di Daniele John Angrisani

Quando la nave inizia ad affondare i topi scappano, afferma uno dei proverbi più conosciuti. Questo vale sicuramente se pensiamo a ciò che è accaduto all'Amministrazione Bush negli ultimi anni: quasi tutti coloro che in un modo o nell'altro hanno preso le decisioni più importanti della politica della Casa Bianca, si sono dimessi o hanno abbandonato il proprio posto, per un motivo o per un altro. L'ex ministro della difesa Donald Rumsfeld, lo stratega della fallimentare guerra in Iraq, si è dimesso dopo la sconfitta elettorale dei repubblicani nel novembre dello scorso anno. L'ex ideologo neoconservatore, Paul Wolfowitz, ha lasciato il posto per assumere la carica di presidente della Banca Mondiale, prima di essere costretto a mollare anche questa a seguito di uno scandalo infarcito di sesso e corruzione. L'ex braccio destro del vicepresidente Dick Cheney, Lewis Libby, ha dovuto dimettersi dopo essere stato rinviato a giudizio per aver mentito nell'ambito delle indagini sul Ciagate, a seguito delle quali è stato anche condannato al carcere, prima di essere graziato per decisione presidenziale. Alcuni portavoce presidenziali, tra cui Scott McClellan si sono dimessi per "motivi personali". E ora anche colui che era considerato la vera eminenza grigia della Casa Bianca di Bush, il suo consigliere Karl Rove, ha deciso di mollare la spugna. L'uomo che fino a poco tempo, stando al racconto dei suoi più vicini collaboratori, aveva il potere di decidere qualunque cosa fosse di reale importanza nella Casa Bianca, ha oggi deciso di dimettersi e di ritirarsi a vita privata. "Siamo stati amici per molto tempo e lo saremo ancora", ha detto ieri pomeriggio il presidente Bush, durante una conferenza stampa improvvisata con Rove al suo fianco. "Io considero Karl Rove un caro amico. Ci conosciamo sin da quando assieme abbiamo servito la patria da giovani. Abbiamo sempre lavorato assieme per servire il nostro Paese". Rove ha risposto affermando di essere "grato per aver avuto la possibilità di essere stato un testimone della storia" e che questa esperienza la ricorderà per tutta la vita. Ma a parte i toni drammatici usati, ciò che subito risulta dai commenti degli osservatori politici, è che l'uscita di Karl Rove è davvero una grossa perdita per la Casa Bianca, forse la più forte di tutte quelle che vi sono state negli ultimi anni. È difficile ora dire in poche parole quale fosse il ruolo reale di Rove, ma è indicativo il nomignolo che alcuni gli hanno affibiato in questi anni: il "factotum" di Bush.

Già durante gli anni Ottanta, Karl Rove era salito alle cronache per le campagne elettorali da lui organizzate in maniera decisamente poco "politically correct". La sua arma principale era la diffamazione in tutti i modi dell'avversario, la sua vera e propria distruzione politica e umana. Con l'andare del tempo quest’arma si sarebbe sempre più affinata: quando nel 2002 Max Cleland, ex senatore democratico ed eroe del Vietnam, si era presentato per la rielezione in Georgia, Karl Rove mise tutta la sua forza propagandistica al servizio del candidato repubblicano Saxby Chambliss. Quest’ultimo vinse anche grazie agli spot elettorali che dipingevano il suo avversario come un alleato di Osama Bin Laden e di Saddam Hussein, ovvero come un filo-terrorista che non era capace di difendere la sicurezza nazionale degli Stati Uniti d'America. Negli USA appena usciti dallo shock dell'11 settembre, questa era una vera e propria condanna a morte politica, e infatti Cleland ne subì a pieno le conseguenze, andando di fronte a una sconfitta alla vigilia assolutamente inaspettata. Sempre Karl Rove è stato il regista della rielezione di Bush nel 2004, con una campagna elettorale basata sulla demonizzazione dell'avversario e sulla presentazione di Bush come unico presidente in grado di difendere gli americani dai terroristi, a differenze delle "donnette" democratiche.

A seguito della rielezione di Bush il suo potere sembrava essere davvero senza limiti. Si mormora che molte delle decisioni che portarono ad inizio 2005 alla nascita della seconda Amministrazione Bush, furono prese in realtà dallo stesso Rove. In realtà, già da tempo si erano poste le basi per la sua caduta: quando, nei primi mesi del 2003, cominciò a trapelare la storia del Ciagate e della presunta fuga di notizie che avrebbe reso nota l'identità segreta di Valerie Plame, subito i maligni affermavano che in realtà fosse stato lo stesso Rove a fornire i dettagli al giornalista del New York Times, Robert Novak, che aveva pubblicato per prima questa cosa. Le indagini successive non sarebbero riuscite a dimostrare, in maniera definitiva, l'eventuale partecipazione di Rove allo scandalo, ma in ogni caso nessuno in quel momento avrebbe mai pensato che tale affaire avrebbe lentamente messo fine alla carriera del più potente consigliere presidenziale che l'America abbia mai visto. Il colpo definitivo è comunque arrivato solo nel novembre 2006, quando, per la prima volta in assoluto, Karl Rove ha visto la sua macchina da guerra elettorale perdere miseramente le elezioni: i democratici infatti hanno ottenuto un risultato assolutamente insperato alla vigilia, riuscendo a conquistare persino la maggioranza al Senato, come estrema indicazione dell'insoddisfazione dell'America nei confronti dell'Amministrazione Bush e della sua fallimentare guerra in Iraq.

Da allora, Karl Rove era stato lentamente messo da parte e aveva perso gran parte del potere cui aveva potuto usufruire prima di allora. Secondo il Wall Street Journal, Rove avrebbe deciso di andar via già un anno fa, ma sarebbe stato trattenuto solo dalla richiesta personale del presidente Bush. Ma con i sondaggi che vedono i repubblicani sempre più a serio rischio di perdere la Casa Bianca il prossimo anno, la pressione è stata sempre più forte affinché il capro espiatorio decidesse di mollare definitivamente la presa. Ora che ciò è accaduto, Karl Rove ha affermato di essere convinto che, alla fine, Bush riuscirà comunque a risalire nei sondaggi e che la tenacia con cui ha perseguito la propria politica prima o poi pagherà anche dal punto di vista dell’opinione pubblica. Può anche darsi che sarà così e che la vittima sacrificale compia così il suo ultimo miracolo. I democratici in ogni caso festeggiano l'uscita di scena di Rove come una loro vittoria politica e affermano che adesso la strada è aperta per cercare nuove intese bypartisan per il bene dell'America: cosa che, secondo loro, è stata impossibile sino ad ora a causa della presenza di Rove. Comunque la si metta, una cosa è sicura: l'uscita di Karl Rove non è solo l'uscita di un potente uomo politica, ma la scomparsa di tutto un modo di fare politica che ha influenzato pesantemente la storia di questi ultimi anni. Oggi è finalmente possibile dire, senza ombra di smentita, che in America è davvero finita un'epoca.

Pin It

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy