Miglior regia al festival di Cannes 2024, Grand Tour, firmato da Miguel Gomes, è ambientato a  Rangoon, in Birmania, nel 1918. Edward, un funzionario dell'Impero britannico, fugge dalla fidanzata Molly il giorno del suo arrivo per il loro matrimonio. Durante il viaggio, però, il panico si trasforma in malinconia. Contemplando il vuoto della sua esistenza, il codardo Edward si chiede che fine abbia fatto Molly. Nel frattempo Molly, decisa a sposarsi e stranamente divertita dalla fuga di Edward, segue le tracce del fidanzato in un lungo grand tour asiatico.

Un film interessante sia dal punto di vista del racconto che della costruzione dei personaggi, ben delineati in tutti i loro aspetti, anche in quelli più intimi. Una pellicola che ha iniziato a prendere forma poco prima del  matrimonio del regista. "Stavo leggendo un racconto di viaggio di Somerset Maugham - afferma - intitolato Il signore in salotto. In due pagine del libro, Maugham narra il suo incontro con un inglese residente in Birmania". L’uomo era scappato dalla sua fidanzata attraverso l’Asia finché lei non l’aveva trovato, dando così inizio a un matrimonio felice. È una storia che gioca su stereotipi universali: la testardaggine delle donne che trionfa sulla codardia degli uomini. Il percorso del futuro sposo seguiva l’itinerario del grand tour. All’inizio del XX secolo, si definiva “grand tour asiatico” il viaggio che iniziava in una delle grandi città dell'Impero britannico in India e si estendeva fino all’Estremo Oriente, terminando in Cina o in Giappone. Tanti viaggiatori europei lo intrapresero, e molti di loro scrissero libri sulla loro esperienza. Partendo dall’idea generale di un fidanzato in fuga che percorre l’itinerario del grand tour, "abbiamo deciso che avremmo scritto la sceneggiatura solo dopo averlo intrapreso anche noi. Abbiamo filmato il nostro viaggio nel 2020, creando così un archivio visivo e sonoro. A partire da questo resoconto audiovisivo della realtà, abbiamo poi scritto la sceneggiatura. Diversamente da quanto accade di solito nei film che lavorano con l'archivio, le immagini che abbiamo utilizzato non appartengono al passato, bensì al presente. Il resto del film, invece, girato nei teatri di posa di Lisbona e Roma, è ambientato nel passato, nel 1918. I due protagonisti del film percorrono un territorio così vasto per ragioni complementari: Edward fugge dalla sua fidanzata Molly, mentre Molly insegue il suo fidanzato Edward. Lui vuole evitare, o perlomeno rinviare, il loro matrimonio; lei, invece, è determinata a sposarlo. Le avventure che nascono dagli spostamenti di Edward e Molly sono, in sostanza, il motore narrativo del film e sono frutto delle interazioni virtuali tra i due: una sinfonia di incontri mancati provocati dalla casuale intromissione degli altri e del mondo.

Come nelle screwball comedies degli anni ’30 e ’40, la donna è una cacciatrice mentre l’uomo è la sua preda. Ma in Grand Tour i due protagonisti sono separati sia nello spazio che nel tempo e il cambio di prospettiva dal personaggio maschile a quello femminili trasforma la commedia in melodramma.  Ci sono vari grand tour in questo film. C’è il percorso geografico che si disegna nelle immagini dell’Asia contemporanea e che corrisponde all’itinerario percorso dai protagonisti in un’Asia immaginaria costruita in studio. C’è il grand tour emotivo che Edward e Molly vivono ognuno a modo proprio e che rappresenta un territorio non meno vasto di quello che percorrono fisicamente. E soprattutto, c’è l’immenso grand tour che unisce ciò che è separato: i paesi, i generi, i tempi, la realtà e l’immaginazione, il mondo e il cinema. Ed è proprio quest’ultimo grand tour in cui vorrei invitare gli spettatori. È a questo che serve il cinema, credo", ci dice ancora.

Grand Tour (Portogallo, Italia, Francia 2024)

Regia: Miguel Gomes

Cast: Gonçalo Waddington, Crista Alfaiate Cláudio da Silva, Lang-Khê Tran, Jorge Andrade, João Pedro Vaz

Produzione: Uma Pedra no Sapato in coproduzione con Vivo film Shellac Cinéma Defacto

Distributore: Lucky Red

Il seme del fico sacro, nuovo lavoro del regista iraniano, Mohammad Rasoulof, guarda alle proteste delle giovani generazioni, per affrontare i propri oppressori. Il film è ambientato a Teheran. I festeggiamenti per la promozione di Iman a giudice istruttore del Tribunale della Guardia Rivoluzionaria coincidono con il movimento di protesta popolare a seguito della morte di una giovane donna. Iman è alle prese con il peso psicologico del suo nuovo ruolo. Mentre le sue figlie, Rezvan e Sana, sono scioccate e, allo stesso tempo, elettrizzate dagli eventi, la moglie Najmeh cerca di fare del suo meglio per tenere insieme la famiglia. Quando Iman scopre che la sua pistola d'ordinanza è sparita, sospetta delle tre donne. Spaventato dal rischio di rovinare la sua reputazione e di perdere il lavoro, diventa sempre più paranoico e inizia, in casa propria, un'indagine in cui vengono oltrepassati tutti confini, uno dopo l’altro.

In Iran, la vecchiaia può essere particolarmente dura per una vedova. Mahin (Lily Farhadpour) vive in una casa spaziosa a Teheran, ma la solitudine scandisce le sue giornate. I figli, emigrati da tempo, le dedicano a malapena una videochiamata, mentre le sue piante restano la compagnia più costante. Tra una chiacchierata nostalgica con le amiche e il desiderio di un nuovo amore, cerca di risvegliare una giovinezza assopita. In una società conservatrice, l’idea che una donna anziana possa scegliere il proprio destino – e addirittura cercare un compagno – è quasi rivoluzionaria.

La nostra mente è un posto molto affollato, siamo tutti pluriabitati con tante diverse personalità che devono convivere tra di loro. Razionali, romantiche, istintive, a volte folli. Ma chi comanda veramente? FolleMente, del regista Paolo Genovese, è la storia di un primo appuntamento, una commedia romantica che ci fa entrare nei pensieri dei due protagonisti per scoprire i meccanismi misteriosi che ci fanno agire. Le varie personalità avranno voce e corpo e le vedremo discutere, litigare, gioire e commuoversi per cercare di avere il sopravvento e prendere la decisione finale.

Itaca. Il ritorno, firmato da Uberto Pasolini, è un'odissea dello spirito, senza viaggi, senza mostri, senza dei. Solo un uomo sfinito che torna a casa dopo anni di lontananza, una moglie tenace che lotta per mantenere la fede in un suo inatteso ritorno e il viaggio di un figlio verso l’età adulta, diviso tra l’amore per sua madre e il peso del mito di suo padre. Una famiglia separata dal tempo e dalla guerra, riunita dall’amore, dal senso di colpa e dalla violenza.


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