Kirk: dall’omicidio alla repressione

di Michele Paris

L’assassinio di settimana scorsa in un campus universitario dello Utah dell’attivista trumpiano di estrema destra, Charlie Kirk, sta diventando la giustificazione per una nuova stretta repressiva dei diritti democratici in America e di un’autentica caccia alle streghe tra gli oppositori dell’amministrazione repubblicana. Senza attendere dettagli più precisi sugli (eventuali) orientamenti...
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Droni russi e bugie polacche

di Mario Lombardo

Sullo sconfinamento dei droni russi in Polonia nelle prime ore di mercoledì non sono ancora emerse notizie chiare né prove certe, ma il governo di Varsavia e il resto della NATO non hanno come al solito esitato a lanciare una nuova ondata di attacchi e denunce contro Mosca per la presunta aggressione e il pericolo di escalation che essa comporterebbe. Questo atteggiamento di isteria a comando è in genere il primo segnale che si sta assistendo a un’operazione preparata a tavolino, ovvero a una “false flag”, con lo scopo sì di favorire un’escalation militare, ma da parte europea contro la Russia e con il coinvolgimento degli Stati Uniti. I fattori da considerare per fare luce sulla vicenda sono in ogni caso molteplici, ma una...
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di Tania Careddu

“Sono stanco, la sera non riesco nemmeno a dormire da quanto sono stanco. Non voglio più lavorare così tanto, voglio vivere tranquillo e avere qualcuno che mi dice di andare a scuola. Io voglio studiare. Ho lavorato per quattro settimane dalle sette del mattino all’una di notte. Dormivo tre ore, guadagnavo centocinquanta euro a settimana. Vorrei guadagnare almeno duecento euro da mandare a casa. Se potessi esprimere un desiderio, vorrei fare lo chef e girare il mondo”. M., tredici anni, egiziano. Uno dei trecentoquarantamila minori tra i sette i quindici anni coinvolti nel lavoro minorile in Italia.

Paese fra quelli europei, stando a quanto si legge nel Dossier 2014 di Save the children ‘Piccoli schiavi invisibili’, nel quale è stato segnalato il maggior numero di vittime accertate e presunte. Quelle presunte sono ventottomila, coinvolte in attività definite a “rischio di sfruttamento”: in attività a conduzione famigliare, nel settore della ristorazione, dell’artigianato, nella vendita (anche ambulante), nell’edilizia (manovali, imbianchini, carpentieri), lavoro di campagna e maneggio degli animali. Sono soprattutto maschi e oltre il quaranta per cento ha avuto esperienze lavorative al di sotto dei tredici anni.

Gli stranieri rappresentano il 7 per cento e provengono soprattutto dall’Eritrea, dove i connazionali adulti approfittano della situazione di vulnerabilità o mancanza di conoscenze e informazioni per estorcere denaro in cambio di servizi, come accoglienza notturna, passaggio verso il Nord Italia, accompagnamento ai servizi sociali; dall’Afghanistan, in condizioni di forte rischio di sfruttamento quando questo diventa l’unico modo per guadagnare soldi necessari a proseguire verso la loro meta finale, e dall’Est Europa, sfruttati in attività illegali.

Partono anche dall’Egitto, perché stimolati dai racconti di viaggi portatori di grandi successi economici che ostentano una ricchezza mai ottenuta in Italia o dai post su Facebook che alimentano false speranze. Oppure per l’instabilità politica del loro Paese, la mancanza di principi e ideali o del senso di appartenenza al proprio Stato.

Per intraprendere il viaggio contraggono un grosso debito che dovrà essere ripagato con i soldi che potenzialmente il minore dovrebbe inviare alla famiglia una volta giunto nel Belpaese ed essere stato inserito nel mondo del lavoro, a qualunque condizione.

Sfruttati: in piccole attività commerciali, prevalentemente a Roma, nei mercati generali o negli autolavaggi, dove lavorano per dodici ore consecutive a fronte di paghe irrisorie, pari a due o tre euro l’ora.

Un lavoro cosi pesante da causare dolore fisico che cercano di alleviare con l’assunzione di farmaci oppiacei antidolorifici. Nei negozi di fiori, invece, o vendendo ombrelli per strada e fazzoletti ai semafori, è la sede di lavoro dei minori del Bangladesh. I quali, soprattutto nella Capitale e a Napoli, sono impiegati in lavori continuativi, spesso senza retribuzione.

Quelli più a rischio sono coloro che non hanno conoscenza, che vivono in condizioni di isolamento e dormono per strada senza possibilità di accesso ai servizi di base, compresi quelli sanitari. A volte, tutti loro, entrano nel circuito della giustizia per il coinvolgimento in attività illecite che hanno cominciato parallelamente all’acutizzarsi di problemi a scuola, culminati in bocciature o abbandoni: furti in appartamenti o in negozi, furti di auto e spaccio di sostanze stupefacenti. Con questa dinamica: gli sfruttatori permettono di trattenere una parte del guadagno per dare loro una motivazione o una parvenza di autonomia. Per non sentirsi troppo sfruttati.

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