di Roberta Folatti

L’innocenza dell’infanzia e l’orrore Un bambino di otto anni, un piccolo esploratore che ama scalfire la superficie delle cose andando oltre le menzogne degli adulti, quelle menzogne che i grandi elargiscono con generosità ai bambini. Bruno è così, ed è anche per questo che i suoi genitori lo amano, tentando di proteggerlo dalla sua stessa curiosità. In certi luoghi e in certi momenti la curiosità, la voglia di capire, il rifiuto di piegarsi all’indottrinamento possono rappresentare un grande rischio. Anche se si è solo dei bambini.
Il film, diretto da Mark Herman (quello di “Grazie signora Thatcher") e prodotto dalla Disney, è ambientato in un angolo remoto della campagna tedesca, dove i nazisti hanno costruito un piccolo campo di concentramento con annesso forno crematorio ben funzionante. La famiglia di Bruno si trasferisce da Berlino in questo triste luogo perchè il capofamiglia, militare in carriera, ha ricevuto una promozione. La natura del suo lavoro non è ben chiara ai membri della famiglia, anche sua moglie, una giovane donna dall’animo sensibile, finge con se stessa, cerca di negare la verità per proteggere soprattutto i figli, Bruno e una sorella di dodici anni. Ma a poco a poco emergerà il fatto - incontrovertibile, sconcertante, inaccettabile - che il ruolo dell’uomo è quello di carceriere di ebrei, e che il fumo che esce dalle ciminiere del campo, con quell’odore acre e penetrante, non proviene dalla combustione di spazzatura...

Il bambino col pigiama a righe narra della progressiva consapevolezza di Bruno, che pur rimanendo ancorato al proprio mondo infantile e alle sue colorite fantasie, viene a patti con la figura del padre, rendendosi conto che non è più possibile ammirarlo. La sua sarà una piccola ma radicale ribellione, nessuno se ne accorgerà sino all’ultimo e questo condurrà inevitabilmente al drammatico finale.

Però essere un bambino con un nucleo di innocenza ancora intatto gli permetterà di vivere comunque una bellissima avventura nell’incontro con Shmuel, suo coetano col “pigiama a righe”. Da principio la tristezza del piccolo ebreo rinchiuso nella “fattoria” sembra prevalere nel rapporto tra i due, ma anche Shmuel è pur sempre un bambino e, insieme a Bruno, riesce a ritagliarsi dei momenti di serenità e gioco. Pur rimanendo separati dal filo spinato, mostruosità concepita dalla follia degli adulti.

Sempre separati tranne l’ultimo giorno, il giorno della partenza decisa dai genitori di Bruno, quando i due bambini decidono che è venuto il momento di essere uguali. Il tedesco si infila il “pigiama a righe” dell’ebreo, introducendosi di nascosto nel campo di concentramento...

Un film che non fa sconti malgrado sia prodotto dalla Disney, con un finale che tocca lo spettatore nel profondo. Dopo averlo visto lo sconforto si fa ancora più grande al pensiero che oggi altri bambini, questa volta palestinesi, stanno subendo le conseguenze delle azioni irresponsabili degli adulti.

Il bambino col pigiama a righe (Usa, Gran Bretagna, 2008)
Regia: Mark Herman
Sceneggiatura: Mark Herman
Musiche: James Horner
Cast: Asa Butterfield, Jack Scanlon, Amber Beattie, David Thewlis, Vera Farmiga
Distribuzione: Walt Disney







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