (e nefasta) del capitalismo italiano pesa molto più che qualunque altra società. E la protezione mediatica non può essere la stessa, visto che due su tre dei maggiori quotidiani sportivi, così come i due principali quotidiani generalisti, sono della stessa proprietà della Juventus. L’Inter, in cambio, non dispone nemmeno di una quota del sistema mediatico, di conseguenza avere giornalisti simpatizzanti è difficilissimo, non dipendendo dall’Inter la carriera di nessun redattore, che invece ha tutti i motivi per non dare fastidio al suo gruppo editoriale (se vuole averla, quella carriera).

Poi c’è il discorso del potere politico, e qui la questione è ancor più seria e più complessa. Anche in Lega, come nell’AIA e nella FIGC, il peso bianconero è avvertito da testa a piedi. Il sistema Moggi non è finito con il regnare di Moggi ed alcuni legami, come del resto alcuni processi interni di selezione, conservano gli equilibri che vedono da sempre la società degli Agnelli al vertice e i suoi sodali al seguito, con i suoi oppositori ai margini.

Cosa, intende dunque, Conte, quando afferma che se c’è da colpire qualcuno si colpisce l’Inter? Fa piacere che se ne sia accorto perché é proprio quello che per anni la società nerazzurra ed altre hanno denunciato, ovvero lo sbilanciamento filo Juventus degli organi federali, del sistema mediatico, della finanza e della mercato dei giocatori; insomma non si svela nessun segreto se si dice che l’intero movimento calcistico nazionale aveva ed ha, nella Juventus, il suo deux ex machina.

Conte, che della Juventus più inquinante ed inquinata - quella con Moggi, Giraudo e Bettega - fu capitano, dovrebbe saperlo bene per essere stato direttamente coinvolto in quel sistema. Quindi, sapeva bene che l’Inter di quel sistema è vittima e non carnefice. Che si sia accorto stando sulla panchina nerazzurra di quanto quella rete di sistema riesca a condizionare i risultati sportivi, è evidente; che gli sia piaciuto prima è probabile, ma adesso sembra di no. E allora ripensi anche da questa esperienza, al valore ed ai numeri veri degli scudetti juventini.

Ma ci sono altri aspetti inquietanti nello strabordare di Conte. La campagna acquisti che Conte ritiene insufficiente ha visto l’arrivo di giocatori da lui voluti ad eccezione di Eriksen: ma non c’è allenatore europeo che non vorrebbe il campione danese nella sua squadra. Solo chi ha un’idea del calcio esclusivamente come grinta, corsa continua e prestanza fisica può ritenere la tecnica pura un elemento relativo (e infatti Eriksen va in panca e Candreva e Gagliardini sono lì a mangiarsi gol e cross). E se l’Inter ha giocato sempre buone, a volte ottime partite (con Barcellona e Borussia Dortmund le migliori in Champions, con l‘Atalanta in campionato) ma è durata al massimo 60 minuti prima del crollo fisico, davvero è colpa dei dirigenti? Se Gagliardini in due partite tra gol mangiati e gol procurati fa perdere 4 punti è colpa dei nemici o di chi lo schiera sapendo che ha i piedi fucilati?

L’attacco alla società, a cominciare dal suo Direttore Sportivo Piero Ausilio per finire al suo Presidente Zhang (e in qualche modo anche al suo sponsor, Marotta), è indegno e inconcepibile per qualunque dipendente, non importa quale sia il suo ruolo e stipendio. Ausilio è quello che ha preso uno come Lautaro a 20 milioni (ed oggi ne vale più di cento), Sensi e Barella, Bastoni e Sanchez in prestito oneroso; quello che lo ha liberato da Icardi, Naingollan e Perisic e che gli ha comprato i giocatori che chiedeva: Lukaku a 80 milioni, lo scarsissimo Lazaro (22 milioni) Moses e Young. Non ha preso Vidal? Il Barcellona non lo cedeva, come non cedeva Rakitic, che pure l’Inter aveva puntato. E davvero con Vidal si vince e senza Vidal no? Non è titolare nemmeno nel Barca e doveva diventare l’asso nella manica dell’Inter a suon di milioni? A 33 anni? Avanziamo dubbi al riguardo.

Che Conte lavori nell’ombra per portare un suo amico al posto di Ausilio è cosa nota: ma Ausilio, che con l’Inter si trova da anni e nel migliore dei modi, è dirigente di prim’ordine, formatosi nell’Inter morattiana e quindi dotato di valori decisamente diversi da quelli di Conte. Grave che l’allenatore accusi pubblicamente dirigenti e gravissimo che chiami in causa la presunta assenza del Presidente Zhang, che non può rientrare dalla Cina causa misure per il contenimento del Corona virus e non per pigrizia.

Che Conte chieda pieni poteri è ovvio, che glieli concedano può scordarselo. L’Inter lo ritiene un ottimo allenatore, capace di arrivare alla vittoria, ma non più grande e più importante dell’Inter nel suo insieme. Mourinho, verso il quale il complesso di inferiorità di Conte appare palese, mai si permise di attaccare la società o i suoi giocatori (ad eccezione di Balotelli del quale disse che disponeva “di un solo neurone”). Come dargli torto? La differenza, oltre allo stile, sta qui: Mourinho vinse tutto e i suoi “nemici” li trovava fuori; Conte non ha ancora vinto nulla ma i suoi “nemici” li ha trovati dentro.

Si rincorrono voci circa il continuo contatto tra l’allenatore dell’Inter e alcuni dirigenti e giocatori della Juventus. Alcuni riferiscono che Conte sia interessatissimo alla sorte di Sarri. Lui smentisce ed annuncia querele. Auspicabile che non siano vere, se lo fossero tali attenzioni getterebbero una luce diversa sullo straparlare del tecnico salentino e si profilerebbe l’ipotesi di un teatrino montato appositamente con l’intenzione di destabilizzare l’Inter, spingere Suning alla rottura e tentare di tornare alla Juventus.

Difficile che i cinesi abbocchino. Soldi ne hanno molti, tolleranza molto meno. Pazienza con gli ingrati, poi, meno ancora: la vicenda di Spalletti dovrebbe avere insegnato qualcosa. Per questo i sondaggi su Allegri e Pochettino proseguono: il piano B è pronto.

Dunque o Conte rientra nei ranghi e nomina un consulente per la comunicazione che interpreti i suoi concetti elementari e gli dia forma compiuta nel rispetto dei ruoli, dell'italiano e della società che lo strapaga, oppure avrà un solo modo per dimostrare di essere colui che dice quel che pensa e fa quello che dice: presentare le dimissioni. Vediamo chi, dopo lo strappo alla Juve, al Chelsea e ora all’Inter qualcuno sarà disposto a spendere 11 milioni per avere la guerra in casa. Ma intanto si dimetta. Anche se la Juve confermerà di non volerlo più vedere. Magari una settimana prima di riprenderselo.

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