di Alessandro Iacuelli

Settimana clou per Confindustria. E' il momento in cui il sindacato più forte d'Italia, l'unico in grado di ottenere quel che vuole da tutti i governi, cambia i propri vertici. Luca Cordero di Montezemolo ha deciso di uscire di scena in un modo abbastanza duro, lanciando accuse a ripetizione verso i sindacati e verso quei settori della società che ancora non accettano di essere subalterni ad imprenditori e industriali, e che magari "osano" ancora rivendicare e negoziare circa i propri diritti. "E' ormai chiaro che la trincea dei negoziati infiniti, del rifiuto di guardare con occhi obiettivi la realtà e soprattutto in che direzione va il mondo, serve solo e soltanto a difendere una casta di professionisti del veto", ha detto il presidente uscente di Confindustria ad un convegno del suo centro studi. E' certamente una poco felice esternazione, visto che la "direzione in cui va il mondo" alla quale si riferisce è certamente quella che massimizza gli interessi della categoria, di minoranza, che rappresenta, a scapito di tutti. Ma non è la sola: infatti, poco dopo Montezemolo rincara la dose: "I lavoratori non si sentono più rappresentati da forze politiche e sociali, incapaci di dare risposte vere ai loro problemi concreti, e sono molto più vicini alle nostre posizioni che non a quelle dei sindacalisti". E ancora: "Occorre mettere mano a una profonda riforma del welfare con un mercato del lavoro più selettivo e piu' flessibile". Dove ancora una volta, selettività si traduce in emarginazione ed esclusione sociale, mentre flessibilità si traduce in precariato.

Il tutto per salvare ancora una volta la competitività, gli affari e, in definitiva, il portafogli, dell'establishment industriale italiano, che si spaccia per "la parte che traina il Paese", anche se è incapace di competere con i nuovi Paesi emergenti, a meno di non tagliare le proprie spese riducendo i costi dello smaltimento dei propri rifiuti speciali, spesso tossici e nocivi, che finiscono sparsi sui territori della Campania, dell'Africa e dell'Asia.

Dopo questa serie di esternazioni che la dice lunga sulla buonafede del mondo imprenditoriale italiano, tra i più miopi del mondo, un lungo abbraccio tra Emma Marcegaglia e Luca Cordero di Montezemolo ha sancito simbolicamente il passaggio di testimone tra il presidente di Confindustria, visibilmente emozionato, e il suo successore. "Oggi è il giorno di Luca e voglio solo ringraziare lui per l'aiuto e voi per la straordinaria fiducia che mi avete dato", ha detto Marcegaglia. "Posso solo promettervi", ha aggiunto, "che ci metterò tutta l'anima, tutto l'impegno e tutte le mie capacità e penso che se lavoreremo insieme, bene come in questi anni, potremo contribuire ad avere una Confindustria forte, credibile e autorevole e contribuire per un futuro migliore per noi e per i nostri figli".

Questo è il "buongiorno" del nuovo Presidente. Ed inizia subito a fare pressioni, come al solito, sulla politica: "Le imprese italiane hanno bisogno di segnali immediati", dice in un'intervista pubblicata su Les Echos, "per ridare fiducia alle imprese. Alcune proposte elettorali come la defiscalizzazione degli straordinari sono importanti. E' anche urgente una riforma dell'Irap". Marcegaglia auspica anche che il prossimo governo sappia affrontare i grandi problemi di medio termine quali la ricerca, l'innovazione e maggiori investimenti sul capitale umano: "Il sistema dell'istruzione italiano non funziona bene, come mostrano le classifiche dell'Ocse, che vedono l'Italia agli ultimi posti", dice. Indice puntato anche verso la burocrazia "costosa e inefficace" che "rappresenta un sovraccosto di 14 miliardi l'anno per le piccole e medie imprese, equivalenti a un punto del PIL. Molte cose sono inutili e non fanno che allungare i tempi necessari per prendere una decisione".

Si alza quindi il sipario sul programma e la squadra messi a punto da Emma Marcegaglia. La prima leader donna della grande lobby di viale dell'Astronomia dovrà essere pronta a sfide non facili: l'incubo della crescita zero, i rapporti con il sindacato, l'emergenza salari e la riforma dei contratti, su cui si è consumata recentemente una nuova rottura con Cgil, Cisl e Uil. Per affrontare questi impegni la Presidente ha in mente una Confindustria "forte, autonoma ed equidistante". Per affrontare questi impegni Marcegaglia farà affidamento su un gruppo d'imprenditori "che conoscono bene i temi dell'industria e dell'economia".

Tra i nomi, su cui finora è stato mantenuto uno stretto riserbo, spunta la conferma di Alberto Bombassei alle relazioni industriali. Verso il bis anche Andrea Moltrasio e Gianfelice Rocca. Sarà confermato, almeno per ora, anche il direttore generale Maurizio Beretta. Tra le new entry dovrebbero esserci, invece, Paolo Zegna, presidente del Sistema Moda Italia, Cesare Trevisani, presidente della Commissione Trasporti e logistica di Confindustria Emilia Romagna e Antonio Costato, leader degli industriali di Rovigo. Non è da escludere, poi, l'ingresso di Giorgio Squinzi, attuale presidente di Federchimica. La delega per il Mezzogiorno andrà a Cristiana Coppola, numero uno di Confindustria Campania ed erede della dinastia dei Coppola, gli speculatori edilizi che nel '64 diedero vita all'omonimo villaggio sul litorale domizio, una città interamente abusiva. Restano in squadra Giuseppe Morandini, alla guida della Piccola Industria, così come il successore di Matteo Colaninno ai Giovani.

L’agenda della Marcegaglia dovrebbe puntare ancora e in misura maggiore sulla competitività necessaria alle imprese e al Paese per risalire la china economica di questi anni. Un impegno che già Montezemolo aveva sintetizzato nel famoso slogan di sapore mafioso "fare sistema" e che Marcegaglia dovrebbe trasformare in: "Troviamo il sistema di fare". Fare, cioè, quello che deve essere fatto per il rilancio. Rilancio non dell’Italia, come qualcuno ingenuamente crede, ma degli introiti degli imprenditori, lasciando solo le briciole agli altri.

Emma Marcegaglia si dice infine fiduciosa per il made in Italy, che ha registrato buoni risultati all'export l'anno scorso, a patto però che l'euro non continui a battere record contro il dollaro. "Finora la BCE ha fatto bene a mantenere un'alta vigilanza sull'inflazione, ma sarebbe forse giunta l'ora di abbassare i tassi di interesse". È corretto puntare l'attenzione sulla BCE, ma non per chiedere la diminuzione dei tassi, bensì per chiedere il drastico aumento della base monetaria e la drastica riduzione del moltiplicatore bancario. La moneta "circolante", in Italia pari a poco più di 100 miliardi di euro, è intrinsecamente non onerosa e quindi non indebitante, mentre quella creditizia, prodotta con il moltiplicatore bancario, pari a circa 1200 miliardi di euro, è assai indebitante. La diminuzione dei tassi darebbe un sollievo apparente ed effimero, mentre la diminuzione del debito farebbe risollevare stabilmente l'intera economia. Ma forse questo particolare sfugge alla nuova Presidente di Confindustria, almeno per ora.

Il 21 maggio prossimo avverrà il vero e proprio passaggio di consegne tra la vecchia presidenza di Montezemolo e la nuova di Marcegaglia. Così come nella politica, anche nell'economia industriale avanza quel settore meno acculturato, più ignorante e più distante dalla società: un'altra casta si è formata, una casta di professionisti dello sfruttamento del lavoro e della vita privata lussuosa. Una casta che ha la potenza, economica ed imprenditoriale sufficiente per dettare ancora di più leggi e regole alla politica ed a qualunque governo. Per il proprio tornaconto privato. Anche se chiede ai governi sgravi fiscali, detassazioni e soldi pubblici per gli investimenti. E questo è solo l'inizio.


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