di Mariavittoria Orsolato

Con un ritardo di quasi cinquant'anni sul vaticinio di Bob Dylan, possiamo affermare con la quasi assoluta certezza che “i tempi stanno cambiando”. La Svizzera, patria universalmente riconosciuta della finanza e delle sue ombre, sarà infatti il primo Paese al mondo a porre un tetto agli stipendi multimilionari dei super-manager di banche e aziende. Lo ha deciso ieri un referendum di iniziativa popolare, promosso dal deputato indipendente Thomas Minder, che ha conquistato praticamente un plebiscito in tutti e 26 i cantoni svizzeri.

Il 67.9% dei cittadini chiamati alle urne ha infatti votato a favore della proposta di legge per ridimensionare i bonus elargiti ai top manager delle aziende elvetiche ed ora, stando a quanto affermano i detrattori, la Svizzera si sarebbe dotata del diritto societario “più rigido del mondo”.

La bozza di legge riguarda solo le aziende svizzere quotate alla borsa nazionale o in quelle straniere: limita ad un anno il mandato dei membri del consiglio d’amministrazione, vieta alcuni tipi di compensi, compresi i bonus milionari quando i manager lasciano le società. Vieta inoltre i bonus in caso di acquisizioni e vendita di parte del business. Gli svizzeri hanno deciso che saranno gli azionisti, e non gli stessi manager, a decidere sui compensi ma, stando a quanto afferma il promotore del referendum , «per ora si è vinta solo una battaglia».

Ora infatti nel parlamento elvetico ne comincerà necessariamente un'altra per l'applicazione del testo costituzionale che dovrebbe rafforzare i diritti degli azionisti e limitare compensi esorbitanti per i manager. E i deputati non paiono affatto coesi come invece lo è la popolazione che rappresentano.

Il successo di Minder, fino a poco tempo fa anonimo parlamentare eletto a Schaffhausen, ha infatti dell'incredibile: la sua proposta di legge si è affermata nonostante la contrarietà di tutti i principali partiti elvetici, della Confindustria locale e dell’establishment bancario. La sua crociata contro i mega stipendi aveva preso avvio infatti cinque anni fa, quando vennero depositate le 100.000 firme necessarie alla promozione del referendum, ma la strenua opposizione della politica istituzionale ha fatto sì che il processo democratico assumesse tempi biblici e che Minder guadagnasse il soprannome di “Robin Hood dei piccoli azionisti”.

Il parlamentare, che di professione fa il piccolo imprenditore, aveva cominciato a raccogliere le firme necessarie alla consultazione in completa solitudine politica dopo che era scoppiato lo scandalo della Swissair; la compagnia di bandiera elvetica era infatti fallita nel 2001 ma al suo amministratore delegato Mario Croci era stato concesso un bonus di 12 milioni di franchi. Stesso copione nel 2008 ai vertici della Ubs, la principale banca svizzera allora alle prese con un buco da 2,7 miliardi: lo Stato era intervenuto in soccorso del colosso finanziario ma 50 milioni di franchi era stati buttati in premi ai suoi amministratori. A favorire Minder, nelle ultime settimane, anche l’appoggio inatteso creato dalla polemica sul “caso Vasella”.

Secondo i commentatori, però, a dare la spinta decisiva alla proposta di legge è stata la recente vicenda che ha interessato l’ex presidente della casa farmaceutica Novartis, Daniel Vasella. Il top manager ha guadagnato 15 milioni di franchi svizzeri (12 milioni di euro) nel solo 2011 e, lasciando l’azienda di cui era al timone dal 1996, avrebbe dovuto ricevere un indennizzo di 72 milioni di franchi svizzeri (59 milioni di euro circa), dilazionati in sei anni purché non fosse andato a lavorare per la concorrenza.

Vasella alla fine ha pubblicamente rinunciato ai pantagruelici emolumenti, ma ormai la polemica era esplosa in tutti i Cantoni. A montare l'astio della popolazione contro “i gatti grassi” - così sono state definite le elites finanziarie e industriali elvetiche - anche le somme guadagnate da altri top manager: i 12,5 milioni di franchi svizzeri per Severin Schwan, boss della Roche, gli 11,2 milioni (9 milioni di euro) di Paul Bulcke della Nestlé o i 10 milioni (8 milioni di euro) di Ernst Tanner, capo del gruppo cioccolatiero Lindt. Secondo i promotori della consultazione, le enormi somme iscritte a bilancio mostrano chiaramente che le società hanno perso il controllo sulle retribuzioni dei loro “capitani” e, se la bozza di legge dovesse essere approvata dal Parlamento nel 2014, la dieta dei “gatti grassi” dovrebbe essere decisamente ridimensionata.

Gli elettori svizzeri sono stati chiamati contestualmente ad esprimersi su altri due quesiti. Il primo riguardava la revisione della legge sulla pianificazione del territorio (LPT), che prevede condizioni severe per classificare i terreni come zona edificabile, è passato con il 62,9% dei consensi, mentre il “Röstigraben” - l'immaginaria barriera culturale che divide la Svizzera romanza da quella germanofona e che storicamente ne delinea le abitudini di voto -, ha invece affossato il terzo oggetto in votazione, l'articolo costituzionale sulla politica familiare.

La proposta di legge voleva far sì che Confederazione e Cantoni promuovessero misure per permettere di conciliare la vita famigliare all'attività professionale o alla formazione, ma la natura costituzionale del quesito - che prevede la maggioranza non solo dei voti complessivi ma anche quella dei Cantoni - non ha fatto sì che la proposta passasse.





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