di Sara Michelucci

Figura smilza, sguardo arguto e sorriso malizioso. Blake Edwards, pseudonimo di William Blake McEdwards, raffinato consacratore della commedia hollywoodiana, si è spento a Santa Monica lo scorso 15 dicembre, all’età di 88 anni. Tutti lo ricordano come il padre della Pantera Rosa, fortunata serie di film che ha consacrato la bravura e l’eclettismo, oltre che di Edwards, anche del genio attoriale Peter Sellers. L’ottavo e ultimo film della serie, girato dieci anni dopo, vede il ritorno di Claudia Cardinale nei panni della madre del Gendarme Jacques Gambrelli, figlio dell'ispettore Clouseau, interpretato da Roberto Benigni. Ma non è certo stato questo il suo miglior film.

Tra le pellicole di maggiore successo, invece, ci sono Colazione da Tiffany, 10, Victor Victoria e l’indimenticabile Hollywood Party, film irriverente e pungente, che prende di mira il mondo dello spettacolo hollywoodiano, mettendo a nudo vizi e contraddizioni di un universo dorato solo all’apparenza. Una vera sagra della vanità, dove la bravura di Sellers e le qualità registiche di Edwards mettono in scena una delle pellicole più riuscite del loro sodalizio. L’improvvisazione, il costruire il film giorno per giorno, senza una sceneggiatura stringente, ma con poche pagine di canovaccio, fanno emergere la genialità di entrambi.

L’irriverenza tipica di Edwards o, meglio, il suo voler stuzzicare con gusto le Major hollywoodiane, deriva anche dagli attriti con i produttori e da quella che lui definisce l'invadenza degli studios, spesso causa degli insuccessi (al botteghino) di alcune pellicole come La grande corsa, con Jack Lemmon, e il già citato Hollywood Party. Da qui “l’esilio” in Gran Bretagna, periodo questo dove Edwards si dà a film sullo spionaggio, dirigendo alcune pellicole come Il seme del tamarindo (1974), con Julie Andrews (la sua seconda moglie e la famosa interprete di Mary Poppins) e Omar Sharif, e offrendo la sua firma anche a programmi televisivi.

Il ritorno ad Hollywood è sancito dalla realizzazione (finalmente possibile) di 10, sceneggiatura ritenuta fino ad allora troppo ‘spinta’, che lanciò la pin up Bo Derek e spinse al di là dei confini più stringenti la commedia sexy, dando così ampio respiro a nuovi generi. Le insofferenze dei suoi personaggi, il dècor dei suoi film, la musica del maestro Henry Mancini, contribuiscono a creare "l'Edwards touch", ovvero il tocco autoriale.

L’industria hollywoodiana, si sa, può essere molto dura e molto poco riconoscente con i suoi figli, soprattutto con i più insofferenti, come era Edwards. Forse è proprio per questo che è tardato così tanto ad arrivare un premio per l’istrionico registra.

Solo nel 2004, l'Academy of Motion Picture Arts and Sciences lo premia con un Oscar alla carriera. “Ognuno ha contribuito a questo momento, amici e nemici. Non avrei potuto arrivare qui senza dei nemici. Grazie a mio padre, grazie a mia madre e grazie a te, bellissima ragazza inglese con un'incredibile e sensuale voce da soprano”, disse Edwards, riferendosi alla moglie Julie Andrews, durante il discorso di ringraziamento.

La forza di personaggi come Edwards è di saper andare contro convenzioni e luoghi comuni e, anche, contro un botteghino che spesso non è lo specchio di film dalla robusta consistenza intellettuale o dalla spiccata originalità. E così raggiungono traguardi ben più importanti di una statuetta, colpendo al cuore la storia e restando impigliati nelle sue maglie, diventando insegnamento prezioso per chi resta ancora un po' in questo mondo. 

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