di Carlo Benedetti

Le elezioni presidenziali in Serbia si terranno domenica 20 gennaio nel pieno della crisi che sconvolge la regione kosovara. Di qui l’attenzione del mondo politico-diplomatico nei confronti di un’entità territoriale che, sino ad oggi, è parte integrante della nazione serba. Intanto Belgrado (mentre si susseguono laboriosi negoziati) affila le sue armi in vista del risultato che uscirà dalle urne. In campo sono tre i candidati degni di particolare attenzione. C’è il “moderato” Boris Tadic - attuale Presidente e leader del Partito Democratico - che può essere considerato come un esponente di un patriottismo pragmatico tutto di stampo serbo. E’ lui, infatti, che pur affermando che non riconoscerà mai l’indipendenza del Kosovo, dichiara nello stesso tempo che sceglierebbe una Serbia senza il Kosovo, ma parte della Ue, piuttosto che una Serbia senza il Kosovo, ma isolata. Tadic, nel Paese, gode di un notevole prestigio anche per il fatto che si dichiara sempre disposto ad inaugurare una nuova fase di pacificazione. Tadic è nato a Sarajevo nel 1958 e di professione è psicologo. Viene da una famiglia di un noto filosofo che porta impresso il marchio di una tragedia: i nonni furono uccisi durante la seconda guerra mondiale dagli uomini del fascista croato Ante Paveleic, gli ustascia.

di Fabio Bartolini

Il presidente americano G.W.Bush è tornato all’attacco contro l’Iran. Nella sua visita alle forze della quinta flotta americana impegnata nel pattugliamento del golfo Persico, il presidente ha alzato i toni della sfida contro l’Iran definendolo “la minaccia che rischia di mettere a repentaglio la pace e i processi di stabilizzazione nel Medio-Oriente e un pericolo mondiale”. Bush ha quindi pronunciato altre parole di fuoco nei confronti di Teheran, affermando il suo coinvolgimento nel finanziamento della guerra e dei gruppi terroristici che operano in Medio-Oriente. Secondo Bush milioni di dollari sarebbero spesi dal governo iraniano per finanziare la guerriglia con l’intento di destabilizzare l’area e di rendere difficili i processi di pace e tutti i più grandi gruppi armati che si contrappongono agli Stati Uniti sarebbero finanziati dall’Iran come gli Hezbollah in Libano, Hamas in Palestina, i guerriglieri sciiti nell’Iraq e i Talibani in Afghanistan.

di Michele Paris

In coincidenza con le lacrime versate della senatrice di New York, Hillary Rodham Clinton, durante l’ormai famoso comizio della scorsa settimana alla vigilia delle primarie del New Hampshire che, a detta degli osservatori americani, hanno ribaltato l’esito della consultazione tra i Democratici nello Stato del New England, è giunta per la stessa candidata alla presidenza e il suo entourage la sgradita notizia della condanna inflitta da una Corte della California ad uno dei più attivi finanziatori del partito negli ultimi anni. Tale Norman Hsu, 56enne nativo di Hong Kong con un passato da dirigente in un industria di abbigliamento, dovrà infatti scontare una pena di 3 anni in un carcere della Contea di San Mateo, nei pressi di San Francisco, dopo aver truffato varie decine di ignari investitori d’oltreoceano con un complesso sistema noto come “Schema di Ponzi”, dal nome di un truffatore italo-americano vissuto a cavallo tra il XIX e il XX secolo.

di Bianca Cerri

In queste ore, gli agenti dell’FBI stanno rastrellando palmo a palmo la Carolina del Nord nella speranza di catturare un marine fuggito a bordo di una Cab Dodge il cui numero di targa è stato mandato in sovrimpressione su tutti i canali televisivi degli Stati Uniti. L’agenzia federale ha promesso 25.000 dollari di ricompensa a chiunque fornirà elementi utili alla sua cattura. Per il dipartimento della Difesa l’uomo, che si chiama Cesar Laurean, è per il momento solo un disertore, per la giustizia penale è invece l’assassino di Maria Frances Lauterbach, anche lei arruolata nei marines. Originaria dell’Ohio, la donna era stata assegnata alla base di Camp Jeune nel giugno del 2006 e lì aveva conosciuto Laurean, almeno secondo quanto sostengono i colleghi della donna, l’avrebbe violentata. Un mese dopo l’aggressione, Lauterbach aveva scoperto di essere incinta ma nei confronti dell’ufficiale non risulta siano mai stati presi provvedimenti disciplinari, mentre alla donna veniva imposto l’obbligo di obbedire ai suoi ordini.

di Eugenio Roscini Vitali

Il primo gennaio 2008 il “deposto” premier palestinese Ismail Haniyeh ha chiesto all’ex presidente americano Jimmy Carter di intervenire come mediatore nello stallo politico palestinese. Un’apertura che conferma lo stato di profonda crisi che sta affliggendo la Striscia di Gaza e la condizione di difficoltà in cui si trova la stessa organizzazione islamica, asfissiata dall’azione politica dell’Autorità palestinese e da quella militare dello Stato di Israele. Nell’intenzione di Haniyeh non c’è solo la volontà di aprire un tavolo di negoziati con Fatah, ma anche l’urgenza di strappare un milione e mezzo di civili dalla desolante prigionia in cui trovano. Come condizione per l’avvio della trattativa Haniyeh ha però chiesto “l’onore delle armi”: il presidente Mahmoud Abbas deve riconoscere il governo eletto il 25 gennaio 2006. L’appello lanciato a Jimmy Carter, autore del libro sul conflitto israelo-palestinese “Peace, not Apartheid”, manifesta la ferma volontà di non lasciare i territori nelle mani del terrorismo internazionale tentando di inserire Hamas nel dialogo di pace Abbas-Olmert.


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