di Sara Michelucci

Tiranni e cittadini, anzi sudditi. È su questo rapporto che Ascanio Celestini basa il suo nuovo spettacolo, Discorsi alla Nazione - Studio per spettacolo presidenziale, che ha presentato al Teatro Secci di Terni e che porterà in altri teatri italiani. Aspiranti tiranni si alternano, così, sul palcoscenico, mettendo in luce tutte le atrocità che una forma di potere di questo tipo porta con sé. Le parole di Celestini tuonano su un palcoscenico scarno, senza scenografia se non una sedia messa a lato, e colpiscono dritte lo spettatore.

“Cittadini! Lasciate che vi chiami cittadini anche se tutti sappiamo che siete sudditi, ma io vi chiamerò cittadini per risparmiarvi un’inutile umiliazione”, tuona l’attore. Il tiranno è chiuso nel palazzo. Non ha nessun bisogno di parlare alla massa. I suoi affari sono lontani dai sudditi, la sua vita è un’altra e non ha quasi nulla in comune con il popolo che si accontenta di vedere la sua faccia stampata sulle monete.

Eppure il tiranno si deve mostrare ogni tanto. Deve farsi acclamare soprattutto nei momenti di crisi quando rischia di essere spodestato. Così si affaccia, si sporge dal balcone del palazzo e rischia di diventare un bersaglio. “Ho immaginato - afferma Celestini - alcuni aspiranti tiranni che provano ad affascinare il popolo per strappargli il consenso e la legittimazione. Appaiono al balcone e parlano senza nascondere nulla. Parlano come parlerebbero i nostri tiranni democratici se non avessero bisogno di nascondere il dispotismo sotto il costume di scena dello stato democratico”.

Celestini ritorna ad affrontare il potere, attraverso il suo teatro che ha la funzione di far riflettere, di aprire gli occhi su quello che la società contemporanea e la politica che ci governa sono o possono diventare. Il suo è uno sguardo lucido, schietto, che non risparmia niente e nessuno. Destra e sinistra fanno parte di uno stesso percorso, che si differenzia per alcuni punti, ma che non si discosta poi molto da una linea votata al potere e alla supremazia sui cittadini.

E così anche il considerarsi “di sinistra” può nascondere tutta una serie di luoghi comuni e pregiudizi, che smascherano la vera natura di alcuni politici. La guerra, il razzismo, la logica di un potere becero che non risparmia nessuno, se non chi decide di aprire gli occhi su quello che ci viene proposto e cercare un punto di vista altro, sono i temi fondamentali.

Celestini propone proprio questo attraverso il suo teatro che fa sorridere, ma al tempo stesso stimola le coscienze. Se con La pecora nera, Celestini si mette dietro la macchina da presa per raccontare le vite di coloro che hanno conosciuto l’esperienza nel manicomio, denunciando un determinato sistema sanitario e in Pro Patria è una prigione il luogo dell’azione, in Discorsi alla nazione prende di petto il potere e lo sviscera fino a mostrarne il lato più oscuro. Quel ‘cuore di tenebra’ di conradiana memoria che attraversa sottile le membra della società.

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