di Mariavittoria Orsolato

La divulgazione scientifico-culturale sta a Mediaset come il benessere sta all’Africa subsahariana: è praticamente un ossimoro. In trent’anni di disonorato broadcasting, le reti del biscione hanno sempre rifuggito le trasmissioni culturali, preferendole di gran lunga programmi dal basso profilo ma ad alto contenuto di gnocca. Da un paio di stagioni a questa parte però Italia 1 - la rete giovane, per i giovani, fatta da non-giovani - sembra voler colmare questo vuoto con Mistero, un format inaugurato l’anno scorso da Enrico Ruggeri e riproposto questa stagione da un trio che definire male assortito è dire poco: il modello semi-muto Raz Degan, l’ex vj di Mtv Daniele Bossari e la jena Marco Berry.

Il programma nasce per indagare su eventi, casi irrisolti e anomalie storiche, ma l’approccio alle problematiche si scioglie spesso e volentieri in una sensazionalistica riproposizione di teorie e suggestioni che con l’analisi empirica ha ben poco a che fare. Le tematiche trattate dal trio riguardano appunto misteri italiani ed internazionali proposti in chiave fantascientifica, pseudo-archeologica ed addirittura antropologica, ma la verve e l’effettivo potenziale divulgativo del format sono talmente ridicoli da far apparire il Roberto Giacobbo di Voyager ( programma gemello, ospitato dalla seconda rete e parodiato dal sempre ottimo Crozza) un professorone.

Una delle ragioni più valide per guardare Mistero ogni martedì è proprio quella delle espressioni imbarazzate che puntualmente si dipingono sui volti degli “esperti” chiamati in trasmissione per avvalorare le tesi dei servizi.

La struttura è elementare: i misteri trattati sono quelli già inflazionati della fine del mondo nel 2012, del mostro di Loch Ness, dei Templari e degli immancabili ufo, farciti dal commento dell’esperto di turno e infiocchettati con immagini di repertorio o improbabili ricostruzioni sceniche. Il ritmo e il tono della narrazione sono infatti quelli tipici del sensazionalismo spicciolo e l’asfissiante ripetizione di vocaboli quali “esoterico”, “satanico”, “inspiegabile”, “incredibile” ed altre iperboli, finisce per vanificare quel poco di contenuto storico-scientifico presente inevitabilmente in ognuna delle vicende proposte.

Se a ciò si aggiunge che il racconto è intramezzato dalla velina di turno semi-desnuda, intenta a declamare aforismi davanti al green-screen, si potrà avere la panoramica dell’idea di cultura che le reti Mediaset hanno. Una cultura che equiparata ai titoli di studio non dovrebbe oltrepassare - a detta del presidente del consiglio e di Mediaset - la seconda media.

Il target di Mistero è infatti quello dei teen-ager, che all’interno della trasmissione possono assistere ad un compendio di teorie e suggestioni che notoriamente spopola su Internet, ma che in tv ha il difetto di non avere quel contraddittorio connaturato alla fruizione della rete. Seguendo i passi (il) logici della narrazione, si ha infatti l’impressione di ricevere un’informazione completa sugli argomenti di volta in volta trattati: il risultato è che la sottile linea divisoria tra curioso interrogativo e colossale bufala si liquefa dinanzi al viso monoespressivo del conduttore Raz Degan, visibilmente impacciato nel pronunciare le “massime filosofiche” che alla fine di ogni servizio gli sceneggiatori gli impongono.

Gli ascolti paiono però premiare questo esperimento: nelle ultime puntate trasmesse il gradimento si è attestato sui tre milioni di spettatori ed è probabile che a questa seconda serie se ne aggiunga una terza all’interno del palinsesto invernale. Il vero mistero di Mistero è sicuramente lo share.


Tutti i martedì alle 21.00 su Italia 1, se proprio non avete niente da fare.

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