di Mario Braconi

La band inglese Florence and the Machine ha fatto un grave passo falso: il video realizzato per promuovere “No light, no light”, il secondo singolo estratto dal loro album “Ceremonials”, ha contenuti fortemente razzisti. Anzi, come nota correttamente il sito Racialicious, è “perfino lievemente sconcertante la quantità d’iconografia razzista che (i produttori) sono stati in grado di stipare all’interno di un video di soli 4 minuti e 15 secondi”.

Questo il plot: una giovane donna esile, pelle diafana e fiammeggiante capigliatura rossa (Florence Welsh, cantante e volto pubblico della band), assume pose melodrammatiche, che probabilmente vorrebbero alludere ad una qualche forma di turbamento erotico o sentimentale; il tutto mentre si mantiene faticosamente in equilibrio…sul cornicione di un grattacielo. Nel frattempo, un gruppo di ragazzini vestiti da preti, prende posto nel coro di una chiesa ed inizia a cantare: per l’esattezza, nella fiction del clip, sono le loro voci ad interpretare i cori dello (splendido) brano dei Florence and the Machine. Finalmente si comprende la ragione del turbamento della donna: su un pavimento a quadri bianchi e neri (si noti il raffinato gusto per la metafora), davanti a una moltitudine di moccoli accesi, si sta agitando uno strano personaggio da Carnevale di New Orleans; atteggiamento tra il grottesco e il minaccioso, braghe sgargianti in netto contrasto l’ebano della pelle.

Quando si toglie la maschera, lo zoom mostra il volto di un nero con gli occhi a fessura, su cui è dipinta una smorfia minacciosa. Non c’è dubbio che qui siamo alla presenza di un essere demoniaco. E, tanto per fugare ogni residuo dubbio, il ragazzo ora si sta esercitando con una bambolina vudù nella quale affonda soddisfatto immensi spilloni, causando contorsioni sempre più violente nella pallida protagonista. La quale, ricordiamo, sia pur vestita da sera, truccata e pettinata come si deve, si trova pur sempre sul bordo di un cornicione. Il perverso rito dell’uomo nero le provoca tali contorcimenti che alla fine, con sollievo dello spettatore, Florence precipita nel vuoto. Nel frattempo scorrono, giustapposte, sequenze che documentano il calvario della “povera” donna bianca perseguitata dalla (o)scura creatura, con tanto di inseguimenti per le strade, nei tunnel della metropolitana, per le scale...

Una vera fortuna per Florence che stia precipitando proprio sopra alla chiesa che abbiamo visto all’inizio, nella quale un piccolo esercito di giovani preti sta inneggiando al Signore, indubitabilmente chiedendogli di risparmiare la vita alla giovane. Circostanza ancora più singolare, la chiesa, di stile gotico, è dotata di un rosone decorato da una vetrata colorata, opportunamente collocato sul tetto, anziché sulle pareti laterali. In questo modo la donna non finisce impalata su una guglia, ma, attraversato il vetro colorato, termina la sua corsa tra le braccia protese dei bimbi-preti, che la accolgono come un telo da salto umano e ne sostengono il lungo corpo sottile.

Insomma, alla fine grazie ai “lumi di chiesa”, il Bene le suona di santa ragione al Male, personificato da quella molesta creatura dalla pelle scura che viene anche immortalata davanti ad un muro imbrattato di graffiti, simbolo che contrasta con la serena austerità che regna nella casa che i buoni bianchi hanno costruita per il loro Dio. Non c’è scampo per il ragazzo nero che, ferito a morte dalla irresistibile bontà dei bianchi, dopo una serie di sgangherate piroette si porta una mano al petto ed esala il suo ultimo respiro. Finalmente Florence può riabbracciare l’amato, un bel giovane di incontaminata razza ariana, che la abbraccia teneramente mentre si riposa dalle sue epiche imprese.

A parte la rappresentazione incredibilmente superficiale e distorta della religione vudù (identificare il vudù tout court con la magia nera, ricordiamo, è come identificare il cristianesimo con le crociate), non è chiaro se le intenzioni di Florence fossero o meno razziste e, forse, non è nemmeno troppo importante fare chiarezza su questo punto. Non importa, infatti, se un simile obbrobrio sia stato partorito per superficialità, ottusità morale o piuttosto furbizia commerciale; non sarebbe possibile transigere perfino se si trattasse (come si vorrebbe dal profondo del cuore per la stima che si deve alla Florence musicista) di una rappresentazione ironica tesa a stigmatizzare gli stereotipi mandandoli in corto circuito semantico.

Perché il fatto inequivocabile è che il video dà corpo ad un esecrabile immaginario basato sullo svilimento dei non-bianchi e sulla magnificazione di una fantasmagorica supremazia della razza bianca. Fornisce un indesiderabile passaporto pseudo-artistico a un razzismo che purtroppo sopravvive e si manifesta molto più spesso di quanto si creda. E questo, per un’artista, dotata del soprannaturale potere di entrare in contatto con milioni di persone, è (per lo meno) molto irresponsabile.

Come noto, infatti, il rapporto tra artista e fan non è troppo diverso da quello amoroso: in Rete si possono legger alcuni commenti dei fan dei Florence & the Machine che, accecati dall’amore, finiscono per minimizzare quello che invece è un dato molto grave e che merita una esplicita condanna. In ogni caso, come nota Racialicious, l’inconsapevolezza dei produttori difficilmente potrà essere accampata, specie “se si analizza la faccenda e si pensa al numero di persone che devono aver lavorato allo storyboard, alle coreografie, al casting e alla direzione artistica del video”. Nel frattempo, a dispetto delle petizioni e delle proteste che chiedono che la clip venga ritirata, o girata di nuovo, tanto Florence che l’etichetta discografica non hanno ritenuto di scusarsi, o anche solo di cercare di spiegarsi, con il loro pubblico. E con tutti i non bianchi.

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