di Sara Michelucci

Remake del famoso western di Henry Hathaway, con il quale John Wayne ottenne l'unico premio Oscar della sua carriera, Il Grinta diretto dai fratelli Ethan e Joel Coen dà nuova linfa ad un genere che sembrava appartenere al passato o ai grandi nomi del cinema americano.

È una storia di vendetta quella che raccontano i Coen, tematica frequentemente visitata in molti film western. Dopo che il padre è stato ucciso da un pistolero di nome Tom Chaney (interpretato dal bravissimo Josh Brolin), la 14enne Mattie Ross intraprende un viaggio per cercare e uccidere l’assassino. Ma da sola non può farcela, così assolda il più duro degli Us Marshal, Reuben J. “Rooster” Cogburn (Jeff Bridges), con un solo occhio, un caratteraccio e piuttosto “dedito” alla bottiglia. Cogburn accetta con riluttanza che Mattie lo accompagni nella caccia a Chaney, ma alla fine dovrà arrendersi alla grinta e alla caparbietà della giovane ragazza.

Ma non sono soli e il loro viaggio vedrà la presenza del Texas Ranger di nome LaBoeuf (Matt Damon), il quale insegue una taglia su Chaney. Lo stile dei Coen risalta subito, mischiando l’ironia pungente con atmosfere e scenari tipici del genere, dove i grandi paesaggi riempiono gli occhi e il cuore.

E già con Non è un paese per vecchi il duo registico aveva dato un primo assaggio di questa atmosfera da Far West, annunciando la volontà di dare alla luce un film western nel Ventunesimo secolo. E si parte da un classico del grande schermo, per dare vita alle avventure di una serie di antieroi che mettono in evidenza prima le proprie debolezze e mancanze e poi le proprie capacità di raggiungere l’obiettivo, anche a suon di pistolate.

A volte la figura dell’eroe vendicativo è impiantata su quella dell’uomo comune che, dopo aver subito una grave ingiustizia, diventa un’anima dannata placata solo dalla morte del suo nemico. L’unica legge che conta nel West è quella personale visto che lo Stato è ancora un concetto astratto. L’ansia di giustizia porta alla configurazione di un eroe particolare, di antieroe o un post-eroe, come lo definisce lo studioso Gino Frezza, una figura archetipica dell’angelo dannato del quale resta lucida coscienza dell’irrimediabile tensione fra ordine e caos.

Nei film dei fratelli Coen si va anche oltre e sono le debolezze dell’uomo comune, ma più spesso dell’uomo fallito, ad essere messe al centro dell’attenzione. Da Il grande Lebowski, storia di un ex hippie, disoccupato e cronicamente pigro, che senza troppi problemi si barcamena tra una partita di bowling, una canna e dosi massicce di White Russian, a A Serious Man, dove un ordinario professore del Minnesota, che vive una vita familiare e professionale totalmente deludente, tenta di risolvere i suoi problemi chiedendo consiglio a tre rabbini; il cinema di questi due autori è denso di personaggi problematici, ma decisamente divertenti e con cui si trova subito affinità.

Anche ne Il Grinta, questi eroi contemporanei, nonostante raggiungano un obiettivo comune, sono alla fine destinati a restare da soli. Perché, in fondo, “il tempo ci sfugge”, e non possiamo farci molto, se non tentare di vivere a pieno le emozioni più forti.

Il Grinta (Usa 2010)
Regia: Ethan Coen, Joel Coen
Interpreti: Jeff Bridges, Hailee Steinfeld, Josh Brolin, Matt Damon, Barry Pepper, Paul Rae, Domhnall Gleeson, Elizabeth Marvel, Ed Corbin, Dakin Matthews, Joe Stevens, Mary Anzalone,
Tratto da: ‘Il Grinta’ di Charles Portis
Distribuzione: Universal Pictures International Italy
Produzione: Scott Rudin Productions, Paramount Pictures, Skydance Productions, Mike Zoss Productions

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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