di Giuliano Luongo

A circa un mese dalle manifestazioni di protesta organizzate dai comitati cittadini in varie parti d’Abruzzo, abbiamo avuto l’occasione di vedere di recente come quello che sembrava un “semplice” caso d’incompetenza delle amministrazioni locali abbia iniziato a prendere una connotazione più estesa. Non solo riguardo la risonanza del caso sul territorio nazionale, ma soprattutto per quanto riguarda i “massimi sistemi all’opera”, riguardo cioè le connessioni economiche con i partner preferiti del nostro chiacchierato governo.

Ma andiamo per ordine, iniziando dal primo fatto interessante: poco prima della precoce “chiusura per ferie” del Parlamento, il deputato del PD Walter Verini ha depositato a sua firma un’interrogazione indirizzata ai Ministri dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare, dello Sviluppo Economico, delle Infrastrutture e dei Trasporti, per i Beni e le Attività Culturali, in merito al progetto di realizzazione del metanodotto SNAM “Rete Adriatica”. L’interrogazione è stata “decorata” dalle firme di altri esponenti del Partito Democratico, quali  Massimo Vannucci e Maria Letizia De Torre, gli abruzzesi Giovanni Lolli e Vittoria D'Incecco, la toscana Raffaella Mariani e Sandro Gozi. Hanno appoggiato l’interrogazione anche la senatrice radicale Donatella Poretti ed i membri di radicaliperugia.org Liliana Chiaramello ed Andrea Maori.

Fine ultimo dell’interrogazione? Spingere i nostri taciturni e spesso non perfettamente informati ministri a fornire maggiori chiarimenti sul rispettato o meno delle direttive comunitarie in materia di valutazione di impatto ambientale (VIA) e di valutazione ambientale strategica (VAS). Come già sottolineato agli albori dell’intervento SNAM, sono presenti numerose criticità sul territorio attraverso il quale il tracciato del gasdotto dovrebbe snodarsi: non si tratta solo di aree boschive o protette, ma anche di zone a rischio sismico e idrogeologico.

In particolare, è stato attaccato il modo superficiale col quale è stata condotta la VIA: in alcuni tratti sono stati ignorati fattori determinanti per la sicurezza dell’area, altri sono stati bellamente ignorati. Per condire il tutto, le procedure nelle diverse aree sono state portate avanti senza collegamento ed in violazione della normativa vigente dell’Unione Europea. Non risulta chiaro il perché della deviazione sulla tratta appenninica del gasdotto che di norma avrebbe dovuto seguire la più sicura tratta adriatica.

E’ interessante ricordare come, in data 7 ottobre 2010, la commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale (VIA e VAS) del Ministero dell’Ambiente abbia espresso parere favorevole riguardo la compatibilità ambientale del tratto del gasdotto sul percorso Sulmona - Foligno e sulla centrale di compressione di Sulmona. Tale Commissione ha prima posto come condizione l’ottemperamento obbligatorio a numerose condizioni in tema di sicurezza, che appaiono clamorosamente contraddittorie rispetto allo stesso parere favorevole al quale abbiamo fatto riferimento appena un paio di righe fa. I “governativi” stessi fanno notare come “[...]la centrale di Compressione di Sulmona, come si evince da Catalogo Parametrico dei Terremoti Italiani 2004 (CPTI04) redatto dal Gruppo di lavoro CPTI 2004 dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e dal DataBase Macrosismico Italiano 2008 (DBMI08, INGV), si trovano in un territorio ad elevata pericolosità sismica, sia dal punto di vista della frequenza di eventi che dei valori di magnitudo”1

L’interrogazione ricorda che già lo scorso giugno era stato presentato ricorso alla Commissione europea da parte delle amministrazioni pubbliche delle aree direttamente colpite (Province di Pesaro-Urbino e di Perugia, Comunità Montana Catria e Nerone, Comune di Gubbio e Comune dell’Aquila); inoltre diversi enti territoriali hanno già presentato gli anni scorsi - quando ancora il progetto SNAM era in fase preliminare - numerosi pareri negativi riguardo la costruzione del gasdotto. Viene sottolineata infine un’assenza di lusso, quella della VAS: se la VIA infatti ci si è limitati a farla male, l’altra è stata del tutto dimenticata, a conferma di quanto arraffazzonata possa essere la pianificazione di un gasdotto su di una faglia sismica. Ricordiamolo per i più distratti: GAS su di una FAGLIA SISMICA. Un’ottima decisione solo in caso di preparazione di uno spettacolo pirotecnico, ma in altri casi lasciateci avere dubbi.

L’interrogazione si chiude con la richiesta della convocazione di una tavola rotonda da parte dei Ministri, onde coinvolgere SNAM, amministrazioni locali e soprattutto comitati di cittadini per valutare assieme le criticità del progetto e le discusse decisioni degli addetti alle procedure di valutazione; inoltre si richiedono sospensione ed eventuale spostamento del tragitto del gasdotto nel caso non si risolvano i suddetti problemi, tutto questo in linea con quanto stabilito dalla normativa europea. Tutto bello, tutto interessante: spenderemmo fiumi di codice HTML per parlare della dettagliata risposta governativa che – guarda caso – non c’è ancora stata.

Accantonando per un attimo speranze in questo senso, visti gli impegni più importanti e soprattutto personali di chi guida il paese, rimane un ultimo quesito: possiamo ancora parlare solo di “problema locale”? Purtroppo no. In primo luogo, far passare una simile linea da parte della SNAM significherebbe condannare i cittadini di ogni area potenzialmente attraversabile da ogni tipo di condotta a trovarsi seduti su dei tubi (e potevamo dire di peggio) senza che nessuno muova un dito. In secondo luogo, è d’uopo far notare come la rete adriatica si connetta in una serie di progetti ben più ampi, applicazione pratica della ridondante politica energetica del nostro paese (sì, c’entra anche Putin).

Il faraonico progetto South Stream, gasdotto alternativo alla linea trans-ucraina fortemente voluto da Mr. Bunga Bunga a scapito del progetto cofinanziato dalla UE, si aggancerebbe alla nuova rete progettata dalla SNAM; senza dimenticare che nel progetto rientra anche l’allacciamento con la Green Stream, la nuova rete di approvvigionamento gas in collaborazione con Tripoli. Ebbene, i comitati cittadini non si trovano dunque solo coinvolti a difendere il proprio territorio da un’amministrazione quantomeno brilla, ma dalle grandi manovre energetiche che coinvolgono tre paesi.

Non rimane che affidarsi agli ormai sfibrati strumenti democratici, sperando che nel mentre la forza della protesta riesca a raggiungere i mezzi di comunicazione mainstream e portare i riflettori su questo ennesimo abuso sponsorizzato dallo Stato.

 

 

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