La notizia è di quelle che costituiscono una svolta epocale nella storia della scienza e nel pensiero umano: ricercatori di due continenti, dopo anni di esperimenti, misure, analisi di dati, hanno individuato le onde gravitazionali, quelle onde che si propagano nello spazio, e nel tempo, trasportando il campo gravitazionale, l'attrazione tra masse, quell'interazione a distanza che è la causa prima dell'esistenza dell'universo stesso, senza la quale non avremmo stelle compatte e pianeti che ci orbitano attorno.



Che al campo gravitazionale fossero associate delle onde, lo avevamo già capito giusto 100 anni fa, quando furono ipotizzate da Albert Einstein. L'analisi dello scienziato svizzero, anche se piena di calcoli troppo complessi per essere raccontati in questa sede, partiva da una base estremamente semplice: formalmente il campo gravitazionale mostra molte similitudini con quello elettromagnetico, sia dal punto di vista fisico che da quello matematico.

Al campo elettromagnetico sono associate delle onde elettromagnetiche, che appena 15 anni prima erano state usate da Guglielmo Marconi per l'invenzione più strabiliante dell'era moderna, che avrebbe cambiato il modo di vivere su tutto il pianeta, la radio trasmissione. Perché allora non avrebbe dovuto avvenire la stessa cosa per la forza gravitazionale?

Le equazioni matematiche, quelle della gravità newtoniana messe assieme a quelle della Relatività di Einstein, dicevano di sì, che le onde gravitazionali dovessero per forza esistere, a meno che non fosse sbagliata o la meccanica di Newton o la Relatività di Einstein!

Quindi, sapevamo della loro esistenza, ma solo come soluzione di un'equazione, nessuno era stato in grado di osservarle nella realtà fisica, al di fuori della pura astrazione matematica, da cui il dilemma: onde reali, o solo la soluzione di un sistema di equazioni differenziali?

C'è un limite fisico alla nostra possibilità di vedere le onde gravitazionali: quello di esserci dentro. Non le possiamo osservare, come se ammirassimo il mare mosso dalla cima di una falesia, perché siamo immersi in quei campi gravitazionali, siamo dentro l'onda, come se la cavalcassimo, e tutto ciò che è attorno a noi la cavalca assieme a noi, per cui non riusciamo a vedere l'onda, perché attorno a noi non c'è nulla di diverso che ci faccia percepire l'onda stessa.

Poi, per fortuna, un miliardo e 300 milioni di anni fa, quando il nostro sistema solare era ancora più giovane di ora e la Terra non era come è adesso, è avvenuto l'evento che ci ha permesso oggi di osservare non le onde gravitazionali, ma un loro effetto di sovrapposizione. Due buchi neri grandi circa 30 volte il Sole che orbitavano uno intorno all'altro, si sono mossi a spirale verso l'interno e sono infine entrati in collisione.

Non potremo mai immaginare la catastrofe cosmica che ne è scaturita. Non è pensabile, per la mente umana, l'urto violento tra due masse grandi 30 volte il nostro sole, ma lo spaventoso urto è avvenuto. I due campi gravitazionali, ciascuno dei quali emetteva la propria onda, si sono sovrapposti e, come per tutte le onde, di tutti i tipi, che si sovrappongono, hanno prodotto una interferenza tra di loro. Questo è quello che abbiamo osservato: l'onda risultante, l'interferenza, l'onda diversa da quella che cavalchiamo abitualmente. In definitiva, la possibilità di osservarla.

L'onda risultato dell'interferenza è partita dai due buchi neri un miliardo e 300 milioni di anni fa, e puntuale il 14 settembre scorso ha investito il nostro pianeta. Un'onda debolissima, vista la grande distanza percorsa, ma non abbastanza debole da non essere vista dai rivelatori laser, in particolare degli interferometri, situati in Louisiana, che da decenni stavano cercando segnali gravitazionali dal cosmo, alla ricerca dell'onda gravitazionale.

Chiaramente questa osservazione sperimentale non è affatto conclusiva, ma schiude semmai un nuovo orizzonte di ricerca in Astrofisica e Cosmologia. Tanto per cominciare, sappiamo di avere una solida base teorica, perché l'osservazione conferma la validità della Teoria della Relatività.

In seconda battuta, ora sappiamo che il metodo degli interferometri laser è valido per misure di questo tipo, quindi abbiamo un metodo per osservare e misurare le interferenze gravitazionali di oggetti lontani, come buchi neri e stelle di neutroni.

Anche per la Fisica teorica ci sono nuovi orizzonti. Come dimostrato negli anni '20 del '900, soprattutto con l'individuazione di protoni ed elettroni, il campo elettromagnetico è quantizzato. Perché allora non dovrebbe esserlo anche il campo gravitazionale?

Lo stesso Einstein ipotizzò, sempre dalle sue equazioni relativistiche, l'esistenza del “gravitone”, analogo gravitazionale dell'elettrone. L'aver imparato a misurare le interferenze gravitazionali, ci schiude un orizzonte di esperimenti volti a cercare e verificare questa quantizzazione gravitazionale.

Si aprono quindi nuovi fronti di ricerca che investono tutta la Fisica, fronti di ricerca che ci portano un passo avanti verso lo svelare uno dei più grandi misteri che ancora non abbiamo risolto: la nascita dell'universo, e soprattutto della materia.

Pin It

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy