A un anno esatto dalle esplosioni che hanno distrutto una parte del gasdotto Nord Stream nel Mar Baltico, il veterano giornalista investigativo americano Seymour Hersh è tornato a pubblicare un’esclusiva sull’argomento, che chiarisce ancora di più i contorni delle responsabilità dell’amministrazione Biden e l’incredibile comportamento del cancelliere tedesco, Olaf Scholz. L’86enne Hersh, in un articolo pubblicato sul suo account ospitato dalla piattaforma Substack, ha approfondito le vicende che precedettero il clamoroso sabotaggio e le manovre per mettere in piedi la squadra incaricata dell’operazione, portando alla luce le vere ragioni della decisione di Biden, da collegare, più che alla “aggressione” russa dell’Ucraina, alle mire strategiche di Washington nell’ambito delle relazioni transatlantiche.

 

L’anello debole di un piano segretissimo e che ha tutti i connotati dell’atto terroristico, spiega Hersh, è rappresentato dall’equivoco tra la Casa Bianca da un lato e i pianificatori e gli esecutori materiali della missione dall’altra circa le motivazioni alla base della decisione del presidente americano. O, per meglio dire, dalla volontà di quest’ultimo di non rivelarne l’obiettivo primario all’unità speciale inviata nel Mar Baltico a piazzare l’esplosivo, in collaborazione con le forze speciali norvegesi.

L’indagine di Hersh inizia alla fine del 2021 con una serie di incontri tra i responsabili della “sicurezza nazionale” USA, preoccupati per l’ammassamento di militari russi al confine con l’Ucraina in previsione di un’invasione. La “sfida” lanciata dall’amministrazione Biden alla comunità di intelligence era ufficialmente di studiare un piano che, una volta attuato, costituisse un “deterrente” per il Cremlino e mostrasse nel contempo le “capacità” degli Stati Uniti. Per la fonte di Hersh, la scelta del Nord Stream fu avanzata dalla Casa Bianca e, delle decine di gasdotti utilizzati dalla Russia, quello che la collega con la Germania era l’opzione più favorevole perché più facilmente accessibile. Inoltre, una missione di sabotaggio nel Mar Baltico dava la possibilità di operare senza lasciare tracce.

In definitiva, per la CIA era un dato acquisito che l’amministrazione Biden intendeva far saltare il Nord Stream per “evitare la guerra” in Ucraina. A sostegno di questa interpretazione vi erano state anche alcune dichiarazioni rilasciate a inizio 2022 da esponenti di spicco del governo, tra cui lo stesso presidente. Biden, addirittura, in una conferenza stampa con Scholz il 7 febbraio aveva affermato senza mezzi termini che, se Mosca avesse invaso l’Ucraina, non ci sarebbe più stato nessun Nord Stream, perché gli Stati Uniti avrebbero “messo fine” al gasdotto. Alla domanda su come Washington avrebbe fatto, visto che l’impianto era sotto il controllo della Germania, Biden aveva risposto semplicemente con la promessa che la Casa Bianca sarebbe stata “in grado di farlo”.

Rivelatrice era stata in quel caso la presenza a fianco del presidente americano del cancelliere tedesco, visto che, a ben vedere, le minacce di Biden erano dirette non tanto contro Putin quanto piuttosto contro gli interessi economico-strategici di Berlino. Stesso discorso vale per un’altra dichiarazione pubblica sull’argomento citata da Seymour Hersh, questa volta della vice-segretaria di Stato, Victoria Nuland. Quest’ultima a fine gennaio 2022 aveva anch’essa avvertito Mosca che, in caso di invasione dell’Ucraina, “in un modo o nell’altro il Nord Stream 2 verrà fermato”.

Hersh ricorda che le parole della Nuland avevano sollevato molte perplessità tra la stampa internazionale, dal momento che sembrava non fossero state prese in considerazione le opinioni della Germania su una questione a dir poco esplosiva. Nello stesso comunicato della Nuland, prima della minaccia esplicita contro il Nord Stream, si affermava però che Washington e Berlino continuavano “ad avere un dialogo franco” riguardo il gasdotto russo-tedesco. L’impressione era dunque che il governo Scholz fosse tutt’altro che all’oscuro dei piani della Casa Bianca. Infatti, nella citata conferenza stampa con Biden dei primi di febbraio 2022, a proposito del Nord Stream, Scholz assicurava che i due alleati stavano “agendo di comune accordo”.

