di Cinzia Frassi

Dopo la caduta del governo Prodi, con la sua dinamica, con la mortadella e lo spumante goliardico quanto volgare, ecco arrivare anche il nulla di fatto del Presidente del Senato Franco Marini. Dopo giorni di consultazioni, il malcapitato getta la spugna. Pochi giorni fa, l’abbiamo ascoltato confidare nel famoso spiraglio per riuscire a richiamare tutti al senso di una non ben precisata responsabilità davanti al Paese ed ai cittadini. Giudicava determinante il contributo delle forze sociali, che in coro hanno fatto sapere di ritenere importante un governo che traghettasse il paese per il tempo necessario a riscrivere la legge elettorale. Insomma, la medesima canzone intonata negli ultimi mesi. L’esplorazione targata Marini é fallita, rimandando il referendum elettorale da alcuni tanto voluto, soprattutto dopo il segnale verde della Consulta, al prossimo futuro. Ciò comporta che il prossimo governo dovrà comunque farci i conti. Non solo: fino a pochi giorni prima della caduta del governo Prodi, che potremmo definire incidentale quanto prevedibile, sembrava unanime l’impegno dei leader di partito proprio rispetto alla riforma della legge elettorale. Dichiarazioni all’insegna della collaborazione, discussioni sulle varie formule che ci hanno tenuto impegnati e che parlavano a turno di maggioritario alla francese o alla tedesca in insalata italiana, con proporzionale, con sbarramento e quant’altro.

di Sara Nicoli

La posta è alta perché in gioco ci sono milioni di voti di un elettorato spaesato, spaventato, culturalmente fragile, maschio e desolatamente nostalgico. Per chi ancora non se ne fosse accorto, è in atto da mesi una mostruosa campagna misogina portata avanti dal Papa e delle alte gerarchie cattoliche e supportata dalla maggior parte dei partiti politici di destra che mira a riportare le donne italiane in condizione di inferiorità giuridica. Come ai “bei tempi” - invocati da preti e da alcuni mezzi uomini direttori di fogli semiclandestini di oggi – in cui esisteva ancora il delitto d’onore e il diritto di famiglia era ancora tutto da discutere. L’ultima, vergognosa aggressione all’autodeterminazione femminile e alla laicità delle leggi dello Stato, è arrivata sabato dai direttori sanitari delle cliniche di Ostetricia e Ginecologia di tutte e quattro le facoltà di Medicina delle università romane, La Sapienza, Tor Vergata, la Cattolica e il Campus Biomedico. Che, forse, in questo modo, hanno voluto pagare pegno alla presunta offesa portata a Ratzinger per la sua mancata visita alla Sapienza.

di Michele Paris

Dopo il polemico editoriale di qualche giorno fa pubblicato dal prestigioso quotidiano britannico The Economist, oggi è toccato al New York Times sparare nuovamente a zero su un possibile, e ormai molto probabile, ritorno di Silvio Berlusconi alla guida del governo italiano. “La lunga ombra di Berlusconi getta apprensione sulla politica italiana”; così si può tradurre il titolo del servizio proposto dall’autorevole testata newyorchese, il cui lunghissimo reportage di qualche settimana fa sul nostro paese aveva già suscitato enormi polemiche, a firma Ian Fisher ed Elisabetta Povoledo. Prendendo il via dalle impressioni raccolte di una proprietaria di una boutique nel centro di Roma, il pezzo tocca immediatamente uno dei punti centrali del successo politico berlusconiano, costruito sull’odio per la sinistra e sulla sua presunta affinità con il mondo della piccola impresa e del commercio. “È una persona arrogante. Colleziona una serie incredibile di brutte figure e, a 71 anni, è troppo vecchio. Inoltre ha poca cultura e nessuna classe, ma è meglio degli altri e il mio voto andrà a lui”, è il disarmante compendio di pregi e difetti del leader di Forza Italia esposto dalla voce di Silvia Tomassini per il New York Times.

di Maura Cossutta

Ora persino la legge 40, quella votata e difesa dalla destra in nome della tutela dell’embrione, è nel mirino. Neanche la legge 40, quella piena di divieti e di sanzioni, va più bene. Benedetto XVI, parlando alla Congregazione per la dottrina della fede, ha apertamente condannato ogni forma di fecondazione assistita. Anche quella tra coniugi regolarmente sposati, anche davanti al sacramento della Chiesa. La condanna è senza appello: le tecniche “in vitro” – quelle cioè in cui l’unione dello spermatozoo e dell’ovocita avviene fuori dai corpi - sono contro “la dignità della persona”. La fecondazione assistita tout court “è immorale”: un dietrofront che ha spiazzato persino i più fedeli e schierati ginecologi cattolici. Le gerarchie della Chiesa sono pronte a buttare a mare la legge 40 e partono verso una nuova e ancora più agguerrita crociata. Il Papa ha addirittura annunciato un nuovo documento, forse persino una nuova Enciclica. Perché? Cosa sta succedendo? E’ evidente che le sentenze della Magistratura sono arrivate a destinazione. La Chiesa è impaurita perché gli argomenti giuridici e il richiamo esplicito ai principi costituzionali contenuti nelle sentenze, sono un duro colpo alla legge.

di Sara Nicoli


Quando si dice: negare anche davanti all’evidenza. Maurizio Gasparri, padre della legge che ha salvato le aziende di Berlusconi, ieri si è esibito in una grande prova d’attore pre-elettorale. Mentre l’intera comunità europea stava ridendo dell’ennesima condanna che si è beccata l’Italia per aver dato a Rete 4 la possibilità di sopravvivere quando le sue frequenze dovevano andare ad Europa 7, che le aveva vinte con una regolare gara, ecco che Gasparri è piovuto dentro le tv in tutti i tg di mezza sera per spiegare che, in fondo, dovremo fare una sola piccola modifica alla sua legge, poi tutto sarà di nuovo a posto. Negare sempre, anche davanti all’evidenza, di solito lo fanno gli uomini che mettono le corna alla moglie. Della consorte di Gasparri non sappiamo nulla, ma se fa così sul lavoro, figurarsi nel privato. Ora: veniamo all’ennesima bugia del centrodestra per tutelare almeno l’immagine delle aziende del Capo. Che, ovviamente, non è Fini. E’ sempre e solo Berlusconi. La notizia è che l’'Europa ha bocciato Rete 4 e ha promosso Europa 7. Secondo i giudici della Corte di giustizia Ue del Lussemburgo il regime italiano di assegnazione delle frequenze per le attività di trasmissione radiotelevisiva “è contrario al diritto comunitario”. A questo punto Retequattro potrebbe essere costretta a migrare sul satellite per lasciare spazio all'emittente di Francesco Di Stefano impegnata da anni in una guerra legale per vedersi riconoscere il diritto a trasmettere via etere su scala nazionale. Ma da Cologno Monzese si sono subito affrettati a commentare: "Nessun rischio per Retequattro". E figurarsi il contrario!


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