Un girone molto facile, con tre avversarie ben più deboli del previsto, ci aveva illuso di avere una “macchina da guerra”, per usare le parole di un telecronista grottescamente incline all’enfasi. La partita contro l’Austria ci ha svegliato dal torpore. Alla fine gli azzurri ce l’hanno fatta di nuovo, ma la vittoria ha richiesto una dose di fatica ben superiore al previsto (e anche una discreta porzione di fortuna: vedi il gol annullato ad Arnautovic).

Certo, i meriti degli avversari non vanno sottovalutati. La formazione austriaca sarà anche priva di capacità tecnica, ma è organizzata, si difende bene occupando ogni centimetro ed è capace di un pressing asfissiante. Corrono, inseguono, all’occorrenza picchiano.

Quanto agli azzurri, i problemi iniziano in difesa. Acerbi è un ottimo difensore, ma non ha l’esperienza internazionale di Chillini, né la sua capacità di comandare la difesa. Bonucci, invece, vive una serata a dir poco negativa, mancando una serie di anticipi che una volta avrebbe portato a casa a occhi chiusi e riuscendo nell’impresa di far sembrare Arnautovic un giocatore di calcio professionista.

A centrocampo i guai sono fisici. Verratti non sta bene e si vede, mentre Barella è condizionato dalle botte che riceve nella prima fase della partita. Jorginho gioca una gara ordinata, ma gli manca sempre il guizzo, la giocata capace di trovare spazio dove gli altri non ne vedono.

In avanti, Berardi è il più appannato e non riesce mai a dialogare con i compagni di reparto. Immobile, incastrato nella difesa muscolare austriaca, cerca palloni tornando indietro e colpisce l’incrocio con un tiro da 30 metri (l’unica occasione della sua partita).

A decidere l’incontro in favore dell’Italia sono tre cambi di Mancini: Locatelli per Verratti, Pessina per Barella e Chiesa per Berardi. Gli ultimi due subentrati sono gli autori dei gol che ci portano ai quarti di finale. Si può pensare che il Ct abbia sbagliato la formazione iniziale e che se avesse messo dal primo minuto questi giocatori avremmo sofferto meno. Il ragionamento è forse plausibile per Locatelli, vista la condizione di Verratti. Un giocatore effervescente come Chiesa, invece, è probabilmente più efficace quando entra in campo a partita in corso, quando gli avversari sono stanchi e faticano ancora di più a stargli dietro.

La mossa di Mancini più difficile da comprendere è l’ingresso di Belotti per Immobile. L’attaccante del Torino è generoso, protegge il pallone, subisce falli e fa salire la squadra. Ma ha un problema: non segna mai. Il suo utilizzo ha senso quando abbiamo un risultato di difendere; se invece dobbiamo buttarla dentro in qualche modo, non ha senso privarsi di Immobile. Il centravanti della Lazio sarà pure lontano da quello che ha vinto la scarpa d’oro, ma il suo senso del gol non è paragonabile a quello di Belotti.

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