La conclusione logica sembra essere solo una, anche se difficile da credere, sostiene Hersh. Scholz era cioè “perfettamente al corrente dei piani segreti allo studio per distruggere i gasdotti” che, di fatto, garantivano al suo paese energia a basso costo per alimentare la locomotiva economica tedesca. Di ciò ne erano convinti anche i membri del team della CIA che stavano preparando la missione distruttiva nel Mar Baltico su ordine della Casa Bianca.

Dopo questa conferenza stampa e nonostante le minacce di Biden, agli incaricati dell’operazione venne comunicato che l’esplosione non sarebbe avvenuta nell’immediato, ma la squadra avrebbe dovuto tenersi pronta ad agire “on demand”, ovvero “dopo l’inizio della guerra”. La fonte anonima di Hersh afferma così che, “in quel momento”, cioè all’inizio dell’operazione speciale russa, “il gruppo ristretto di uomini, che stava lavorando [all’operazione] a Oslo con la marina militare e le forze speciali norvegesi, comprese che l’attacco ai gasdotti non era un deterrente”, poiché “quando la guerra iniziò non ci era ancora stato dato l’ordine” di agire.

Il punto cruciale della nuova indagine di Hersh prende forma sempre dalle parole del suo contatto nell’apparato della sicurezza USA. “Ci rendemmo conto”, spiega quest’ultimo, “che la distruzione dei due gasdotti russi non aveva a che fare con la guerra in Ucraina – Putin stava per annettere le quattro province ucraine che voleva – ma faceva parte di un piano politico ‘neo-con’ per evitare che Scholz e la Germania, all’avvicinarsi dell’inverno e con i gasdotti chiusi, si facessero prendere dal panico e finissero per riattivare” gli impianti del Nord Stream. La Casa Bianca temeva che “Putin tenesse in pugno la Germania”.

Una spiegazione più chiara dell’intera questione la offre lo stesso Hersh alla fine del suo articolo. L’amministrazione Biden è responsabile dell’esplosione dei gasdotti, “ma l’operazione c’entrava poco o nulla con l’obiettivo di vincere o fermare la guerra in Ucraina”. Fu piuttosto la conseguenza dei “timori della Casa Bianca che la Germania potesse vacillare e riaprire i rubinetti del gas russo”. Se così fosse accaduto, la Germania e gli altri paesi NATO, “per ragioni di carattere economico, sarebbero finiti sotto l’influenza russa”, grazie alla disponibilità di vastissime risorse energetiche a basso costo. Da ciò deriva la più grande paura, che “l’America perda il suo tradizionale dominio sull’Europa occidentale”.

Biden, in altre parole, temeva che, viste le conseguenze disastrose per l’Europa delle politiche suicide anti-russe decise a Washington, da Berlino potesse partire un impulso per lo sganciamento dagli Stati Uniti che conducesse a una risoluzione diplomatica prematura del conflitto in Ucraina, con tutte le conseguenze facilmente ipotizzabili riguardo lo sfaldamento della NATO e le relazioni transatlantiche. La Casa Bianca decise così di pianificare un attacco terroristico contro gli interessi di uno dei suoi principali alleati, distruggendo un’infrastruttura strategicamente fondamentale per impedire o rendere molto complicato il ristabilimento di legami economici ed energetici con la Russia.

L’aspetto forse più sconvolgente, da quanto emerge dal racconto di Hersh, è che lo stesso capo del governo tedesco era a conoscenza dei piani americani per sabotare letteralmente il proprio paese e, invece di opporsi, li ha avallati, mantenendo il silenzio sia prima dei fatti sia a distanza di un anno dall’accaduto. Intanto, assieme all’autonomia strategica, la Germania sta perdendo rapidamente il proprio peso economico sul piano europeo e internazionale, mentre, come ricorda Hersh, “l’inverno scorso le autorità tedesche hanno stanziato 286 miliardi di dollari in sussidi a compagnie e utenti per far fronte ai rincari dell’energia”. L’impatto delle decisioni prese a Washington, così come a Berlino, “si fa sentire tuttora, con un inverno gelido alle porte nel continente europeo”.

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