In uno dei momenti più drammatici nella storia della Repubblica, il governo rischia di cadere per uno dei motivi più stupidi di sempre. L’avversione del Movimento 5 Stelle per il Meccanismo europeo di stabilità, meglio conosciuto come fondo salva Stati. Mercoledì il Senato (dove i numeri della maggioranza sono più risicati) è chiamato ad approvare la riforma europea del Mes, che l’Italia - a causa dei grillini - tiene in sospeso da oltre un anno, bloccando su questo fronte l’intera Unione europea. La questione non ha nulla a che vedere con l’utilizzo o meno del Mes sanitario, il fondo d’emergenza varato la scorsa primavera in funzione anti-Covid e che potrebbe garantire all’Italia circa 37 miliardi.

 

Purtroppo, una buona fetta dei pentastellati ritiene che l’elettorato grillino non sarebbe in grado di capire la differenza. Dare il via libera alla riforma europea, quindi, sarebbe vissuto come un cedimento mortale su una delle battaglie storiche del Movimento e in molti lo vedrebbero come il primo passo verso l’attivazione del prestito da 37 miliardi. Che però, lo ripetiamo, non c’entra nulla.

Vediamo di capire meglio. La riforma prevede sostanzialmente un allargamento delle competenze del Mes, che potrà finanziare non solo gli Stati (direttamente), ma anche il Fondo di risoluzione unico per le banche. Questa clausola si chiama common backstop ed è considerata una vittoria dal governo italiano, perché rappresenta un’ulteriore rete di sicurezza per il sistema creditizio. Una sorta di "paracadute del paracadute", che scatta quando il Fondo di risoluzione delle crisi bancarie è già intervenuto e non ha più abbastanza soldi in pancia. Il che presuppone che sia già stato applicato il bail-in (cioè il coinvolgimento dei capitali privati della banca) e che la banca in crisi sia di rilevanza sistemica (e quindi vigilata dalla Bce).

Quanto ai finanziamenti diretti agli Stati, la riforma del Mes stabilisce che i governi potranno chiedere linee di credito precauzionali senza concordare misure economiche con il Fondo, ma soltanto se il loro Paese rispetta i parametri di Maastricht: rapporto deficit/Pil inferiore al 3%, rapporto debito/Pil al 60% o in riduzione di 1/20 annuo all’anno della parte superiore al 60%, assenza di vulnerabilità e squilibri nel settore finanziario. L’Italia, come altri nove Paesi, non rispetta questi parametri e potrebbe incassare i prestiti del Mes soltanto firmando un memorandum d’intesa. Com’è sempre stato.

Il punto è che l’Italia non può continuare a bloccare questa riforma. Sia perché siamo stati noi a insistere per l’inserimento del backstop, sia perché il nostro Paese è di gran lunga il principale beneficiario del Recovery Fund, da cui riceverà 209 miliardi su 750. È intuitivo che se bloccassimo una riforma europea per ragioni ideologiche daremmo ragione ai Paesi che ci additano come partner inaffidabili. E, visto che il via libera europeo sul Recovery Fund ancora deve arrivare, il pericolo di non vedere mai quei 209 miliardi si farebbe più concreto.

D’altra parte, la discussione sul Mes è in realtà solo un pretesto dietro cui si nasconde la frattura politica del Movimento 5 Stelle. Da una parte ci sono i grillini governativi, capitanati da Di Maio, che rassicurano sulla tenuta della maggioranza in aula. Dall’altra i dissidenti, aizzati da Di Battista e coordinati da Casaleggio, che tramano nell’ombra per creare un nuovo partito (o movimento) ben più sovranista e populista di quello dimaiano.

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