di Carlo Benedetti

Vince e stravince sul piano interno. Batte tutti quei record che avevano caratterizzato le consultazioni elettorali del periodo sovietico. Si incorona capo assoluto del Paese pur senza essersi messo in lizza. Ottiene un plebiscito che è pari ad un’assicurazione a vita. Diviene, di conseguenza, un monarca che, per dirla con il nostro Benigni, ha come modello quello vaticano. Un papato che è un dogma. Chi accetta, accetta, gli altri fuori del giro. Non contano e basta. Sono queste, in sintesi, le tante idee che affiorano sul voto di una Russia sempre più dominata da Putin. Intanto l’orgoglio del Paese tocca quote mai registrate. I media battono sul tasto del successo mai visto e su quello dell’unità nazionale mai raggiunta come questa volta. Putin batte tutti. Dimentica di essere, istituzionalmente, un garante costituzionale al di sopra delle parti. Mette così in un angolo il Krusciov del disgelo, il Gorbaciov delle aperture e lo Eltsin delle privatizzazioni. Diviene - grazie alla sua macchina decisionale - l’idolo e l’ideologo di una nuova Russia. Nazionalista ed antiamericano quanto basta. Castigatore di oligarchi e, allo stesso tempo, oligarca anche lui. Ognuno vede nel presidente ciò che spera e si augura. E così la felicità locale tocca quote che arrivano al 70-75% di consensi obbligando gli osservatori a prendere atto di un risultato che supera le previsioni dei più azzardati restyling. Perfino in Cecenia - una terra dove le bombe russe hanno raso al suolo città e villaggi - i pochi rimasti hanno appoggiato il partito del Potere (quello di Putin…). Piena vittoria, quindi, che in Russia non lascia spazio a polemiche. Ci sono solo i comunisti di Zjuganov (piazzati al 12%) che accusano il Cremlino di brogli e annunciano ricorsi alla Corte Suprema.

Il resto è lasciato oltre frontiera. E così le critiche e le polemiche sono viste da Mosca come manovre occidentali, come posizioni antirusse tese a delegittimare la politica nazionale. Ecco il tedesco Der Spiegel che parla di "vittoria con l'imbroglio" che trasforma il Parlamento in una macchina per approvare le decisioni del Cremlino. Per il quotidiano Welt i risultati permettono a Putin di assumere il ruolo reale di “Capo della nazione”. L’inglese The Times parla di farsa elettorale, notando che un trionfo non sta a significare democrazia. E nelle sue analisi il quotidiano avanza l’ipotesi di un Putin che ora si accingerà ad installare al Cremlino un pupazzo per poi approntarsi a ritornare in sella… Sul fuoco delle polemiche occidentali soffiano poi, ovviamente, gli americani del New York Times che prevedono “una nuova epoca di instabilità politica in Russia".

Alle voci dell’Ovest rispondono i media della Russia. Ed è chiaro che difendono il successo di Putin, esaltano il ruolo del partito del Potere e fanno notare che il Paese ha ritrovato la sua stabilità instaurando un clima di sano orgoglio nazionale. E in questo momento non c’è posto per tutto ciò che ha sapore di arretrato. Ma nello stesso tempo gli osservatori russi più attenti e sensibili all’atmosfera internazionale si interrogano sul perché di quegli attacchi a Putin che vengono da molte capitali occidentali. L’accento - nel tentativo di fornire le prime risposte - è così messo sul fatto che la Russia di oggi è tornata ad occupare un posto di rilievo nella politica mondiale grazie anche alla sua “statura” militare e alle sue risorse naturali che sono vendute all’occidente seguendo una ben precisa azione di carattere economico-diplomatico. C’è quindi una nuova Russia che si mostra “aggressiva” e sicura della sua forza e del suo ruolo. Un paese, in pratica, con il quale bisogna fare i conti. Ed è questo, forse, l’elemento maggiore che ha spinto molti russi a mettere nell’urna una cambiale in bianco sul conto del partito di Putin.

Ma ci sono anche altri aspetti che riguardano la politica estera del Cremlino e che hanno contribuito al successo di Putin. Il fatto è che nella nuova strategia russa è entrata, da un certo tempo, una concezione eurasiatica che ha come punti di approdo Pechino e New Delhi. Sostanzialmente Putin sta rivedendo, a poco a poco, quei binari geopolitici che erano stati costruiti da Gorbaciov e da Eltsin e che puntavano tutti verso un occidente visto come la salvezza del Paese, con agganci alle multinazionali e alle banche tedesche ed israeliane. Putin ha invertito la tendenza con una politica forte, compatta e coesa facendo superare al Cremlino l’area degli Urali e spingendo verso la Cina e l’India. Ha offerto così nuovi canali di contatto e nuovi sbocchi economici alle regioni siberiane, toccando e superando confini che erano considerati come aree morte. Si è visto invece che la Russia ha molte cose in comune con i partner asiatici e il fatto stesso che Putin dia un’importanza eccezionale al Gruppo di Shangai è la prova di tutto questo. La popolazione russa - a quanto sembra - ha salutato col voto anche queste nuove scelte geopolitiche.

E così (forse…) si spiega l’insofferenza degli Usa nei confronti di questa tornata elettorale russa. Si può quindi affermare anche che l’Ovest non vuole una Russia autonoma. E’ meglio una Russia bisognosa dell’occidente? Caratterizzata da un complesso di inferiorità rispetto ai grandi santuari della politica degli Usa? Putin per rispondere tenterà sempre più di modificare gli equilibri strategici. Non drammatizzerà i contrasti, ma è certo che si muoverà sapendo di avere alle spalle un paese che gli ha mostrato una fiducia quasi totale. E così, da vero monarca, potrà dire che le scelte future saranno prese - come appunto recitano i monarchi - “in nome di Dio e volontà della nazione”.

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