di Roberta Folatti


Una passione incurabile

Il libro da cui è tratto il film omonimo è uno dei più coinvolgenti che abbia letto. Scritto da Patrick McGrath, uscito in Italia nel 1998 per Adelphi, è stato molto amato dal pubblico di lettori, compresa Natasha Richardson, attrice inglese figlia di Vanessa Redgrave, che con tenacia ha perseguito il progetto di farne un film. Così Follia è stato trasposto sullo schermo a firma David Mackenzie, con la Richardson che interpreta Stella Raphael, la tormentata protagonista femminile. Quando un libro è bello si ha sempre una certa ritrosia nel vederlo materializzarsi su pellicola, il tentativo questa volta non è deprecabile, anzi si può dire riuscito. Però manca qualcosa, ed è forse l’essenziale.

Non so se chiamarlo phatos, quell’atmosfera torbida e tragica che rendeva “Follia” un romanzo da cui era difficile staccarsi. Da leggere in un fiato. Il film è elegante e molto ben fotografato, ma verso la fine diventa persino un poco noioso e la descrizione dell’accendersi della passione fra Stella e lo scultore Edgard ha un che di freddo. Quasi un eccesso di “meccanicismo”. La sensazione è quella di un bell’involucro a cui manca l’anima.

Ma partiamo dall’inizio. Siamo nel 1959: dietro le mura di un tetro manicomio la storia si dipana coinvolgendo psichiatri, pazienti e soprattutto lei, Stella, la moglie bella e inquieta di uno dei medici della struttura. Insoddisfatta del suo rapporto col marito - che la guarda con sospetto, considerando la sua spiccata sensibilità inadatta a una moglie “normale” – desiderata dall’ambiguo Peter Cleave, un altro degli psichiatri del manicomio, sarà travolta dall’attrazione per uno dei pazienti, lo scultore Edgar, cupo e tormentato ma capace di grandi slanci passionali. Quando l’avvertiranno che l’uomo è ricoverato lì in seguito al barbaro omicidio della moglie, che sospettava di tradimento, sarà troppo tardi, Stella sarà già troppo coinvolta. E non si dimostrerà più prudente nemmeno quando la storia sarà diventata di dominio pubblico e verrà ostacolata in ogni modo dal marito e dalla direzione dell’istituto. Per amore seguirà l’uomo nella sua fuga disperata e si staccherà dal figlio a cui è molto legata.

Ma quella raccontata in “Follia” è una passione che ha in sé, sin dall’inizio, i germi della sua distruzione e Stella, scegliendo di fuggire con il tenebroso scultore, non troverà altro che scampoli di felicità, inghiottiti e vanificati da un tormento sempre crescente. L’autore del libro sembra volerci dire che la passione, di per sé, è distruttiva e condanna chi ne è travolto a un destino di infelicità e sofferenza.
“Follia” è anche una fotografia delle istituzioni psichiatriche di un tempo, che oscillano tra l’inettitudine del primo direttore, la scarsa sensibilità del marito di Stella e il cinismo al limite del delirio di Cleave, che si dimostrerà il vero burattinaio occulto della tragedia. Interpretato da Ian McKellen con calibrata freddezza, la figura di Cleave è la più inquietante del film, a confronto della quale Stella e Edgar appaiono quasi vittime innocenti.

Follia (Gran Bretagna, Irlanda, 2005)
Regia: David Mackenzie
Musiche: Mark Mancina
Cast: Natasha Richardson, Ian MacKellen, Marton Csokas
Distribuzione: NoShame Films


















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