di Carlo Musilli

Jyrki Katainen non parla a nome dell'Europa, ma non è nemmeno uno sparuto e isolato commentatore. Da poco nominato commissario agli Affari economici e monetari dell'Ue, carica che ricoprirà pro tempore (ma con il rischio d'impiantarsi stabilmente da novembre), il simpatico falco della Finlandia ha iniziato il suo mandato sparando contro il nostro Paese: "La cosa più importante per l'Italia, che da anni si avvicina sempre di più all'abisso, è attuare le riforme promesse dagli ultimi governi", ha detto in un'intervista pubblicata ieri sul sito del quotidiano tedesco Die Welt.

Secondo Katainen, "il dibattito in corso è sbagliato", parlare di flessibilità è "pericoloso" e bisogna "evitare qualsiasi ipotesi sulla possibilità di trovare un modo di eludere" il Patto di stabilità. I due precedenti governi italiani "hanno varato importanti riforme - ha aggiunto il neocommissario - e l'attuale esecutivo ha obiettivi ambiziosi, ma sarebbe di aiuto se realizzasse ciò su cui ha trovato un accordo". Come a dire: lavorate per rispettare il Fiscal compact e smettetela di farci perdere tempo parlando di flessibilità delle regole.

Il governo italiano ha replicato per bocca di Sandro Gozi, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all'Ue: "Con tutto il rispetto per Katainen - ha detto -, ciò che è giusto e ciò che è sbagliato in Europa non lo dice il commissario pro tempore finlandese, ma il Consiglio dell'Unione, che ha parlato chiaro su crescita e flessibilità: di solo rigore l'Europa non campa".

Fonti di Palazzo Chigi hanno poi aggiunto che "l'Italia ha il massimo rispetto della Commissione, rispetta e rispetterà tutti gli accordi. Ma la linea della sola austerità non porta da nessuna parte. E non è la linea del consiglio europeo che ha licenziato un documento programmatico che parla di rigore e crescita e flessibilità insieme. Portiamo in Europa milioni di voti e miliardi di euro. Non siamo scolaretti indisciplinati, ciò che fa l'Italia - le riforme su cui siamo impegnati dal primo giorno - lo decide il popolo italiano, non certo il temporaneo commissario finlandese".

In effetti, il problema non è Katainen in sé - che un finlandese sputi sentenze ottusamente rigoriste non è una sorpresa per nessuno - ma lo stesso Consiglio europeo. Nel corso della loro riunione di fine giugno, è vero che i capi di Stato e di Governo hanno parlato di crescita e flessibilità - come ricorda Gozi - ma purtroppo lo hanno fatto in termini che piacciono più a Katainen che a noi. Nelle conclusioni del vertice si ribadisce l'impegno a rispettare il Fiscal Compact e di flessibilità si parla solo in termini assai vaghi, precisando però in modo chiarissimo che ogni deroga agli accordi sottoscritti è esclusa. I margini di manovra in questione sono quelli già contenuti nel Patto di Stabilità, dunque, per quanto positivi, non potranno mai rappresentare una vera svolta nella politica economica europea.

In particolare, l’ipotesi principale sul tavolo prevede di scorporare dal computo del deficit gli investimenti a sostegno dei progetti in regime di cofinanziamento con l’Unione europea. Una misura che andrebbe a vantaggio di tutti i Paesi (incluse Germania e Finlandia), non soltanto di quelli più in difficoltà, e che ancora non si capisce in che modo possa essere legata all'attuazione delle riforme strutturali.

Il quadro non è migliorato con l'Ecofin dello scorso 7 luglio, durante il quale i ministri delle Finanze dell'Unione non sono addivenuti ad alcuna definizione comune del concetto di flessibilità (su cui si tornerà a discutere soltanto dopo l'estate). Hanno invece ratificato le raccomandazioni sull'Italia elaborate a maggio dalla Commissione e poi irrigidite nel percorso verso l'approvazione definitiva. Nel testo, di fatto, si chiede una manovra correttiva - che il governo Renzi rifiuta categoricamente - rispedendo al mittente la richiesta di spostare al 2016 il termine per il pareggio di bilancio e avvicinando la possibilità di una procedura per debito eccessivo che da metà dell'anno prossimo rischia di azzerare la capacità di azione dell'Esecutivo di Roma.

Non è detto che questa prospettiva si realizzi, perché prima di aprire una procedura si potrebbe tener conto anche delle riforme e della crescita (su cui venerdì Bankitalia ha rivisto le stime, abbassando a +0,2% l'incremento del Pil previsto per quest'anno e alzando a +1,3% quello per il 2015). Ma anche se riuscissimo a scongiurare questa prospettiva, dal 2016 il Fiscal Compact ci imporrebbe comunque di ridurre di un ventesimo l'anno la quota di debito pubblico eccedente il 60% del Pil (oggi è oltre il 130%). Flessibilità per noi vorrà dire anche cercare di diluire nel tempo questo impegno quasi impossibile da sostenere. Nella speranza che, con il tempo, Katainen non diventi Cassandra.     

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