di Mariavittoria Orsolato

Che quella della Rai sia un’estate caldissima non lo dice solo il termometro. A viale Mazzini gli scandali si sprecano e le perdite in termini economici abbondano: il cavallo rischia di stramazzare al suolo e la direzione Lei prova a correre ai ripari, probabilmente invano. Continuare sulla strada imposta dal berlusconismo e smascherata - o riproposta - dall’inchiesta di Repubblica sulla cosiddetta "struttura Delta", significherebbe la morte certa della tv di Stato.

Ma il Cda è ancora preda dello spoil system imposto dalle ultime politiche ed è scontro su tutto: dalle nomine ai palinsesti, dal calo di ascolti per la rete ammiraglia alle indagini interne verso i volonterosi carnefici dell’informazione, Minzolini in primis. Ad aggravare ulteriormente la situazione ci sono poi le difficoltà della raccolta pubblicitaria, con stime allarmanti per i ricavi 2011, che potrebbero scendere sotto i 1.000 milioni, invece dei 1.050 preventivati a inizio anno.

Ma andiamo per ordine. Che cos’è la struttura Delta di cui tanto si è parlato? In realtà nulla di nuovo. Solo l’ennesimo titolo giornalistico per descrivere l’intricata rete di rapporti tra la Rai e Mediaset costituita da manager vicini a Berlusconi che da anni agisce - nemmeno tanto nell’ombra - per pilotare i notiziari e i palinsesti in modo favorevole al premier.

Manager del biscione che suggerivano ai dirigenti Rai come preparare il Festival di Sanremo, lamentele per le scarse inquadrature di Berlusconi durante i funerali del Papa o palinsesti concordati per coprire notizie sgradite al premier e dare massimo risalto a quelle che lo mettevano in buona luce. Insomma, cose che dal celeberrimo editto bulgaro di dieci anni fa tutti si aspettavano accadessero. A viale Mazzini la vicenda è stata liquidata dalla dg Lei con un’indagine interna, richiesta dal vicedirettore generale, Gianfranco Comanducci, che probabilmente lascerà il tempo che trova.

Per mamma Rai, ora come ora, il problema è tutt’altro e riguarda i conti che, complice lo switch-off del digitale e l’allontanamento di galline dalle uova d’oro come l’Annozero di Santoro e Vieni via con me della premiata ditta Fazio-Saviano, non torneranno nemmeno con la finanza creativa alla Tremonti. Con gli introiti pubblicitari in caduta libera, la direzione generale sta pensando di attuare una “manovrina” per recuperare qualche milione perso per strada.

Allo studio, insieme al ministero dello Sviluppo economico, misure più rigorose per la riscossione dell’odiato canone Rai, sempre più evaso e ora al 27,4% medio, ma con picchi del 60% in alcune regioni, per un totale di 600 milioni di mancato introito. Viale Mazzini sposa quindi la teoria del Titanic proposta dal ministro dell’Economia e obliterata dalle Camere: batter cassa dai cittadini e nessun dietrofront sui metodi fallimentari che hanno portato alla crisi.

Non è un caso infatti se, esattamente come lo scorso anno e l’anno prima ancora, alla vigilia della stagione autunnale programmi come Report e Parla con me, campioni di ascolti e importanti fonti d’introito pubblicitario, sono ancora in forse. Per il programma di Serena Dandini, il ritardo nella conferma è dovuto ad un problema di ordine legale che dovrebbe essere risolto in tempo utile. Siccome la Rai è considerata un soggetto pubblico, quindi sottoposto ai controlli della Corte dei conti, non si può affidare senza gara un programma a una società di produzione esterna, in questo caso la Fandango, che vende alla Rai il prodotto della Dandini. Superato questo cavillo burocratico, dal Consiglio di Amministrazione dovrebbe arrivare il via libera per il talk show di seconda serata di RaiTre.

Più controverso il caso di Milena Gabanelli e del suo agguerrito gruppo di reporter. La manleva che la giornalista chiede a tutela del proprio lavoro, con l’accollo integrale del rischio di soccombenza in capo all’azienda in caso di dolo o colpa grave, è considerata molto rischiosa, anche in termini di possibile responsabilità in danno erariale, dai vertici legali dell’azienda. Peccato che in 14 anni di Report “abbiamo ricevuto - precisa la Gabanelli al Fatto Quotidiano - solo una condanna di 30.000 euro (e abbiamo fatto ricorso) per una presunta violazione della privacy, ma nessuna sentenza definitiva a nostro sfavore”. Insomma pare che per la squadra di Report il problema non sia tanto la copertura legale ma, a detta della stessa giornalista, i malumori di Tremonti - spesso “preso di mira” a causa del taglio spesso economico del programma - che già si è rivolto all’Agcom per contestare il “mancato pluralismo informativo” che la trasmissione avrebbe abbracciato nelle puntate dedicate alle manovre fiscali del governo.

Anche in questo caso, dunque, pesa la mano visibile della maggioranza politica. Una mano cara al Tg1 di Augusto Minzolini, last but not least tra le spine nel fianco della Rai. Nel periodo maggio-luglio la sua testata avrebbe perso oltre 3 punti di share nell'edizione delle 13 e il 4.88%, con circa 500mila spettatori in meno, nell'edizione delle 20. Inoltre il presidente Paolo Garimberti ha ribadito la “forte preoccupazione” per i contenuti e per gli ascolti del telegiornale dell’ammiraglia, inadeguati a suo giudizio alla tradizione della testata.

La storiaccia sull’abuso della carta di credito aziendale non è ancora stata del tutto archiviata - nonostante il Minzo abbia assicurato dalle colonne de Il Giornale di aver già restituito i 65.000 euro di maltolto e aver così risolto l’equivoco - ed ora il testone pelato del direttore del tg1 potrebbe saltare col cambio di stagione. In due anni di direzione, il suo telegiornale è arrivato al disastro in termini di ascolto e con gli spettatori sono fuggiti anche gli inserzionisti, lasciando un buco da 10 milioni di euro nelle già dissanguate casse di viale Mazzini.

Salutata come la panacea di tutti i mali, la direzione Lei si trova adesso ad affrontare una serie di questioni spinose, tutte legate a doppio filo a quelle che saranno le evoluzioni politiche del prossimo autunno. Ma non è detto che, anche una volta esaurito l’estenuante ultimo atto del berlusconismo, le cose a viale Mazzini tornino a girare nel verso giusto.

 

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