di Giovanna Pavani

E' in corso una discreta mobilitazione mediatica per non far finire nel dimenticatoio l'incidente dell'apertura dell'anno accademico alla Sapienza di Roma dove – è bene ribadirlo – il Papa non è andato perchè non voleva essere contestato dagli studenti e anche da qualche professore. Con maggiore astuzia e conoscenza dell'utilizzazione dei media e delle coscienze, Benedetto XVI (e con lui soprattutto il cardinal Ruini) ha capito che il declinare l'invito del Rettore Guarini alla Sapienza lo avrebbe trasformato in un martire dell'intolleranza laicista, consentendogli di alzare ulteriormente l'asticella dello scontro contro la laicità dello Stato e le sue leggi. Il disegno è stato subito chiaro non appena il medesimo cardinal Ruini, manovratore di piazze al pari di un politico populista, ha immediatamente chiamato a raccolta le legioni dei cattolici integralisti ( e non solo) invitandoli a rendere omaggio al pontefice “oltraggiato” domenica prossima all'Angelus. L'intento è chiaro, fin troppo: portare un nuovo, pesante attacco al “contropotere” laico per riaffermare con grande forza che d'ora in poi, e sempre di più, la politica di questo Paese dovrà fare i conti con un nuovo, temibilissimo partito politico, di stampo reazionario, che strizza l'occhio alle frange più dure della destra e tende la mano ai fautori dell'integralismo a cui le aperture del Concilio Vaticano II non sono mai andate a genio.

di Fabrizio Casari

Quanto ci vuole per trasformare un Parlamento in una riffa? Tre, massimo quattro ore, al netto del pranzo. In 180 minuti, infatti, la Consulta ha dichiarato ammissibili i quesiti referendari proposti da Segni e Guzzetta, relativi al sistema di voto per Camera e Senato. Quesiti che verranno ora sottoposti al voto popolare. Semmai, pur dovendosi svolgersi in un arco temporale che va dal 15 Aprile al 15 Giugno, si tratterà di vedere se effettivamente il referendum si celebrerà. Perché la vicenda politica assume ora un significato diverso. La Decisione della Corte Costituzionale, frettolosa ed evidentemente già presa in precedenza rispetto alla riunione che ne ha sancito la legittimità, se apparentemente si limita a sancire la legittimità dei quesiti (elemento che era chiamata a determinare) non coglie – o non vuole cogliere – l’impatto sulle conseguenze che l’eventuale vittoria del referendum comporterebbe proprio in termini di costituzionalità. Perché i quesiti approvati non si propongono solo di abolire la legge elettorale vigente, ma prefigurano – attraverso un insieme aberrante di norme - una vera e propria nuova legge elettorale, contravvenendo così de facto al principio per il quale i referendum possono avere solo carattere abrogativo o consultivo, ma non possono – direttamente o surrettiziamente – produrre un sistema di norme che prefigura una legge, compito che solo il Parlamento può esercitare.

di Rosa Ana De Santis

Una visita protocollare, quasi di cortesia. Un modo come un altro, per quanto rituale, di ribadire una sorta di concertazione, una esibizione di sorrisi e deferenze scopo flash a ricordare un sostanziale co-governo della capitale tra il Sindaco di Roma e il Vescovo di Roma. Questo doveva essere l’incontro della settimana tra Papa Ratzinger e Veltroni. Ma così non è stato, giacché il pastore tedesco, ultimo esponente vivente dell’ultima monarchia assoluta imperante, ha deciso di tendere un’imboscata al Sindaco. Lo ha fatto a freddo, rimproverando all’amministrazione capitolina il degrado ed i problemi di Roma, facendo intendere come la Chiesa sia pronta a schierarsi all’opposizione nelle vesti di suggeritore morale del centrodestra. Eppure, solo pochi giorni prima, il 17 dicembre scorso, Veltroni aveva dimostrato cortese sollecitudine verso i voleri papalini, impedendo che passasse al Consiglio comunale di Roma una mozione per il riconoscimento dell’anagrafe per le unioni civili. Sfidando quindi la tenuta della sua maggioranza ed il buonsenso, oltre che la concezione laica dello Stato e della società. E dunque? Perché il Papa, nonostante tanta genuflessione ha deciso comunque l’affondo verso l’amministrazione capitolina?

di mazzetta

Come zombi che risorgono dalle profondità del terreno, decine di personaggi di destra si sono uniti all'attacco all'aborto cominciato da Giuliano Ferrara con la ridicola proposta di una moratoria sull'aborto. Zombi ignoranti, che in un paio di giorni hanno restituito la misura della miseria morale imperante, a destra come a sinistra, tra i politici ed i commentatori di questo scombinato paese. Idiozie assolute, come la proposta di Buttiglione di fare l'autopsia agli embrioni oggetto di aborti terapeutici (forse per controllare l'operato dei medici assassini), si sono sommate alla cupa voce di prelati oscurantisti che hanno intravisto uno spiraglio per sottomettere le donne ed i loro corpi alla disciplina di Santa Romana Chiesa, restituendo un quadro desolante nel quale all'ignoranza si aggiungono ipocrisia. Quella di chi cerca di costruire la propria fortuna politica sulla pelle delle donne e dei loro figli; che brandendo il “rispetto per la vita” in realtà devastano le vite altrui per conquistare benemerenze (e voti) presso bigotti, ignoranti e poteri curiali. Un atteggiamento identico a quello di chi, in nome della libertà e della democrazia, ha seminato guerre, morte e distruzione.

di Sara Nicoli

Il primo della classe è sempre lui, Giuliano Ferrara. Il mai stato laico direttore de il Foglio, in astinenza da popolarità mediatica sulle grandi polemiche politiche del momento, dove la sua per altro ottima trasmissione Otto e Mezzo non riesce ad incidere, ha voluto inaugurare il nuovo anno con una delle sue battaglie-provocazione per scardinare una delle leggi dello Stato laico più odiate dal suo vero editore di riferimento, la Santa Sede. Prendendo spunto dall’approvazione della moratoria sulla pena di morte, una vittoria del governo italiano, Ferrara ha lanciato dalle colonne del suo giornale l’idea di una moratoria sull’aborto: sempre di condanna a morte di un essere umano si tratta, secondo lui, e dunque val la pena rivedere questa 194, che negli anni ha lasciato alle donne troppa libertà di scelta a discapito del loro ruolo di mogli e madri e mettendo a repentaglio il valore intrinseco della famiglia. Ci sarebbe da sommergere questo ragionamento con una sonora, crassa, risata se la minaccia non fosse invece molto reale. E se dietro un’apparente boutade non si nascondesse la volontà di riaprire una ferita antica, quella della lotta sulla 194, per disinnescare una volta per tutte la revisione delle linee guida della legge 40, ormai in avanzato stato di preparazione.


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