Il pugno di ferro del Piano Ruanda

di redazione

Dopo due anni di ostruzionismo da parte della Camera dei Lord, il governo conservatore britannico ha alla fine incassato l’approvazione definitiva della legge che consente di deportare immigrati e richiedenti asilo in Ruanda. La “Safety of Rwanda (Asylum and Immigration) Bill” ha chiuso il suo percorso al parlamento di Londra poco dopo la mezzanotte di lunedì. Il provvedimento, introdotto...
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USA, ritirata dal Sahel

di redazione

Le speranze di Washington di riuscire a mantenere la presenza militare in Niger sono tramontate definitivamente dopo l’arrivo a Niamey dei primi cento consiglieri militari della “Africa Corps” russa. Gli Stati Uniti lo scorso fine settimana hanno infatti reso noto di aver accettato di ritirare dal Niger il contingente di un migliaio di militari, UAV (droni) armati MQ9 Reaper, elicotteri e aerei da trasporto. Il vice segretario di Stato Kurt Campbell ha avuto un faccia a faccia a Washington con il premier nigerino Ali Mahamane Lamine Zeine, che ha ribadito la decisione sovrana del suo Paese di chiedere la partenza di tutte le forze straniere, comprese quelle americane. L’accordo prevederebbe l’invio nei prossimi giorni di una...
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di Tania Careddu

“Persone o gruppi di persone che, a causa di improvvisi o graduali cambiamenti dell’ambiente che influenzano negativamente le loro condizioni di vita, sono obbligati a lasciare le proprie case, o scelgono di farlo, temporaneamente o permanentemente, e che si muovono all’interno del proprio Paese o oltrepassando i confini nazionali”. Definizione dell’Organismo Internazionale per le Migrazioni, per indicare i cosiddetti profughi climatici. Sempre più numerosi.

Solo nel 2014, secondo quanto si legge nel Rapporto sulla protezione internazionale 2015, stilato da Migrantes, sono stati ventidue milioni e quattrocento mila. Tre volte i profughi di guerra. Di pari passo con l’aumento del numero dei disastri ambientali: da vent’anni a questa parte, è raddoppiato, passando da circa duecento a oltre quattrocento. Scappano, soprattutto, dall’Asia, in particolare dalle Filippine, dalla Cina, dall’India, dall’Indonesia, e dagli Stati Uniti.

La difficoltà di accogliere i rifugiati di guerra è arcinota ma si aggrava nel caso dei profughi ambientali. Giacché, a livello normativo, sia in ambito internazionale sia in quello nazionale, non esiste una definizione univoca. L’OIM ne individua tre: coloro che migrano temporaneamente a causa di un disastro ambientale come tsunami, terremoto, uragano; quelli costretti a partire a causa del deterioramento delle condizioni ambientali, quali deforestazione o salinizzazione delle acque dolci; chi sceglie di migrare in risposta a problemi che si vanno intensificando, ovvero in conseguenza, per esempio, della diminuzione della produttività agricola causata dalla desertificazione.

Il Parlamento europeo, invece, ne riconosce due, per tenere distinte le forme legate ad eventi improvvisi e quelle permanenti, dovute a catastrofi di lunga durata, ritenendo necessari interventi di protezione diversi. Per cui, il diritto di rifugiati climatici a una protezione internazionale rischia di non essere (sempre e chiaramente) riconosciuto: appare complicato determinare il nesso di causalità esistente tra il cambiamento climatico e le migrazioni.

Perché? Per l’ottusità di pensare che la mobilità geografica rappresenti solo una delle possibili strategie di adattamento. O perché, secondo quanto si ritrova nel Manuale sulle procedure e i criteri per la determinazione dello status di rifugiati, redatto dall’UNHCR nel 1992, il nesso tra fuga e persecuzione è giustificato solo dall’incapacità dello Stato di intervenire a tutelare o garantire un ambiente dignitoso nel quale poter vivere.

Eppure, sebbene molte evidenze empiriche porterebbero a favorire il riconoscimento della categoria dei rifugiati per ragioni ambientali, la messa a punto di una struttura normativa di riferimento stenta a decollare. Se ne trova traccia (embrionale) nell’ordinamento degli Usa, di Svezia e di Finlandia.

Nel nostro, all’articolo 20 del Testo unico sull’immigrazione, è presente una disposizione. Titolo: Misure straordinarie di accoglienza per eventi eccezionali. Da applicarsi in occasione di “conflitti, disastri naturali o altri eventi di particolare gravità in Paesi non appartenenti all’Unione europea”. Nonostante il riferimento sia esplicito, la protezione di questa tipologia di rifugiati è discutibile sul piano della solidità e della ripetitività delle procedure.

Ci piace pensare che il vuoto legislativo sia da attribuirsi alla relativa novità del problema e alla sua sostanzialità. Troppo ampia e articolata per essere ristretta dentro un quadro giuridico esistente.

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