di Betta Bertozzi

“Può un’intera famiglia campare di pornografia? Certo che sì. Accade in America, il paese delle grandi opportunità e dei falsi puritani. Accade a Los Angeles, dove in quasi tutte le cantine è stato ambientato un film, e dove si deve pur far qualcosa per pagare il chirurgo plastico. Fra palme, olio abbronzante e albergoni disneyani è ambientato un reality piuttosto strambo. “Porno, un affare di famiglia”. I protagonisti sono Adam, sua madre e suo cugino, che rispondono semplicemente ad una domanda del mercato. Il mercato chiede sesso, Adam e famiglia si organizzano per fargliene avere in buona e abbondante qualità. La cugina si occupa dell’amministrazione e dei provini, per cui dopo un’inserzione sul giornale locale e su vari siti internet, si ritrova 5 possibili pornoattori in anticamera, 5 ganzi da provinare. La casalinga americana, abituata a mantenere la brocca in enormi mall ricolmi di ogni ben di dio, capace di organizzare memorabili barbecue comprensivi di sterminio di mandria per il rifornimento del giusto numero di steaks, prode organizzatrice di ritrovi tupperware, può forse spaventarsi davanti a 5 potenziali stalloni da cable tv? Mai. Infatti, la cugina invita ciascuno a sedersi, a eccitarsi e a dar mostra della propria abilità, mentre lei se la sghignazza col suo assistente, considerata la natura della società forse un cugino di 4 grado.
Adam organizza le coppie, le orge, scegliendo con perizia il materiale umano da mettere in gioco, come si trattasse di pupazzi. E, nonostante i mugolii e i gridolini di piacere, è davvero faticoso non pensare che i due (o tre) che si agitano sullo schermo non siano Barbie e Ken, con o senza sorellina Skipper. Adam ci tiene, alla fotografia, per cui riprende tutto personalmente, da diverse angolazioni, mentre gli attori cercano disperatamente di mantenere l’eccitazione. Adam è pronto a interrompere la registrazione, senza alcuna pietà, al minimo cedimento.
Ma a cosa servono i proventi di quest’attività? A mantenere un bambino, il figlio di Adam, un bambino assolutamente normale, come tutti i bambini del mondo, un bambino tranquillo e sereno che forse nemmeno sa di cosa vivono i suoi parenti. E perché dovrebbe, poi?
Una che non si è affatto adeguata al tran tran familiare, è la moglie del cugino, che non sa proprio come fare a liberarsi della porno star che le fa yoga in salotto, in attesa della sua prestazione. Quando poi si vede costretta ad invitarla fuori a cena con due amici di famiglia, non sa come affrontare il atto che la ragazza provi un’irrefrenabile attrazione per le prestazioni pioggia dorata delle cameriere cinesi del ristorante. Riuscirà la cugina benpensante a far ingoiare alla porno star un pollo con le mandorle senza far danni?

La frontiera del reality, in America, è anche questo. C’è qualcosa di più pornografico della pornografia, ed è “Cheaters”, il programma in cui quelli che hanno il vago sospetto di essere traditi possono far pedinare il partner e beccarlo in castagna (se del caso) con telecamere e presentatore connivente. Seguono scenate nei parcheggi dei supermercati dove il fedifrago e l’amante stanno facendo la spesa per la nottatina brava, inseguimenti sull’autostrada alle due di notte, con le auto lanciate a massima velocità. Raramente, pianti, lacrime, pentimenti. Non è dato sapere quante querele.

Non è forse pornografia pura, lavare i propri panni sporchi in pubblico, legittimando il sospetto, la bassezza del pedinamento e il pubblico ludibrio, in ragione di ogni bugia?
Gli Americani hanno molto in antipatia la bugia, come dimostrano le campagne presidenziali degli ultimi anni. E allora eccola, la frontiera della verità, il far west del vero, il reale trasformato in televisione. Ecco “Porno, un affare di famiglia”, ecco “Cheaters”.

Una notizia rassicurante c’è. Nessuno dei due programmi sembra appartenere a Endemol. Se Maria De Filippi non ne sa nulla, forse c’è qualche possibilità di non vedere adattamenti italiani di queste due perle.

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