di Elena Ferrara

Cominciano altre prove di distensione tra il potere comunista di Hanoi e i rappresentanti della Delegazione apostolica dei cattolici che fanno riferimento al Vaticano. Tutto avviene nel momento in cui il primo ministro del Vietnam Nguyen Tan Dung incontra l’arcivescovo della capitale Joseph Ngo Quang Kiet. I due si trovano a confronto per discutere la questione relativa alla requisizione da parte del Governo delle proprietà ecclesiastiche. Una “decisione” che ha provocato la protesta della comunità cattolica che nella notte di Natale è scesa in piazza, nella capitale, per chiedere la restituzione dell’edificio della Delegazione apostolica, destinato a locale notturno. Ma è chiaro che tutta la questione delle proprietà della Chiesa cattolica sarà oggetto di ulteriori trattative. Perché, oltre alla Delegazione apostolica, sono diversi gli edifici sottoposti ancora al provvedimento governativo di sequestro. Tra questi, ad esempio, le chiese di san Paolo e quella De La Salle; il seminario Lieu Giai; la scuola Dung Lac e la Teresa Printing House, tutte proprietà ecclesiastiche che sono state trasformate in sedi di ospedali ed uffici governativi. Proprio sulla base di queste situazioni il mondo degli osservatori politici e diplomatici si chiede se in Vietnam - quanto a relazioni con la Chiesa di Roma - si è ancora in un clima invernale oppure se (visti i recenti incontri di Hanoi) si è alla soglia di un disgelo. Su tutto pesa pur sempre il deciso controllo del governo e del partito sulle attività religiose anche sulla base di un apposito “Decreto sulle religioni”. Si tratta, in pratica, di un regolamento che ha dato un vero e proprio giro di vite sulle libertà di azione dei vescovi (la cui nomina è pesantemente condizionata dalla autorità), preti, religiosi e laici: tutti “liberi” finché non compiono azioni “contrarie alla politica e alla legislazione dello Stato”. Il decreto aggiunge poi una fitta lista di “permessi” necessari per svolgere qualunque attività religiosa. C’è un “visto” che ogni aspirante seminarista deve ottenere dalle autorità (dichiaratamente atee) per diventare prete, col risultato di disperdere molte “vocazioni”.

La strada verso normali relazioni diplomatiche con Roma è, insomma, ancora in salita. E qui va tenuto conto che la maggioranza della popolazione vietnamita è di religione buddista, conseguentemente all'influenza cinese. Alla tradizionale religione del buddismo Mahayana si sono aggiunti i culti più recenti di Cao Dài e Hòa H?o. Sono praticati anche il Confucianesimo, il Taoismo e le relative religioni cinesi, mentre i cattolici sono una minoranza. E sempre per quanto riguarda la situazione generale della Chiesa vietnamita collegata al Vaticano, le fonti di Hanoi (ricordando che c’è stata nelle settimane scorse una celebrazione natalizia nell’abbazia della città Ho Chi Minh) fanno presente che l’Archidiocesi locale conta 400mila fedeli distribuiti in 130 parrocchie.

Quanto ai dati generali le fonti vaticane sostengono che nel paese ci sarebbero circa 6milioni di fedeli: il 7% della popolazione con 37 vescovi. E questo sta anche a significare che nel Vietnam, in realtà, non c’è mai stato il problema di una “Chiesa patriottica” come quella voluta in Cina dalle autorità di Pechino. Ecco perché le speranze di una concreta riconciliazione tra Roma ed Hanoi sono sempre più forti. Tanto che dopo anni di contrasti e di violente persecuzioni (memorabile la prigionia del cardinale Francis Van Thuan durata 13 anni), la normalizzazione sembra essere ormai a portata di mano. Va ricordato, tra l’altro, quell’incontro avvenuto in Vaticano nel gennaio dello scorso anno tra il papa Benedetto XVI e il premier vietnamita Nguyen Tan Dung. Un vero e proprio evento storico che segnò allora un nuovo e importante passo verso la normalizzazione dei rapporti bilaterali.

Il panorama generale intanto è ancora dominato dai risultati ottenuti da quella delegazione vaticana che nel marzo del 2007 arrivò ad Hanoi per incontrare il responsabile degli Affari religiosi, Nguyen The Doanh ed altri funzionari governativi. L’occasione servì allora a Padre Joseph, (esponente del Consiglio episcopale della diocesi di Saigon) per mitigare il clima rilevando di conseguenza che “i rapporti diplomatici tra Vaticano e Vietnam debbono essere discussi attentamente tra il Consiglio dei vescovi del Vietnam e il Vaticano e tra la Santa Sede ed il governo. Il Vaticano - aggiunse Padre Joseph - ha parlato dei rapporti diplomatici con la Chiesa locale e noi vogliamo stabilire rapporti basati su un delegato apostolico o un nunzio in Vietnam. In ogni caso prima di stabilire rapporti diplomatici abbiamo bisogno di avere libertà”. Ed è questa la “formula” classica che il Vaticano cerca di imporre nel corso di ogni incontro che si svolge con le autorità di Hanoi.

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