di Sara Michelucci

Non è solito che un documentario si aggiudichi un premio significativo come il Leone d’Oro del Festival del cinema di Venezia. Eppure Sacro Gra, nuova opera di Gianfranco Rosi, ha conquistato la giuria capitanata da Bernardo Bertolucci, portandosi a casa l’ambito premio. Dopo l’India dei barcaioli, il deserto americano dei drop out, il Messico dei killer del narcotraffico, Rosi decide di narrare una parte dell’Italia: il Grande Raccordo Anulare di Roma.

Ed è in questo angolo del Paese che Rosi, girando per più di due anni con un mini-van, racconta la vita di tanti personaggi, scoprendo nuovi mondi, spesso sconosciuti, nascosti dal rumore delle auto e dal fumo degli scappamenti. Un fiume di traffico sempre in movimento che non accenna mai a fermarsi e dal cui sfondo affiorano personaggi invisibili.

E così compaiono un nobile piemontese e sua figlia laureanda, che vivono in un monolocale in un moderno condominio ai bordi del Raccordo; un botanico armato di sonde sonore e pozioni chimiche cerca il rimedio per liberare le palme della sua oasi dalle larve; un principe contemporaneo che fa sport con un sigaro in bocca sul tetto del suo castello assediato dalle palazzine della periferia a un’uscita del Raccordo; un barelliere in servizio sull’autoambulanza del 118 dà soccorso e conforto girando notte e giorno sull’anello autostradale; un pescatore d’anguille vive su di una zattera all’ombra di un cavalcavia sul fiume Tevere.

Il racconto che si dà di un pezzo di Roma è nudo e crudo, per nulla edulcorato come aveva fatto il decisamente bruttino To Rome with love. “Mentre cercavo le location del film - afferma Rosi - portavo con me ‘Le città invisibili’ di Calvino. Il tema del libro è il viaggio, inteso per me come relazione che unisce un luogo ai suoi abitanti, nei desideri e nella confusione che ci provoca una vita in città e che noi finiamo per fare nostra, subendola. Il libro percorre strade opposte, si lascia trascinare da una serie di stati mentali che si succedono, si accavallano. Ha una struttura complessa e il lettore la può rimontare a seconda dei suoi stati d’animo, delle circostanze della sua vita, come è successo a me. Questa guida mi è stata di stimolo nei tanti mesi di lavorazione del film, quando il vero Gra sembrava sfuggirmi, più invisibile che mai”.

Qui la parola è lasciata agli oltre 70 km di autostrada urbana che gira come un anello intorno alla città eterna. E così viene offerto allo spettatore un bagaglio di esperienze uniche e nuove che non si sarebbe aspettato di trovare. Rosi sceglie un nuovo luogo, quasi di confine, per raccontare scorci di umanità inedita. Ma questa volta non sono posti esotici o deserti, bensì una parte d’Italia che ben conosciamo e che, ora, probabilmente, guarderemo con occhi diversi.

Sacro Gra
(Italia 2013)

Regia, fotografia, suono: Gianfranco Rosi
Da un’idea originale di: Nicolò Bassetti
Montaggio: Jacopo Quadri
Prodotto da: Marco Visalberghi per Doclab
Distribuzione internazionale: Doc&Film International

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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