di Mariavittoria Orsolato

Annozero continua le sue trasmissioni facendo incetta di telespettatori e procurando spazi pubblicitari a sei zeri ma la bufera su quello che è ormai il talk show pirata per eccellenza non accenna a diminuire. Dopo la telefonata del direttore generale Masi - momento già cult che verrà ricordato negli annali delle figuracce televisive - il ministro per lo Svilupppo Economico, Paolo Romani, ha sollecitato l’intervento del Garante per le comunicazioni in merito a quello che in trasmissione risulterebbe un uso improprio degli atti processuali del caso Ruby, nonché alle solite “ affermazione lesive della dignità e del decoro delle cariche istituzionali”.

A sottoscrivere l’appello di Romani ci sono anche i commissari eletti dal centrodestra, Antonio Martusciello, Stefano Mannoni, Enzo Savarese e Roberto Napoli. C’è poi un altro episodio, trasmesso in esclusiva dal Tg La7 di Mentana, che mette sotto accusa il giornalista salernitano per il modo in cui ha deciso di tenere fuori il deputato Francesco Paolo Sisto, perché sostituto dell’ultim’ora di Fabrizio Cicchitto, e circa una cinquantina di giovani simpatizzanti del Pdl che il deputato si era portato appresso.

Il fatto si spiega in poche battute: la redazione aveva invitato il capogruppo Cicchitto, poi sostituito per volere del Pdl dal ministro Alfano, ma il Guardasigilli poche ore prima del via declina. A pochi minuti dalla diretta si presenta un deputato, Francesco Paolo Sisto, qualificandosi come designato dal partito per partecipare alla trasmissione: non avendone ricevuto comunicazione, il conduttore si è riservato la possibilità di farlo partecipare al programma. Ordinaria routine televisiva, ma non per Annozero.

Così l’Agcom ha cominciato le sedute per discutere dell’ennesimo caso di “giornalismo fazioso” ma all’ordine del giorno, oltre alle beghe ormai epiche tra Santoro e Masi, ci sono anche i videomessaggi e le telefonate di Berlusconi in trasmissioni televisive. In particolare, il senatore Pd Roberto Zaccaria ha inviato una segnalazione sul videomessaggio con cui il premier replicava alle accuse sul caso Ruby, trasmesso dai vari tg, mentre il deputato del gruppo misto Giuseppe Giulietti e il senatore Pd Vincenzo Vita hanno presentato un esposto sulla telefonata di Berlusconi a “L’Infedele” di Gad Lerner. Data la complessità e l’ampiezza delle questioni aperte, le risposte dell’autorità garante non arriveranno prima di un altro paio di sedute.

Assieme all’Agcom si è mosso ieri anche il Cda Rai. In questa sede è però un altro giornalista a tenere banco con le sue “presunte” irregolarità. E’ notizia di qualche giorno fa che il direttore del Tg1 Augusto Minzolini avrebbe addebitato ben 86.680 euro sulla carta di credito aziendale a sua disposizione. La segnalazione è arrivata dal Fatto Quotidiano e subito il consigliere d’opposizione Nino Rizzo Nervo ha sollecitato al dg Masi un’internal audit per far luce sugli spostamenti di Minzolini.

Per l’epigono Rai di Emilio Fede sono infatti accertati ben 129 giorni, su circa 270, fuori dalla redazione e su 56 trasferte tra Positano, Cortina e Santa Margherita Ligure; solo 11 volte sono indicati i motivi della sua presenza. Masi dichiara però il caso chiuso: il direttore generale Rai giustifica Minzolini sostenendo che la sua carta di credito è "una sorta di benefit compensativo", per altro concordato con Garimberti "come lui può sicuramente confermare".

Ma Garimberti non conferma, anzi smentisce seccato: "Non ero in alcun modo a conoscenza che la carta di credito concessa al direttore del Tg1 fosse un benefit compensativo", scrive il presidente lo stesso giorno a Rizzo Nervo e a Masi. Dal settimo piano di viale Mazzini, l’ex giornalista di Repubblica si aspetta risultati “cristallini” anche se, per come si prospettano gli antefatti, c’è il rischio che controllando i conti di Minzolini emerga il sommerso fiscale che - come tutti gli italiani - anche mamma Rai non disdegna.

Secondo le norme tributarie vigenti, infatti, il benefit va previsto nel contratto di assunzione, va tassato con l’aliquota ordinaria e vanno versati i relativi contributi previdenziali: siccome il benefit minzoliniano è sconosciuto al presidente Paolo Garimberti e al contratto stesso, Masi ha di fatto già denunciato se stesso e l’azienda per evasione fiscale.

Due pesi e due misure dunque per la coppia di giornalisti più chiacchierata di viale Mazzini. Il sentimento di desolazione che queste vicissitudini inevitabilmente ispirano sta tutto nella meritocrazia al rovescio che incide su entrambi i casi: se provi a far bene il tuo dovere sei segnalato alle autorità, mentre se contravvieni alle regole in nome della tua posizione c’è sempre qualcuno disposto a coprirti. In fondo la Rai è nata con funzioni educative.
 

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