di Agnese Licata

Ryszard Kapusciski, in uno dei suoi libri sui mille volti dell’Africa, nati dalla volontà di dare voce a chi voce non ha, descrive la vita di una donna africana. Una donna come tante, povera come la maggior parte delle donne africane, in una delle immense periferie delle città africane dove la speranza di una vita migliore non esiste. La penna del giornalista (che ha alle spalle quarant’anni di viaggi nei Paesi in via di sviluppo) si ferma sull’unico oggetto che questa donna possiede e che la rende, a suo modo, privilegiata. Si tratta di una comunissima pentola, vecchia e malandata, oggetto apparentemente insignificante, ma fonte di un piccolissimo reddito. Quanto basta per fare la differenza tra sopravvivere faticosamente e morire lentamente. Basterebbe anche solo questo esempio per rendersi conto dell’enorme baratro che divide Nord e Sud del mondo e quanto il concetto stesso di ricchezza possa essere diverso.

di Giovanna Pavani

E’ finita un’era per la compagnia di bandiera italiana. Alitalia si avvia verso la privatizzazione. Il governo ha deciso di procedere alla cessione di una quota di controllo detenuta dal ministero dell’Economia oggi in possesso del 49% del capitale societario, attraverso una procedura competitiva a trattativa diretta. Lo Stato intende scendere sotto quota 30% nel controllo della compagnia e questo passo è stato salutato benevolmente dalla Borsa dove il titolo Alitalia, precedentemente sospeso, ha chiuso la giornata con un netto +11%. E’ dunque l’avvio di una fase definitiva di privatizzazione dell’azienda i cui snodi saranno resi noti entro gennaio. Da undici mesi Alitalia si trova in grosse difficoltà finanziarie e ha bisogno di essere rilanciata con un piano industriale credibile, come ha sostenuto lo stesso Prodi, che allo stesso tempo assicuri precise garanzie occupazionali. Ma prima di tutto resta da chiarire un punto, quello dei vertici. Giancarlo Cimoli, hanno ribadito con forza tutti i vertici sindacali della categoria, deve andarsene. E c’è un fronte compatto anche all’interno dell’Esecutivo (dal ministro dell'Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio a quello della Solidarietà Sociale, Paolo Ferrero fino al responsabile dell’Università Fabio Mussi), che ha condizionato il proprio placet alla “fase 2” di Alitalia all’immediato passaggio di consegne dell’attuale management verso un nuovo asset capace di traghettare la compagnia verso una privatizzazione senza scosse. Il problema del licenziamento del presidente e Ad di Alitalia sembra difficile da risolvere quasi quanto la crisi dell’intera azienda: in ballo ci sono i soldi della liquidazione del manager che molti, all’interno del governo, non sarebbero intenzionati a sborsare in virtù del palese fallimento della mission. Anche perché le casse di Alitalia sono davvero vuote.

di Alessandro Iacuelli

Cina, Corea del sud, Stati Uniti, India, Giappone, Russia e Unione Europea hanno firmato a Parigi il trattato per ITER, un progetto di reattore sperimentale a fusione termonucleare che punta a fornire tra qualche decennio un'energia pulita ed illimitata. L'accordo, per un valore di oltre dieci miliardi di euro, è stato firmato all'Eliseo ed è la conclusione di una lunga trattativa. ITER è la sigla di International Thermonuclear Experimental Reactor (reattore sperimentale termonucleare internazionale), e vorrebbe essere una via per il superamento dell'energia nucleare da fissione. Nei prossimi mesi a Bruxelles sarà inoltre siglato un accordo tra Europa e Giappone per la realizzazione di impianti complementari ad ITER.

di Elena G. Polidori

Siamo un’altra volta senza giornali. Perchè ogni tentativo di dialogo tra giornalisti ed editori per il rinnovo del contratto scaduto ormai due anni fa è finito nel nulla. Il governo aveva proposto un tavolo unico per legge sull'editoria e contratto dei giornalisti. Questi ultimi, attraverso i vertici della Federazione della Stampa, avevano apprezzato, offrendo ancora nuove aperture fino al punto di dichiararsi pronti a “rimettere nel cassetto” ogni rivendicazione facendo ripartire il dialogo da zero. Ma dalla Federazione degli Editori, sempre più decisa a prendere i soldi dal governo senza spendere nulla, è arrivato un nuovo, secco no. E stavolta lo schiaffo non è stato dato solo ai giornalisti ma anche al governo che con ben tre ministri (Damiano, Mastella e Gentiloni) e un sottosegretario alla Presidenza del consiglio (Ricardo Franco Levi) si era fatto portabandiera del dialogo e del confronto. Così i giornalisti, riuniti negli Stati Generali della categoria, hanno deciso di alzare immediatamente le mani dalle tastiere dei computer e di dichiarare sciopero.

di Giovanna Pavani

Le ferrovie uniscono, più di qualsiasi altro tipo di trasporto, un Paese. E anche dove la povertà ha la meglio su tutto, c’è sempre un treno, una vecchia locomotiva, a consentire ad un popolo di sentirsi meno isolato nel proprio male di vivere e a permettergli di partire, di migliorare, di ritrovarsi, spesso anche di fuggire. Le ferrovie, insomma, sono la spina dorsale della mobilità di una nazione e della sua voglia di crescita e di riscatto anche quando manca tutto il resto. Se falliscono le ferrovie è un segnale inquietante per l’economia di qualsiasi nazione e per le sue potenzialità di crescita e di espansione. Ieri, l’amministratore delegato di Trenitalia, Mauro Moretti, ha informato la commissione Lavori Pubblici di Palazzo Madama che le nostre ferrovie sono sull’orlo del fallimento. E' l'immagine più netta di un'Italia ferma su un binario morto. E i treni sono solo l'ultimo capitolo.


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