di Alessandro Iacuelli

Ancora non decolla in Italia il Sistri, il Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, quello che dovrebbe modernizzare, informatizzare e controllare la filiera dei rifiuti speciali in Italia, più i soliti rifiuti urbani nella Regione Campania. Almeno sulla carta, e solo quando sarà completamente operativo, sarà lo strumento principale per la lotta all'illegalità nel settore dei rifiuti speciali, illegalità di cui l'Italia ha il primato in Unione Europea.

D'altra parte, se l'Italia è stabilmente il teatro delle ecomafie europee e mediterranee, è proprio perché fino ad oggi sui rifiuti industriali si è rivelata debole ogni funzione di controllo e di efficace prevenzione. Con un sistema informatizzato come il Sistri, diventerebbe certamente più difficile far sparire ogni anno milioni di tonnellate di scarti industriali. Infatti, il sistema di rilevazione dei dati permette di facilitare fortemente i compiti delle autorità, con tanto di un sistema di controllo e tracciamento dei rifiuti, la cui gestione è stata affidata, dal Ministero dell'Ambiente, al Comando Carabinieri per la Tutela dell’Ambiente.

Il sistema è stato annunciato già nel 2009, ma ancora oggi stenta a decollare e non si riesce ancora a controllare la movimentazione dei rifiuti speciali lungo tutta la filiera, fino alla fase finale di smaltimento dei rifiuti, con l’utilizzo di sistemi elettronici in grado di dare visibilità al flusso in entrata ed in uscita degli autoveicoli nelle discariche. Ma a prendere posizione in modo deciso contro il sistema che potrebbe sconfiggere le attività ecomafiose, non sono le mafie, che da decenni lucrano sugli smaltimenti industriali, ma proprio le principali associazioni imprenditoriali italiane.

Dopo tanti rinvii, nei giorni scorsi il sistema di tracciabilità informatica è stato oggetto di un annuncio importante da parte del Ministero dell'Ambiente: il via nel gennaio 2001, con tanto di sanzioni per chi da oltre un quarto di secolo è abituato a disfarsi degli scarti delle attività produttive nel modo meno costoso, e fatalmente meno legale e più inquinante.

Infatti, é proprio contro le sanzioni previste che al ministro Prestigiacomo è arrivata una lettera decisa da parte della presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, e del presidente di Rete Imprese Italia, Carlo Sangalli. Nella lettera si chiede che siano sospese per tutto il 2011 le sanzioni cui potrebbero essere sottoposte le imprese che dall’avvio ufficiale del nuovo sistema non si adegueranno in maniera corretta alle disposizioni vigenti in materia di rifiuti.

In pratica, non potendo rallentare all'infinito l'entrata in funzione del sistema, l'industria italiana chiede al governo di farlo partire, ma senza sanzioni. Nella lettera si legge che un periodo senza sanzioni è "assolutamente necessario consentire alle aziende di adeguarsi alle nuove, complesse procedure e attuare gli interventi sul sistema informatico e gestionale indispensabili per operare nel rispetto delle disposizioni di legge".

La lettera prosegue poi elencando la molteplicità dei problemi che le aziende coinvolte stanno riscontrando nella corsa ad ostacoli verso il corretto utilizzo del sistema. Tra queste il ritardo nella consegna delle chiavette USB e le difficoltà nel loro utilizzo, i ritardi nell'installazione delle black box, i malfunzionamenti dovuti a difetti strutturali nell'hardware e nel software, ed un'attività formativa molto carente e non sufficiente per approfondire in maniera dettagliata tutti gli aspetti nuovi della riforma.

Sembra una scappatoia. Si potrebbe pensare che certa industria italiana, perennemente in crisi finanziaria e produttiva, voglia continuare a risparmiare tagliando i costi ambientali e sanitari della propria produzione. Ma secondo Marcegaglia, "se non si risolvono radicalmente i problemi sopra elencati, sicuramente moltissime imprese si troveranno ad essere sanzionate per comportamenti illeciti anche se questi non sarebbero direttamente loro ascrivibili".

E alla fine della lettera si etichetta la richiesta di evitare sanzioni, una strisciante supplica al poter continuare a far prendere vie traverse a milioni di tonnellate di sostanze che a volte sono anche nocive, come un "un segnale di buon senso da parte del ministero che lo spinga a sospendere completamente l'apparato sanzionatorio".

La logica suggerirebbe che un sistema di controllo e di tracciamento dei rifiuti speciali perde senso, se non è affiancato da un sistema repressivo e sanzionatorio, ma probabilmente si vuole scavalcare questa regola elementare per quanto riguarda l'industria italiana, e solo quella. Proviamo, infatti, ad immaginare come avrebbe reagito la politica, se il giorno dell'invenzione del primo autovelox milioni di automobilisti avessero chiesto di metterli pure sulle strade, ma senza sanzioni per un anno, giusto per "adeguarsi" e magari "abituarsi".

Se poi andiamo a leggere il decreto del Consiglio dei Ministri numero 114, approvato lo scorso 18 novembre, che recepisce la direttiva europea 2008/98, si scopre che è già previsto, nell'articolo 34, che nel primo anno di funzionamento del Sistri le sanzioni verranno applicate in misura ridotta. La lobby industriale quindi ha già ricevuto uno sconto, ma forse non gli basta. E la riduzione non è né piccola né semplicemente di forma: infatti, una volta fissato l'importo della sanzione, l'impresa dovrà pagarne il 50% se "l'inadempimento si verifica o comunque si protrae dall’1/7/2011 al 31/12/2011" e addirittura solo il 5% "se l’inadempimento si verifica dall’1/1/2011 al 30/6/2011".

Eppure il Sistri è quel che serve per dare prima di tutto un segnale forte di cambiamento nel modo arretrato che ha l'Italia di gestire la movimentazione e lo smaltimento dei rifiuti speciali. Fino ad oggi il sistema si è basato su tre documenti cartacei, il Formulario d’identificazione dei rifiuti, quello che viene cambiato dalla mafie ecologiche per declassificare i rifiuti nocivi, il Registro di carico e scarico, il MUD, Modello Unico di Dichiarazione ambientale, quello la cui falsificazione permette di far sparire tonnellate di rifiuti ogni anno.

Con il Sistri si passa ad un sistema tecnologicamente avanzato, con procedure addirittura più semplici. Ma all'industria questo sistema, che garantisce trasparenza e conoscenza, non piace per niente. Non piace perché, anche se è vero che permette di ridurre il danno ambientale e di eliminare certe forme di concorrenza sleale tra imprese, permette vantaggi per quelle industrie che operano rispettando le regole, sopportando costi maggiori. E' forse questo che non piace?

Poi, come al solito, la colpa sarà delle mafie che lucrano sullo smaltimento illecito. Ma le mafie lucrano sulle grandi quantità, sui milioni di tonnellate di rifiuti che non sono certo rifiuti solidi urbani, e lucrano perché offrono al sistema industriale italiano smaltimenti senza trattamento e messa in sicurezza a costi che scendono fino alla decima parte del costo di smaltimento regolare.

Pertanto, è vero eccome che le mafie ne traggono vantaggio, ma non solo loro. Perché se le mafie ecologiche hanno potuto presentare, parallelamente al mercato, una grande offerta di smaltimento di rifiuti speciali, compresi i pericolosi e i tossici, è perché in Italia c'è una grande domanda di smaltimento sottocosto. Forse è per questo che l'industria cerca di frenare o disarmare il Sistri.

 

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