A meno di uno scostamento di bilancio consistente, che non sembra voler fare per non indispettire Bruxelles e i mercati, Giorgia Meloni non ha soldi per fare praticamente nulla nella prossima legge di bilancio. I dieci miliardi di tesoretto ereditati dal governo Draghi sono già impegnati per prorogare le misure contro il caro bollette e i rincari dei carburanti, per cui non ci sarà alcuno spazio per le misure spot della campagna elettorale, come una vera riforma delle pensioni o una vera flat tax. Sgombrato il campo dalla possibilità di interventi di ampio respiro, che del resto nessuno nella maggioranza avrebbe mai saputo come realizzare, quello che rimane è ciò che più caratterizza da sempre la politica economica della destra italiana: favori e mance agli evasori e alla criminalità più o meno organizzata.

 

Non si può definire in altro modo la proposta strombazzata da Matteo Salvini di alzare da duemila a 10mila euro la soglia entro la quale sono autorizzati i pagamenti in contanti. Un accordo nella maggioranza su dove spingere l’asticella ancora non c’è – sembra che Fratelli d’Italia preferirebbe qualcosa di meno sguaiato, intorno ai 5mila euro – ma sul concetto di fondo non ci sono fratture. Se un papà vuole dare come paghetta al proprio pargolo 50 banconote da 100 euro, vogliamo essere così crudeli da impedirglielo? Con questa, le modifiche al tetto ai contanti arriveranno a 10 negli ultimi 20 anni e a sei negli ultimi 10. A inizio 2022, la soglia è scesa da 2 mila a mille euro per poi tornare a 2 mila a febbraio su richiesta del centrodestra. E nel 2023 sarebbe dovuta tornare a mille, il livello fissato nel 2011 dal governo Monti, poi alzato a 3mila da Renzi.

Per giustificarsi, Meloni ha detto in Senato che non ci sono legami tra l'aumento del tetto al contante e l'evasione. La Premier ha citato l’improvvido Pier Carlo Padoan, che disse questa buffonata nel 2015 in quanto ministro del governo Renzi, salvo poi tornare sui propri passi una volta dismessi i panni istituzionali (e indossati quelli assai più comodi da presidente di Unicredit). Per smentire questa sciocchezza, in teoria, dovrebbe bastare il buon senso. Ma siccome non è qualità diffusa, si può ricorrere anche a uno studio di un anno fa targato Banca d’Italia, in cui si dimostra che “un aumento di un punto percentuale nell’utilizzo del contante si traduce, a parità di altre condizioni, in un aumento della quota di valore aggiunto dell’economia sommersa compreso tra 0,8 e 1,8 punti percentuali, e la decisione di aumentare il tetto al contante da 1.000 a 3.000 euro per aumentare la spesa ha avuto l’effetto collaterale di spostare la stessa quota (di economia sommersa, ndr ) verso l’alto di circa 0,5 punti percentuali”. Tanto per intendersi, il titolo dello studio era “Pecunia olet”.

La seconda mossa che dobbiamo aspettarci dalla Melanomics viene chiamata in diversi modi: pace fiscale, tregua fiscale, regolarizzazione o rottamazione delle cartelle esattoriali. Tutti simpatici eufemismi per evitare di pronunciare le uniche due parole oneste: condono fiscale. Un altro, l’ennesimo. Tanto per convincere ancora di più gli evasori italiani (che per numero non temono confronti in Europa) che pagare le tasse in questo Paese è proprio una scelta da pappamolle sfigati, visto che basta avere la pazienza di aspettare e prima o poi un condono piccolo o grande arriva sempre. Stavolta, tra i possibili interventi ci sarebbe lo stralcio integrale delle mini-cartelle per tasse e multe con importi tra 1.000 e 2.000 euro, sulla scia di quanto fatto dagli ultimi due governi. Mentre per i debiti fiscali superiori sarebbe in arrivo una nuova rottamazione che consentirebbe di pagare le cartelle con interessi e more più bassi e in modo dilazionato.

Infine, il terzo e ultimo capitolo della Melanomics riguarda la flat tax. Con buona pace dei gonzi che c’erano cascati anche stavolta, la favola dell’aliquota unica (al 23%, come proposto da Berlusconi, o addirittura al 15%, come vagheggiato da Salvini) rimarrà per sempre dov’è nata e cresciuta: nel mondo dei sogni. L’unico contentino che Meloni potrà verosimilmente dare ai suoi alleati è un’estensione della tassa piatta per le partite Iva in regime forfettario, alzando il tetto di fatturato da 65 mila a 100 mila euro, mentre per gli altri contribuenti sarebbe prevista solo un'aliquota sull'incremento di reddito rispetto al massimo raggiunto nel triennio precedente. Due interventi che andranno a vantaggio delle fasce più ricche della popolazione. Le stesse che, finalmente, potranno girare in santa pace con le loro belle valigette piene di contanti.

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