di Giuliano Luongo

Come il cittadino medio italiano da tempo, l’elemento di appeal tragicomico nazionale ed internazionale del nostro governo non è identificabile solo nella figura dell’inossidabile Premier, ma anche nel brillante Ministro dalla voce bianca, Giulio Tremonti. Sorvoliamo sulle opinioni riguardanti le competenze strettamente tecniche di questo personaggio per concentrarci su di una serie di eventi recenti: il suo ruolo nell’affannosa ricerca per un successore al seggio della presidenza della Banca Centrale Europea, ancora per poco fortemente riscaldato dal b-side di Jean-Claude Trichet.

Ebbene, nonostante da tempo siano più che note le frizioni tra il Ministro ed il Governatore della Banca d’Italia Mario Draghi, di recente la scelta sul candidato da supportare alla nomina alla BCE è ricaduta proprio sul buon Draghi. Sono state ventilate numerose perplessità sulle ragioni questo “cambio di umore” così apparentemente repentino, perplessità divenute certezze - o quasi - dopo le ultime rivelazioni a firma dell’ormai onnipresente Wikileaks. Non rimane dunque che cercare di riportare i fatti per un almeno vago ordine cronologico onde riuscire a trovare il bandolo della matassa di questa vicenda.

E’ indubbio il fatto che gran parte dei politici vicini all’area berlusconiana abbiano problemi gravi di coabitazione con qualsivoglia altra carica pubblica e/o amministrativa: mantenendoci circoscritti alle vicende del buon Giulietto, ci basti ricordare di sfuggita (onde evitare l’autolesionismo) la convivenza assolutamente non pacifica tra Tremonti e l’allora Governatore Fazio, con i loro siparietti all’insegna del patetico al Fondo Monetario Internazionale. Seppur con i debiti e dovuti cambiamenti di situazione generale, la pace nel “territorio comune” economico condiviso dal Ministero dell’Economia e dalla banca centrale nostrana non è stata ottenuta nemmeno con il cambiamento al vertice di quest’ultima.

La convivenza Tremonti-Draghi non è mai stata né tranquilla né piacevole: le posizioni dei due economisti, seppur di stampo marcatamente liberale, hanno sempre avuto grosse differenze di interpretazione della politica economica e delle funzioni degli enti economici internazionali. Il crescente ruolo di Draghi nel G20 e la sua buona reputazione internazionale - non si dimentichino i complimenti ricevuti da Trichet in persona qualche anno fa - ne hanno fatto un “coinquilino” ingombrante per Tremonti nell’ambito del policy making italiota.

Spesso lo stesso governo che dava il lavoro a Tremonti ha dovuto riportare all’ordine il fiero Ministro, reo di aver attaccato in più occasioni il rivale della banca centrale riguardo questioni più o meno tecniche. Molti analisti, già a metà 2008, si interrogavano sul modo in cui un paese che volesse crescere - o almeno avere una situazione economica non ridicola - potesse permettersi di avere una tale situazione di conflitto: conflitto nel quale, si badi, la parte “offendente” era sempre quella del Ministro, opposto ad un Governatore dotato di un aplomb più che britannico. Alcuni ventilarono addirittura l’ipotesi di una sorta di timore da parte di Tremonti del “perdere la poltrona” in favore di Draghi.

Ed invece, nonostante queste basi alquanto discutibili, circa dieci giorni fa c’è stata la dichiarazione bomba: il Ministro Tremonti esprime pubblicamente il suo appoggio alla corsa di Mario Draghi alla poltrona di dirigente della Banca Centrale Europea. Stupore generale…per circa un quarto d’ora. Già senza conoscere particolari altarini nascosti nelle carte segrete della diplomazia ancor più segreta, salta all’occhio un particolare: far andare Draghi in Europa non significa solo dare prestigio all’Italia nel continente eccetera eccetera, ma significa soprattutto non avere Draghi medesimo tra i piedi nel giro di poltrone dell’Italia economica che conta, lasciando libero un posticino per un qualche nuovo personaggio vicino alle amicizie del professore pavese.

Volendo esser maligni fino e in fondo, si può notare questo schema: Giuseppe Vegas, divenuto di recente il numero uno della Consob, è un uomo vicino a Tremonti - anche di poltrona - in quanto Vice Ministro dell’Economia; la nomina di Giuseppe Mussari al vertice dell’ABI nasconde la manina del professore dai tondi occhiali; a voler essere proprio puntigliosi, anche un grande nome del gruppo S. Paolo, come Corrado Passera si dice che abbia buoni rapporti con Tremonti.

Non è dunque difficile accorgersi di come l’attuale Ministro dell’Economia oggettivamente…“amministri” l’economia del paese, con una fitta rete di contatti ormai con i vertici di operatori pubblici e privati. L’unica sedia ancora “nemica” - o quantomeno “avversaria” - è proprio quella di Draghi, e pertanto farlo decollare per Francoforte non sarebbe una cattiva idea, facendo cogliere i tipici due piccioni con l’arcinota fava: Tremonti fa bella figura come Ministro europeista e attento all’immagine dell’Italia (mentre il Premier si divide tra galere e proroghe), e in più si spiana la strada all’occupazione del ruolo istituzionale economico più importante accanto a quello dello stesso Ministro dell’Economia.

E a dirla tutta, anche gli stessi rapporti Tremonti - Berlusconi entrano in gioco di prepotenza in questo schema, grazie ormai anche alle sempre provvidenziali rivelazioni di Wikileaks. Di base, sappiamo che in più di un’occasione il Ministro si è mostrato molto vicino alle posizioni della Lega, che ha ricambiato la cortesia elogiando più volte Tremonti per le posizioni prese: questa situazione ha portato molti a pensare che, in un ipotetico prossimo governo a “trazione leghista”, Tremonti possa essere il sostituto di sua maestà Silvio I.

E qui, come anticipato prima, arriva la scoperta di Wikileaks: dai cablo americani risulta che, visto il giro di “amicizie” scomode di Berlusconi (si pensi alle discutibili liaisons con tutti i dittatori africani e post-sovietici, più che alle bagasce), un potenziale nuovo leader italiano sarebbe più gradito a Washington. E questo nuovo leader potrebbe essere Tremonti o…Draghi. Dunque, meglio mandare il calmo Mario alla BCE, così in Padania si sta più tranquilli.

Riassumendo, come prevedibile, siamo di fronte all’ennesimo tentativo di colonizzazione delle cariche da parte di un centrodestra pigliatutto e accaparratore, che si caratterizza in base alla sua sotto-fazione più estremista e populista. Dalla “casta” al governo degliriformatori, è solo questione di tempo: l’ex Bel Paese è sempre più sulla via di diventare una “provincia” dell’inesistente Padania, e l’attuale gioco delle sedie con il Ministero dell’Economia come fulcro è solo l’ennesimo passo avanti verso la mortificazione della politica nazionale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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