di Emenuela Pessina

BERLINO. Un lungo e travagliato corteggiamento per un matrimonio finale di portata storica: la Borsa di Francoforte (Germania del Sud) e la New York Stock Exchange (NYSE) Euronext statunitense si sono finalmente unite nel conglomerato azionario più grosso del mondo. E ora tutti gli occhi della finanza internazionale sono rivolti all’operazione; un affare che va a stravolgere  l’assetto globale del mondo della finanza e che, indirettamente, potrebbe aiutare a cambiare le regole del gioco.

L’assimilazione tra Deutsche Boerse di Francoforte e NYSE Euronext va a produrre un mostruoso complesso economico del valore combinato di 25.7 miliardi di dollari statunitensi: una cifra, inutile dirlo, che già di per sé garantisce al neogruppo un ruolo di predominanza nel panorama globale del mercato azionario. Anche perché, quando si parla di economia e denaro, ancor’oggi è valido il buon vecchio proverbio secondo cui “piove sempre sul bagnato”: più le Borse sono grandi, più attraggono gli investitori, in una spirale infinita e viziosa.

Inoltre, il nuovo complesso va ad ampliare fisicamente la portata delle due parti e le potenzialità che ne derivano. Deutsche Boerse e NYSE Euronext insieme avranno una base sulle piazze di Francoforte, Parigi, Amsterdam, Londra e New York, assicurandosi così la priorità sui principali appuntamenti economici di società europei e nordamericani. Senza dimenticare che l’operazione comporta una riorganizzazione della struttura interna delle parti, portando a licenziamenti strategici e a grandi risparmi per entrambe: si stima un risparmio di oltre 300 milioni di dollari.

Ulteriori tentativi di fusione tra Francoforte e New York erano già stati fatti qualche anno fa, più in particolare nel 2008 e nel 2009, ma si risolsero in un nulla di fatto: preoccupata di diventare una succursale europea di NYSE, la Borsa di Francoforte avrebbe interrotto le trattative perché in possesso di meno capitale rispetto alla corrispondente statunitense. In realtà, qualcuno già sospettava che le trattative non fossero mai state interrotte e che avessero portato lentamente, e per vie tortuose, al momento del deal vero e proprio, all’operazione di portata storica conclusasi ieri.

E, in effetti, questa volta i rumors erano molto più energici che in passato: per la prima volta, Francoforte e New York avevavo confermato esplicitamente lo “stato avanzato delle contrattazioni”. Senza dimenticare che le indiscrezioni sono arrivate alla stampa più autorevole di tutto il mondo già settimana scorsa, nonostante il carattere segreto delle trattative, tanto confidenziale da essere degno delle più misteriose cospirazioni.

Certo, com’è d’uso, il mondo della finanza avrebbe preferito lasciar trapelare la notizia a cose fatte. L’accordo ancora non c’è, si affrettavano a spiegare a New York, dove la preoccupazione degli operatori di Borsa è ora soprattutto di natura politica. Deutsche Boerse e NYSE Euronext volevano unirsi in una nuova società paritaria in cui i due partner hanno lo stesso potere decisionale. Di fatto, però, i tedeschi possiedono il 60% del capitale di mercato e vanno a rappresentare la maggioranza, assumendosi così il ruolo predominante.

In poche parole, l’affare significa per gli Stati Uniti il naufragio di una bandiera, perché NYSE Euronext rappresenta il simbolo del capitalismo nordamericano e già la prospettiva della fusione aveva suscitato il panico tra gli investitori della Big Board. “Se come americani crediamo nel mercato libero - aveva provato a giustificare Ron Paul, deputato conservatore della House of Representatives degli Stati Uniti - non possiamo essere contrari all’assimilazione”. Eppure la tensione c’è, e si sente.

La stampa tedesca aveva già fatto notare che, da sola, la Borsa di NYSE Euronext non aveva futuro perché il suo mercato va contraendosi sempre di più. Per il quarto trimestre 2010, NYSE ha registrato un guadagno in calo del 21% rispetto allo stesso trimestre dell’anno prima, soprattutto a causa del rafforzamento del dollaro sulle altre monete e alla diminuzione del volume d’affari sui due continenti. E i bilanci, per l’economia, significano più di ogni dichiarazione, anche oltreoceano.

Ma, soprattutto, l’operazione costringe ora il mondo a focalizzare l’attenzione su una nuova tendenza del mercato globale. Le tradizionali piazze nazionali sembrano destinate a un’esistenza difficile causa la crudele concorrenza delle piattaforme virtuali: le multinazionali dei mercati finanziari - di cui Francoforte e NYSE unite sono il più mastodontico esempio - potrebbero rappresentare per loro l’unica via di sopravvivenza. Tant’è vero che il matrimonio tra Francoforte e NYSE Euonext fa passare in secondo piano, per la sua grandezza, tutte le precedenti unioni di questo tipo. Come nelle ere più arcaiche, è la grandezza a fare paura ai nemici e a dare fiducia ai cortigiani.

La fusione internazionale di diverse piazze nazionali, inoltre, potrebbe aiutare garantire una maggiore trasparenza nelle operazioni. Durante la crisi si è manifestato uno dei punti deboli fondamentali della finanza, e cioè un sistema di mercato globale e interdipendente costretto a regole nazionali spesso in disaccordo tra loro.

Come in un domino, i problemi di ogni singola nazione sono diventati i problemi delle altre: un controllo più severo è però stato impedito dalle divergenze tra i singoli Governi. La fusione tra Francoforte e NYSE potrebbe costringere i due mercati ad approvare un regolamento comune di là degli interessi singoli. E così per eventuali altre fusioni, magari quelle delle piazze asiatiche. Il matrimonio è ormai cosa fatta: tutto il resto, forse, è fantafinanza. O forse l’inizio di una sua nuova fase..

 

Pin It

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy