di mazzetta

Il mondo della cultura europea è in subbuglio per l’arresto in Germania dei sociologi tedeschi Andrej Holm e Mathias B. I due sono accusati di far parte di un gruppo di “terroristi” conosciuto come Militante Gruppe (MG) sulla base di circostanze e indizi che hanno scatenato ira e preoccupazione negli ambienti accademici europei. Prima di tutto c’è da dire che MG non è esattamente un gruppo terroristico nell’accezione classica del termine, visto che a parte i proclami “sovversivi” pare si limiti ad atti di vandalismo e danneggiamenti(a stare ai fatti che gli vengono attribuiti), ma quello che fa scandalo non è l’immagine che la polizia criminale tedesca ha costruito nel descrivere il gruppo. La pietra dello scandalo sta nella formulazione delle accuse a carico di Holm e B; accuse fondate non su prove, ma semplicemente su ardite acrobazie analogiche. Dicono i giudici tedeschi che i due sono partecipi delle attività di MG perché nei loro scritti ricorrono molte volte le parole “gentrification” e “disuguaglianza”, termini che sarebbero “parole chiave” ricorrenti nei testi di MG. Altra “prova” a loro carico sarebbe il fatto che abbiano accesso a biblioteche ben fornite che, nelle parole dei giudici tedeschi, è condizione necessaria alla stesura di testi culturalmente sofisticati come quelli di MG. La presenza di uno dei due sulla scena delle proteste contro il G8 di Heiligendamm (cosa che tra l’altro non è per nulla strana per un sociologo) viene poi letta come una conferma dell’adesione al MG. A concludere il quadro accusatorio vengono indicati alcuni “incontri” tra un paio di presunti militanti di MG ed i sociologi; incontri aggravati dal fatto che i due non avessero in tasca i propri telefoni cellulari. Circostanza che, per gli inquirenti tedeschi, sarebbe una prova del loro “comportamento cospirativo”.

Ne consegue che i due sono accusati di cospirazione e terrorismo senza che esista uno straccio di prova in questo senso. Sarebbero, nelle parole di un appello promosso da Richard Sennet e Saskia Sassen (uno dei numerosi appelli che stanno girando negli ambienti accademici europei), colpevoli del “reato di sociologia”. Holm è un sociologo che si è fatto un nome analizzando la trasformazione urbana delle città tedesche dopo la caduta del Muro di Berlino, ricerche per le quali è fondamentale percorrere i territori e intervistare i protagonisti di queste trasformazioni.

Gli investigatori tedeschi non accusano Holm di aver scritto libelli incendiari o incitamenti alla sommossa, assumono semplicemente che condividendo parte dell’analisi di MG, i due professori tedeschi rivelino la loro appartenenza al gruppo e la partecipazione alle sue attività. Holm è stato rilasciato nelle ultime ore su cauzione, dopo tre settimane di isolamento quasi completo e dopo gli appelli degli accademici.

In effetti a seguire il ragionamento dei procuratori tedeschi vengono i brividi; io stesso mi posso tranquillamente riconoscere “colpevole” degli stessi atti trasformati in prove a carico di Holm e di aver scritto testi che facilmente potrebbero essere utilizzati (se questo modo di ragionare avesse cittadinanza nel diritto) per attribuirmi vicinanze e complicità con gruppi “terroristi”. In più dimentico spesso il telefono a casa o in auto, uso il termine “gentrification” e anche il quello di “disuguaglianza”, ho accesso a biblioteche e mi capita di essere presente a manifestazioni durante le quali alcune persone che conosco raccolgono denunce per “terrorismo” o “finalità eversive”.

Facile immaginare i rischi che parimenti correrebbe ad esempio un attento osservatore dell’evoluzione urbana come Mike Davis, se questa curiosa interpretazione del diritto e del concetto di prova si affermasse. Tutti i sociologi e gli urbanisti che si sono precipitati a firmare l’appello hanno compreso benissimo che, stanti le condizioni che hanno portato in galera Holm, qualunque cittadino può essere incarcerato per le sue opinioni.

A spaventare è proprio il salto logico per il quale chiunque contesti il sistema economico e politico vigente diventa automaticamente, nella totale assenza di quelle che fino a ieri erano considerate prove imprescindibili, un “terrorista” o complice dei terroristi. Il brutto è che non si tratta di una tendenza esclusivamente tedesca o americana (è stata l’amministrazione USA a stracciare per prima il diritto in nome della “lotta al terrorismo”), ma di espedienti che sono impiegati anche nel nostro paese da diverse procure. Quella di Bologna, ad esempio, ha spiccato centinaia di denunce condite dall’aggravante di “eversione dell’ordine sociale ed economico” nei confronti di attivisti impegnati in proteste ed azioni che di eversivo non avevano proprio nulla.

Si assiste quindi ad un pericoloso cammino all’indietro nel rispetto dei diritti civili dei cittadini europei, per i quali è possibile essere accusati di “terrorismo” sulla base dell’espressione di opinioni critiche verso il sistema o le politiche dominanti. Spira vento di maccartismo, non certo degno di paesi retti da forze politiche che ogni giorno si autodefiniscono culle di libertà e modernità, ma che invece sembrano voler perseguitare illegalmente chi non si allinea alla melassa mediatica predisposta ad occultare il montare dell’ingiustizia e l’approssimarsi del disastro ambientale.

Stupisce e preoccupa che in un clima del genere siano ben pochi i politici capaci di alzare la voce e di prendere parte contro questo pericoloso andazzo. Legioni di garantisti a gettone, lesti ad indignarsi per i “diritti” di pluripregiudicati come Cesare Previti o ad invocare la presunzione d’innocenza per i chierici colti con le mani sui fanciulli, tacciono. Con loro tacciono anche quegli esponenti di sinistra che si pongono come campioni dei diritti civili e della “legalità”; quelli che ad ogni intervista invocano il contributo della cosidetta società civile, a patto che non sia troppo critica e non metta in discussione certi privilegi. Un atteggiamento che spiana la strada alla costruzione di tante piccole Guantanamo europee e alla repressione del dissenso attraverso abusi nell’amministrazione della giustizia e dell’ordine pubblico.

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