di Michele Paris

Devono aver tirato un sospiro di sollievo gli esponenti dell’ala più conservatrice del Partito Repubblicano qualche giorno fa, quando il loro mai troppo gradito candidato John McCain ha annunciato a sorpresa la scelta della 44enne governatrice dell’Alaska Sarah Palin come candidata alla vice-presidenza. Le indiscrezioni filtrate nelle ultime settimane, che sembravano suggerire la possibilità da parte del Senatore dell’Arizona di completare il ticket repubblicano con un candidato favorevole all’aborto, avevano infatti messo in allarme la base del partito che già minacciava una spaccatura alla convention di St.Paul. Se tuttavia la scelta di Sarah Palin avrà l’effetto di mitigare i rapporti di McCain con la destra del suo partito, è molto improbabile che una donna con poca o nessuna esperienza politica a livello nazionale, cristiana conservatrice e irriducibilmente anti-abortista, contraria al riconoscimento dei diritti degli omosessuali e membro dell’NRA, potrà fare breccia in quella fetta di elettorato femminile che durante le primarie democratiche ha sostenuto Hillary Clinton e che non ha ancora assorbito la sconfitta della propria candidata a beneficio di Barack Obama.

di Marco Montemurro

Isole artificiali, alberghi sottomarini, grattacieli e nuove piramidi, così si trasformano i paesi del Golfo Persico, tutti in cammino per rincorre il sogno che si intravede a Dubai. L’emirato guidato dallo sceicco Mohammed bin Rashid Al Maktoum ormai da anni stupisce il mondo per le opere realizzate e per le dimensioni dei lavori in corso. Sono famosi edifici come l’albergo dal lusso a sette stelle Burj Al Arab, il grattacielo più alto del mondo Burj Dubai, la neve e le piste da sci nel deserto e gli arcipelaghi di isole artificiali a forma di palma e dei cinque continenti. Sorprendono molto questi progetti, ma sono solo l’inizio di un disegno più ampio. I grandi capitali della finanza araba, avendo un l’ingente liquidità a loro disposizione, investono fortemente in costruzioni con l’obiettivo di trasformare interi stati in mete turistiche e centri per affari. Il governo degli Emirati Arabi Uniti nel 2002 ha avviato la concessione di visti per risiedere nel paese agli stranieri che acquistano case e da allora il mercato immobiliare ha cominciato a lievitare.

di Carlo Benedetti

MOSCA. Tutti coinvolti, tutti interessati nell’indicare soluzioni e compromessi; si muovono le diplomazie e non si contano più le interviste, le dichiarazioni e le conversazioni. E sul filo rosso del telefono che unisce le varie cancellerie si parla per ore intere. Tutti al capezzale del duce georgiano Saakasvili, impegnati o nelle preghiere di rito o in attesa del miracolo. Anche la Russia - che ha dato fuoco alle risposte militari - abbandona ora quella politica del “Niet” che fu del Gromyko sovietico. La parola passa alle diplomazie che hanno il compito di salvare il salvabile o, perlomeno, di contenere i danni causati dall’avventura georgiana contro l’Ossezia del Sud e contro l’Abkhazia. E così ci si rende sempre più conto che quelle ore 00,00 dell’8 agosto scorso (con le batterie georgiane che si scatenano all’improvviso sulle abitazioni di Tsinkvali nell’Ossezia del Sud) viste da qui potrebbero in qualche modo essere paragonabili, per gli effetti seguiti nel campo della geopolitica, a quelle terribili azioni delle ore 08,46 dell’11 settembre 2001, quando la furia terrorista colpì le torri del World Trade Center di New York. Si disse allora che il mondo cambiava. Ed ora si deve dire che anche questa volta c’è un mondo che cambia. In peggio, ovviamente.

di Carlo Benedetti

MOSCA. Nella palazzina liberty situata nel vicolo moscovita Maly Rgevskij, dove ha sede l’ambasciata della Georgia è rimasta solo una targa d’ottone che ricorda l’esistenza della repubblica caucasica. All’interno dell’edificio non c’è più nessun diplomatico. E’ restato solo il vecchio centralinista che ora fa anche da portiere. Ma porte e finestre sono già sbarrate perchè la dirigenza di Tbilissi ha rotto le relazioni diplomatiche con Mosca “colpevole” di aver riconosciuto l’indipendenza dell’Ossezia del Sud e dell’Abkhazia. Ed ora, dopo la guerra calda delle settimane scorse, è guerra fredda tra Tbilisi e Mosca, con l’avvio di questa nuova fase che ha trovato anche un palcoscenico ufficiale di rilievo mondiale. Perchè alla riunione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu il rappresentante russo, Vitaly Ciurkin, ha gettato il guanto di sfida al suo collega americano, l'ambasciatore aggiunto Alejandro Wolff. Tra i due sono volate parole dure e poco diplomatiche che hanno evidenziato una situazione di estrema tensione che da tempo non si registrava attorno al tavolo rotondo del Consiglio.

di Valentina Laviola

Da alcuni giorni ormai migliaia di persone assediano la sede del governo per dimostrare il loro dissenso. Sono i sostenitori del PAD-People’s Alliance for Democracy, un partito allineato su posizioni conservatrici, che si appoggia alla monarchia e all’esercito. Chiedono con fermezza le dimissioni del primo ministro Samak Sundarevej e del suo gabinetto e non intendono andarsene finché non le avranno ottenute. Accusano il premier (espresso dal Partito del Potere del Popolo) di non essere altro che un fantoccio e di proseguire quella politica corrotta che aveva caratterizzato il suo predecessore Thaksin Shinawatra. Costui si trova attualmente in esilio, a seguito del golpe militare che lo ha destituito nel 2006 e ha messo al bando il suo partito, ma il sospetto è che continui ad agire da dietro le quinte. Alcuni movimenti di protesta si erano registrati già da maggio a Bangkok, ma nulla di comparabile a quanto sta accadendo ora: circa 10.000 persone sono letteralmente accampate nell’area che circonda la sede del governo, organizzate a resistere per giorni e determinate a contrastare eventuali interventi delle forze dell’ordine.


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