Con Il quadro rubato, Pascal Bonitzer firma probabilmente il suo film più riuscito: un’opera elegante, complessa e ricca di sfumature. La sceneggiatura, finemente cesellata come un ricamo, si costruisce come un puzzle narrativo a più strati, affrontando temi molto diversi tra loro con sorprendente armonia.

Il mondo dell’arte, con le sue gallerie, le case d’asta e la competizione spietata tra mercanti per accaparrarsi le opere più ambite, è lo sfondo apparente della storia. Ma sotto questa superficie si sviluppano altri filoni tematici profondi: c’è il contrasto tra classi sociali, incarnato dal giovane operaio di provincia — interpretato con autenticità da Mathieu Lucci — che lavora di notte e conduce una vita modesta, diventando, paradossalmente, il custode di un’opera d’arte inestimabile.

Centrale è anche la riflessione sulla paternità e sull’identità: una giovane donna disorientata, abile nella menzogna, respinge sé stessa e costruisce intorno a sé un personaggio fittizio, nel tentativo di fuggire da una realtà che non accetta.

Il protagonista — un ambizioso e instancabile professionista del mondo dell’arte — è a sua volta un personaggio in cerca di una bussola morale, desideroso di dare un senso etico al proprio mestiere, senza rinunciare alle opportunità che questo ambiente offre.

Come spesso accade nei film di Bonitzer, la direzione degli attori è uno dei punti di forza. Alex Lutz, in un ruolo che sembra cucito su misura per lui, offre un’interpretazione di rara intensità e profondità: carismatico, vulnerabile, tagliente nei dialoghi e nei silenzi, conferma qui tutto il suo talento. Forse il suo ruolo più compiuto fino ad oggi. Léa Drucker è straordinaria, capace di sottolineare ogni sfumatura emotiva con grande delicatezza. Nora Hamzawi sorprende con un’interpretazione misurata e intensa, in particolare in una scena deliziosamente intima dove, avvolta in un abito nero, si prepara nervosamente a un incontro d’amore in un corridoio d’hotel. Louise Chevillote, enigmatica e silenziosa, tiene testa a Lutz in un confronto ricco di tensione sottile, lasciando il desiderio di rivederla in ruoli futuri.

Nonostante i toni profondi, il film non rinuncia all’ironia. È anche una commedia intelligente, dove si sorride spesso, soprattutto grazie ai dialoghi brillanti e a monologhi memorabili. In particolare, alcune riflessioni del protagonista — veri piccoli saggi sulla vita e sul senso della propria esistenza — colpiscono per la loro sincerità e universalità. In una breve ma incisiva apparizione, Alain Chamfort regala un monologo toccante sul tema della morte e della speranza, con un tono che richiama la scrittura di Céline.

Il quadro rubato è anche un giallo ben costruito, con una trama investigativa che si snoda con intelligenza senza mai rubare spazio alla dimensione umana della storia. Il film riesce a tenere insieme leggerezza e profondità, riflessione e intrattenimento, con un equilibrio raro. In definitiva, siamo di fronte a un’opera matura, complessa e appagante, un vero gioiello del cinema francese contemporaneo. Da vedere e rivedere.

 

Il quadro rubato (Francia 2024)

Regia: Pascal Bonitzer
Cast: Alex Lutz, Léa Drucker, Nora Hamzawi, Louise Chevillotte, Arcadi Radeff, Matthieu Lucci, Ilies Kadri, Vincent Nemeth, Alexandre Steiger, Doug Rand, Peter Bonke
Sceneggiatura: Pascal Bonitzer
Fotografia: Pierre Milon
Produzione: SBS Productions
Distribuzione: Satine Film

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