Ucraina, il gioco degli ultimatum

di Mario Lombardo

L’ennesima giravolta di Trump sulla guerra in Ucraina ha lasciato commentatori e governi di tutto il mondo nuovamente a chiedersi quale possa essere la “strategia” della Casa Bianca per arrivare a una soluzione negoziata di una crisi che dura ormai da più di 40 mesi. Riproponendo la sua abituale vocazione agli ultimatum, il presidente americano ha ridotto lunedì da 50 a “10 o 12...
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Kiev, le recite di piazza

di Fabrizio Casari

Migliaia di persone sono scese in piazza a Kiev per protestare contro la legge fatta approvare da Zelensky che pone sotto il controllo del governo le agenzie che si occupano del contrasto alla corruzione. Che in Ucraina è questione enorme quanto atavica: rimonta sin dall’inizio degli anni ’90 e ha visto tutti i pupilli dell’Occidente - dalla Timoshenko a Poroshenko finendo con Zelensky - trasformare le loro amministrazioni in una greppia. Le diverse Ong statunitensi ed europee denunciavano, sin dalla fine degli anni ’90 e, con maggior forza, dal 2014, come la corruzione avesse raggiunto livelli tali da non potersi più determinare con certezza giuridica il funzionamento del sistema-paese. L’ONU e la UE ponevano l’Ucraina ai...
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di Tania Careddu

Popolo di risparmiatori. E con la crisi, sempre di più. Tanto che, fino all’anno scorso, il 46 per cento degli italiani non viveva tranquillamente se non riusciva a mettere da parte un gruzzoletto. Nel 2015, invece, il risparmio cessa di diventare un elemento ansiogeno. Diventa, piuttosto, una fisiologica attività del cittadino italiano. Cresce, di quattro punti percentuali, passando dal 33 al 37 per cento, la quota di coloro che, negli ultimi dodici mesi, sono riusciti a risparmiare.

Il dato più alto dal 2010 a oggi e, per la prima volta dopo quatto anni, indica che quelli che risparmiano solo su ciò che non comporta troppe rinunce, superano tutti gli altri risparmiatori. E si ridimensionano, ai livelli del 2005, le famiglie in saldo negativo di risparmio. Attitudine più frequente nel Nord Ovest e fra i giovani.

Ma resta, comunque, una consistente fetta di famiglie che è al limite delle proprie forze economiche: gli anni di crisi hanno ridotto le loro riserve di denaro cosicché una famiglia su quattro non riuscirebbe a fronteggiare una spesa imprevista di mille euro e solo una su tre potrebbe sostenere un’incombenza maggiore di diecimila euro. Chi ha risorse disponibili ne investe una parte minoritaria e mantiene una spiccata preferenza per la liquidità, con un aumento della quota di quelli che hanno sottoscritto assicurazioni sulla vita o fondi pensione, dei possessori di libretti di risparmio e degli amanti dei prodotti più a rischio.

I dati, elaborati da Acri-Ipsos nella quindicesima edizione della sua ricerca Gli italiani e il risparmio, farebbero pensare a una certa normalizzazione dello scenario economico che induce sempre più gli italiani a concentrarsi sul presente e ad avere un atteggiamento di apertura verso i consumi. Anche se in modo più cauto rispetto ai tempi pre-crisi, si nota un cambiamento di rotta verso la riduzione della negatività. Elettronica, telefonia, prodotti alimentari e spese per l’auto, i settori più gettonati. Poco fruito, il ‘fuori casa’: saldo negativo, seppure in rialzo, per viaggi e vacanze, per ristoranti e pizzerie, per cinema, teatri e concerti. Per non parlare di libri, giornali e riviste.

Ma le famiglie del Belpaese sono fiduciose: il numero di quelle che immaginano un miglioramento del proprio tenore di vita supera quello degli sfiduciati.

Addirittura, un italiano su venti dichiara di averlo proprio sperimentato, aprendo la strada a un’importante inversione di tendenza: si riduce, infatti, la somma di coloro che denunciano un peggioramento. Sebbene l’80 per cento degli italiani ritiene che la crisi sia ancora parte integrante della loro vita, lo sarà pure per i prossimi cinque anni, e la percepiscono tuttora grave, essendo attualmente colpito un nucleo famigliare su quattro, migliorano le prospettive personali, quelle nazionali e finanche quelle europee.

Soprattutto se l’Europa, assolta dalla responsabilità della crisi finanziaria italiana, sarà in grado di ridurre le disuguaglianze economiche, fiscali e legali tra gli Stati e, tra i cittadini, sulla distribuzione del reddito e sulla parità di genere. Che investa in ricerca e sviluppo, che agevoli le piccole imprese, che accresca tutti i territori, non annullandone le specificità. Insomma, la speranza comincia a registrare un saldo positivo.

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