Nel patteggiamento che qualche giorno fa ha chiuso la causa legale in cui era coinvolta la Boeing per i due incidenti aerei mortali del 2018 e 2019, il fattore “giustizia” ha avuto poco o nessun peso nella decisione presa dal governo americano e approvata da un giudice del Texas. Il colosso dell’aeronautica ha accettato di pagare una sanzione decisamente trascurabile in proporzione al valore della società e dei reati in questione, riuscendo a evitare l’incriminazione e una quasi certa condanna. L’esito della vicenda, fortemente criticato dai famigliari delle vittime, è il risultato di una manovra pilotata dal dipartimento di Giustizia per salvaguardare il ruolo di Boeing nei progetti di rinnovamento del settore della difesa USA e nella promozione all’estero, da parte dell’amministrazione Trump, dell’industria bellica americana.

Gli incidenti in questione accaddero a cinque mesi di distanza e causarono complessivamente la morte di 346 tra passeggeri e membri degli equipaggi. A provocarli fu un difetto di fabbricazione del modello 737 MAX ben noto ai costruttori. Nel primo caso a schiantarsi in mare pochi minuti dopo il decollo era stato un volo della low cost indonesiana Lion Air; il secondo, invece, della Ethiopian Airlines. Alla base delle stragi non c’erano omissioni o errori tecnici ma, appunto, una vera e propria macchinazione ai vertici di Boeing per tenere nascosto, sia alle autorità americane sia ai piloti delle compagnie che avevano acquistato i velivoli, un malfunzionamento di un sistema installato su questi ultimi.

Si trattava cioè del nuovo software denominato “Maneuvering Characteristics Augmentation System” (MCAS) che tendeva a interpretare erroneamente i segnali ricevuti da un sensore incaricato di rilevare una situazione di stallo del 737 MAX. Una volta intervenuto, questo sistema spingeva il muso dell’aereo verso il basso senza input dei piloti, i quali, ignari dell’esistenza del software, non potevano fare nulla per ristabilire il controllo. L’esito fu lo schianto dei due volti ricordati.

Le notizie emerse in seguito agli incidenti avrebbero dimostrato come i dirigenti di Boeing si fossero adoperati per sviare i controlli della FAA per ottenere l’approvazione di un progetto costosissimo, occultando in maniera deliberata i rischi del sistema difettoso. Incredibilmente, dopo il primo schianto nell’ottobre del 2018, la FAA permise agli ultra-problematici 737 MAX di continuare a volare, nonostante un’analisi interna della stessa agenzia federale americana avesse determinato la possibilità di almeno un incidente potenzialmente con molte vittime ogni due o tre anni. Autorità aeree di altri paesi, come ad esempio quelle cinesi, avevano al contrario subito disposto lo stop. Solo dopo il secondo disastro la nuova serie degli aerei Boeing fu costretta a rimanere a terra, fino all’intervento della compagnia per risolvere il problema del software MCAS.

In base all’accordo dei giorni scorsi, Boeing pagherà una multa da 1,1 miliardi di dollari, di cui 445 milioni da destinare alle famiglie delle vittime dei due incidenti. Soprattutto, come già anticipato, la corporation eviterà un procedimento penale per frode. Il patteggiamento cancella così quello precedentemente concordato nel luglio del 2024, secondo il quale Boeing aveva invece accettato di dichiararsi colpevole del reato contestato. Questa singolare dinamica giudiziaria è stata gestita dal giudice distrettuale Reed O’Connor, noto per le sue inclinazioni destrorse, nominato da George W. Bush ed ex consigliere del senatore repubblicano John Cornyn.

Nel 2021, Boeing aveva già sottoscritto un accordo per evitare il processo ed esso prevedeva un esborso di 2,5 miliardi di dollari. A inizio dello scorso anno, il dipartimento di Giustizia lo aveva però dichiarato sostanzialmente nullo perché riteneva Boeing in violazione dei termini stabiliti, in quanto non aveva rispettato gli impegni presi per migliorare la sicurezza né aveva adottato le misure necessarie a prevenire l’inosservanza al proprio interno delle leggi federali anti-frode.

L’estate scorsa, poi, era arrivato il nuovo patteggiamento, ma con l’ammissione di colpa. A dicembre, però, l’intervento decisivo del giudice O’Connor. Quest’ultimo aveva bocciato l’accordo con la giustificazione, evidentemente artificiosa, che le politiche governative su “diversità, equità, inclusione” (DEI) avrebbero compromesso il processo di selezione di un supervisore indipendente con l’incarico di verificare l’implementazione dell’accordo stesso. La decisione, come appare ora chiaro, serviva precisamente a creare i tempi e le condizioni per il colpo di spugna ufficializzato con il patteggiamento di venerdì scorso.

La cifra che dovrà pagare Boeing, come in moltissimi altri casi di corporations e giganti finanziari implicati in crimini e vicende legali, rappresenta di fatto un tributo minimo da versare per assicurarsi l’impunità e la possibilità di continuare a fare affari indisturbatamente. Nel caso specifico, l’intervento delle istituzioni americane è stato decisivo per favorire l’esito desiderato. Boeing non è soltanto una compagnia strategica per il settore aeronautico civile, con circa 160 mila dipendenti in tutto il mondo e sotto il controllo dei principali fondi di investimento americani. La società fondata nello stato di Washington è anche un elemento cruciale dell’apparato militare-industriale degli Stati Uniti, essendo detentrice di appalti multi-miliardari.

Una dimostrazione inequivocabile di ciò è stata la recente visita del presidente Trump in Medio Oriente, a seguito del quale c’erano, tra gli altri, esponenti di vertice della Boeing, incluso l’amministratore delegato, Kelly Ortberg. Durante la trasferta, la società americana si è assicurata una commessa da ben 96 miliardi di dollari dalla compagnia Qatar Airways, che, secondo la versione della Casa Bianca, potrebbe arrivare addirittura a 200 miliardi se si considerano le “opzioni aggiuntive”. Boeing, inoltre, ha già in tasca un contratto da oltre 20 miliardi per lo sviluppo dei caccia di sesta generazione F-47.

È facile quindi comprendere come Boeing e il governo di Washington non possano permettere che “dettagli” come la giustizia e la morte di 346 persone, a causa di negligenza e dei calcoli per la massimizzazione dei profitti, mettano a rischio un rapporto così proficuo per entrambe le parti.

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