di Giuseppe Zaccagni

Il Fondo Monetario Internazionale (Fmi) denuncia una flessione del 4,1 per cento per il 2008, pari allo 0,8 per cento in meno rispetto al 2007. Situazione “allarmante”, in particolare, per quelle che sono definite “economie avanzate”, dove si registra una crescita ridotta all’1,8 per cento contro il 2,6 per cento dello scorso anno. Buone, invece, le prospettive per quei paesi emergenti come Cina e India che - nonostante tutte le contrazioni mondiali - si confermano come il motore dell’economia pur se destinati, in seguito alla mondializzazione economica, a rallentare i loro passi. Comunque sia Pechino crescerà del 10 per cento in questo anno (meno dell’11,4 per cento del 2007) tenendo conto, soprattutto, del fatto che sta ripensando il proprio modello di sviluppo, spostando gli investimenti internazionali dalle zone costiere all’interno del paese, promettendo di migliorare la vita nelle zone rurali e di ridistribuire meglio la ricchezza. Una svolta ormai necessaria, che avrà non poche ripercussioni sul futuro del paese con riverberi sull’intera economia mondiale. Situazione più o meno stabile, invece, per altri paesi in via di sviluppo che si dovrebbero attestare, nel complesso, al 6,9 per cento (contro il 7,8 per cento del 2007). E mentre da Washington l’Fmi diffonde queste notizie, a Londra si é svolto un vertice a quattro dedicato alle “turbolenze” dei mercati internazionali. Al tavolo della capitale britannica si sono seduti il premier locale Gordon Brown, il Presidente della Repubblica francese Nicolas Sarkozy, il Cancelliere tedesco Angela Merkel e Romano Prodi, al suo ultimo impegno internazionale da Presidente del consiglio. Ospite particolare, il Presidente della Commissione UE, José Manuel Barroso. Obiettivo del vertice é stato fare il punto sulla situazione economica anche alla luce delle tante crisi che hanno interessato le borse finanziarie. Tutti, comunque, sono stati concordi nel cooperare con l’obiettivo di mantenere la stabilità e rafforzare le riforme. Con la richiesta globale che consiste sempre nel richiedere a tutti i Paesi una maggiore trasparenza sui mercati.

Ma i distinguo non sono mancati e non mancano. Brown ha rivendicato informazioni particolari e globali nel campo delle varie istituzioni internazionali e accenna al prossimo G8 che si riunirà in Giappone. Sarkozy, dal canto suo, ha sostenuto che l’obiettivo comune deve consistere nel “consolidare un capitalismo di impresa e non di speculazione”. Detto questo, tutti (compreso Prodi) hanno riconosciuto che le prospettive economiche si sono deteriorate dopo anni di crescita. C’é anche da mettere nel conto il fatto che gli impetuosi investimenti dei Paesi emergenti nelle economie e sui mercati dell’Occidente aprono una nuova pagina della storia della globalizzazione, schiudono scenari impensabili anche solo qualche anno fa, sollevano problemi inediti e richiamano opportunità e rischi, sia economici che politici, mai conosciuti prima d’ora nelle dimensioni attuali. E c’è non solo questo, perché l’entità e la natura dell’espansionismo economico dei Paesi emergenti parlano da sole. Gli investimenti di Paesi extra-UE sui nostri mercati non nascono oggi.

La recente “turbolenza finanziaria” - è stata questa una considerazione comune ai quattro - ha aumentato i rischi per il 2008. E proprio questo aspetto obbliga a cooperare strettamente con l’obiettivo di mantenere la stabilità economica e a rafforzare e approfondire le riforme economiche in questo momento di incertezza. L’impegno futuro è, quindi, per una economia globale aperta. A questo fine il vertice di Londra ha chiesto soprattutto un miglioramento nelle informazioni del rating del credito per aumentare la comprensione degli investitori sui rischi associati con i prodotti strutturati, nonché azioni per affrontare potenziali conflitti d’interesse delle agenzie di rating. Se ciò non avverrà i paesi del G8 si troveranno a dover mettere in campo nuove alternative.

Accanto ad altre misure sempre volte alla trasparenza i quattro Paesi hanno invitato, intanto, alla cooperazione internazionale, in particolare nell’Ue, con la formazione di principi comuni per la gestione di crisi finanziarie internazionali. Come ricetta, comunque, i quattro non hanno trovato altro da dire se non che occorre rafforzare il lavoro comune dell’Fmi e del Finacial Stability Forum. Le due organizzazioni che vengono sempre più considerate come “indispensabili” per lo sviluppo della mondializzazione.

Quanto al Fondo Monetario Internazionale, a Londra si è ricordato in particolare che tra i suoi obiettivi - oltre a quelli della promozione della cooperazione monetaria internazionale - ci sono quelli relativi alla stabilità negli scambi e di un sistema di tassi di cambio ordinato. E riguardo al Financial Stability Forum (che dal 1999 riunisce rappresentanti dei governi, delle banche centrali e delle autorità nazionali di vigilanza sulle istituzioni e sui mercati finanziari) a Londra è stato ribadito che nel suo programma c’è la promozione della stabilità finanziaria a livello internazionale, il miglioramento del funzionamento dei mercati e la riduzione dei rischi attraverso lo scambio di informazioni e la cooperazione internazionale. Ed ora per il prossimo G8 previsto per il 7 e 9 luglio a Sapporo (Giappone) notevoli sono le preoccupazioni dei giapponesi dal punto di vista della sicurezza.

Il ministro della Difesa di Tokio sta valutando la possibilità di schierare missili Patriot-3 intorno al sito in cui si terrà il vertice. I missili potrebbero essere dispiegati nelle basi delle Forze di Auto-Difesa (SDF) al Lago di Toya, nella prefettura settentrionale di Hokkaido. Il ministero sta anche pensando di schierare fregate e navi attrezzate coi missili nella vicina baia e cacciatorpedinieri Aegis nel Mar del Giappone e del Pacifico, aggiungendo che truppe per la difesa da attacchi chimici potranno essere inviate a Hokkaido. Stato d’allerta, quindi, su tutti i fronti. Ma se oggi i giapponesi pensano già alla “sicurezza”, c’è invece l’intero schieramento politico-economico del G8 che entra in crisi per il rallentamento dell’economia. E così il processo di globalizzazione - tanto reclamizzato - è sempre più percorso da inquietudini permanenti.

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