I bombardamenti indiscriminati di Israele sulla striscia di Gaza continuano a incontrare la più o meno aperta approvazione di quasi tutto lo spettro politico occidentale. Anche i partiti teoricamente di sinistra o centro-sinistra si sono uniti al coro dei sostenitori dello stato ebraico e del diritto all’auto-difesa, nonostante quest’ultimo sia come al solito diventato da subito un atto di “punizione collettiva”, ovvero un crimine di guerra codificato dal diritto internazionale. Questa dinamica risulta evidente soprattutto in Gran Bretagna, dove, a fronte di un ampio sostegno popolare per i palestinesi, la leadership attuale del Partito Laburista ha accelerato la svolta anti-democratica degli ultimi anni con una campagna ultra-repressiva diretta contro chiunque intenda esprimere una qualche forma di solidarietà agli abitanti di Gaza.

 

Le manovre laburiste sotto la direzione di Keir Starmer si sono sovrapposte nel fine settimana a una manifestazione di almeno 150 mila persone a favore della Palestina nelle strade di Londra. La partecipazione è stata massiccia nonostante le minacce esplicite di arresti di massa da parte del governo conservatore del premier, Rishi Sunak, e delle forze di polizia. Il ministro degli Interni britannico, Suella Braverman, aveva addirittura proposto nei giorni scorsi una norma che avrebbe reso un crimine punibile per legge la sola esposizione di bandiere palestinesi. Oltre che nella capitale, manifestazioni sono andate in scena in altre città dell’Inghilterra, in Galles, Scozia e Irlanda del Nord.

Con un’attitudine identica a quella del governo, l’opposizione laburista ha di fatto intimato agli iscritti al partito di astenersi da commenti o manifestazioni di critica nei confronti di Israele per le proprie azioni a Gaza. La segreteria del partito ha chiesto formalmente alle sezioni locali di tutto il paese di implementare la direttiva proveniente dai vertici, “consigliando fortemente” ai funzionari eletti di non partecipare a nessun evento a sostegno dei palestinesi. Per scoraggiare simili dimostrazioni di solidarietà in anticipazione degli appuntamenti del fine settimana appena trascorso, il “Labour” ha minacciato pesanti azioni disciplinari, inclusa la possibile espulsione dal partito.

Il segretario generale, David Evans, ha aggiunto che eventuali mozioni a livello locale contro i massacri commessi da Israele non saranno prese in considerazione. Inoltre, gli iscritti sono invitati a non esprimere opinioni anti-sioniste o filo-palestinesi sui vari social media. La denuncia di eventuali commenti “fuori luogo” viene a sua volta caldamente incoraggiata. L’obiettivo sarebbe di garantire la coesione del partito ed evitare che vengano indeboliti “i valori e i principi laburisti”.

La linea ufficiale dettata da Starmer, il quale ha ironicamente un passato da avvocato per i diritti umani, prevede quindi che a Israele debba essere riconosciuto il diritto all’auto-difesa, così come di liberare gli ostaggi israeliani detenuti da Hamas e proteggere la propria popolazione civile, “in linea con il diritto internazionale”. Le azioni di Israele sono però in totale violazione del diritto internazionale, visto che hanno già causato centinaia di vittime tra i civili, mentre la popolazione di Gaza è sottoposta da giorni a un blocco pressoché totale che impedisce l’ingresso di cibo, acqua, medicinali ed elettricità.

Il punto di partenza della campagna laburista è il codice auto-adottato alcuni anni fa sull’antisemitismo in concomitanza con la guerra interna condotta dall’ala “blairita” del partito contro l’ex leader Jeremy Corbyn. Il “Labour” considera cioè ogni accenno di critica alla condotta criminale del governo di Israele o di opposizione al sionismo come un’azione antisemita e, sulla base di tale accusa, adotta provvedimenti draconiani contro i propri iscritti. Esattamente questa accusa era stata rivolta a Corbyn e a molti suoi sostenitori quando era alla guida del partito, utilizzando la farsa della lotta al presunto antisemitismo dilagante per liquidare la sinistra laburista.

La repressione interna al “Labour” si è accompagnata a dichiarazioni pubbliche dei suoi leader che hanno lasciato pochi dubbi sullo sdoganamento dei crimini di Israele. Starmer, in un’intervista radiofonica, ha ribadito come Tel Aviv abbia facoltà di commettere qualsiasi atrocità contro i palestinesi, mentre la responsabilità di quanto sta accadendo in Medio Oriente è tutta di Hamas. Quando l’intervistatore ha incalzato chiedendo nello specifico se credeva realmente che l’assedio alla striscia fosse opportuno, così come lo stop alla fornitura di acqua o energia elettrica, Starmer ha ribattuto dicendosi certo che “Israele ha questo diritto”.

Affermazioni identiche sono arrivate anche da altri membri della leadership laburista, come il ministro-ombra della Giustizia, Emily Thornberry, la quale ha sostenuto in un intervento alla BBC che le misure punitive contro i civili palestinesi decisi dal regime di Netanyahu sono conformi al diritto internazionale.

Le prese di posizione della leadership laburista stanno spazzando via definitivamente le illusioni di quanti credevano ancora di far parte o di sostenere un partito progressista oppure di riuscire a fare pressioni sufficienti per spingere verso sinistra la sua linea. La sconfitta di Corbyn ha a tutti gli effetti ristabilito il predominio della fazione più reazionaria del “Labour”, malgrado fosse uscita profondamente screditata dalla gestione del criminale di guerra a piede libero Tony Blair.

L’irrigidimento dei vertici del partito e il sostegno aperto e assoluto per Israele nel genocidio palestinese faranno aprire gli occhi a molti altri nel prossimo futuro ed è molto probabile che, tra dimissioni ed espulsioni, il numero dei membri finirà per calare ulteriormente. Accese discussioni ha sollevato ad esempio l’addio al Partito Laburista di uno dei giovani membri più in vista, il membro del direttivo dell’organo che rappresenta le minoranze etniche, Lubaba Khalid. Quest’ultima è di origine palestinese e molti suoi famigliari vivono tuttora a Gaza. In un post su X (ex Twitter) si è detta “sconvolta” dalle dichiarazioni pubbliche come quella di Starmer ricordata in precedenza, per poi concludere che il Partito Laburista “non è più uno spazio sicuro per musulmani e palestinesi”.

Gli eventi internazionali degli ultimi tempi sono dunque sembrati portare a compimento l’involuzione dei partiti laburisti e socialdemocratici in Occidente, con quello britannico in prima fila nell’ostentare il proprio ruolo nella promozione degli interessi dell’imperialismo di Londra e Washington, attraverso il sostegno incondizionato al regime neo-nazista ucraino o alla strage di civili palestinesi da parte di Israele.

Una deriva, quella del “Labour”, che risulta in netto contrasto con l’attitudine dei propri elettori potenziali, decisi a dimostrare la solidarietà ampiamente diffusa, in Gran Bretagna come nel resto dell’Occidente, verso la causa palestinese. Nonostante le minacce crescenti e il clima ultra-repressivo, infatti, nuove manifestazioni contro la violenza sionista e a favore della Palestina sono già in programma anche per il prossimo fine settimana.

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