di Carlo Benedetti

MOSCA. E’ troppo tardi ed ora arrivano solo le lacrime. Si piange, in tutto il mondo slavo, per quanto è avvenuto in questi tempi nel “Kosovo e Metohija, terre dei corvi e dei monasteri ortodossi”. Si piange per le distruzioni sistematiche delle chiese, dei conventi, dei capolavori dell’arte medievale, per gli attacchi alle tradizioni cristiane, per quelle bombe della Nato che hanno seminato terrore e morte, per l’agonia della popolazione serba che è diventata una minoranza da proteggere... Si piange perché sono andate in macerie, sotto i colpi del terrorismo, più di 150 chiese ortodosse... Ora - per i religiosi di Mosca e di tutta la Russia - è il momento della tristezza e del rimpianto. Tristezza per non essere riusciti ad aiutare un popolo fratello e rimpianto per non aver fatto in tempo a salvare un patrimonio di storia comune a tutti. Ora c’è solo da fare il conto dei danni senza sapere a chi presentarlo dal momento che il territorio kosovaro - come mi dicono a Mosca i rappresentanti delle comunità religiose serbe - sta divenendo un deserto sul quale il nuovo potere dei terroristi dell’Uck costruirà il suo impero, il suo stato di occupazione. Ed ecco che le voci russe - quelle della società civile - si fanno sentire dall’ emittente privata Eco di Mosca che dedica una intera trasmissione ai crimini commessi contro la storia, contro la cultura, contro la religione degli slavi. L’emittente russa parte subito con un paragone. Ricorda che quando i talebani, in Afghanistan, distrussero le famose statue dei Budda a Bamiyan si levarono proteste a ogni livello. Intervennero esponenti del mondo culturale, studiosi e religiosi, archeologi e politici. Ci fu, giustamente, una campagna di denuncia a tutto campo. Ma questo - dice la radio russa - non è avvenuto e non avviene per i monasteri e i luoghi di culto del Kosovo.

E in proposito si ricorda quanto ebbe a dichiarare negli anni scorsi il filosofo italiano Massimo Cacciari. Fu lui a dire che “per noi europei i cicli pittorici serbo-ortodossi sono diecimila volte più significativi dei Budda di Bamiyan... Dovremmo prendercela con tutti i mass-media occidentali che hanno spesso dipinto i serbi come sanguinari persecutori. Solo pochi hanno distinto tra Milosevic, tra i responsabili dell’assedio a Sarajevo, tra i delinquenti di guerra esecutori delle pulizie etniche e il resto del popolo serbo. Saranno in tanti ora a pensare: hanno sulla coscienza i loro genocidi e adesso una vendetta da parte degli albanesi del Kosovo ben gli sta. Giusta o sbagliata sia stata quella guerra questo è stato il messaggio generalmente recepito”.

E fu sempre Cacciari a far rilevare che il Kosovo “ospita opere d’arte di straordinaria qualità e importanza per la vicenda europea” e che “la distruzione di un edificio, di un ciclo di quegli affreschi equivale al massacro di san Marco, di san Vitale e sant’Apollinare a Ravenna. E’ la stessa area paleocristiana influenzata da Bisanzio... Nessuno si muove per ignoranza. Prima innocente. Poi colpevole, quando le notizie arrivano. Forse si pensa che quelle chiese siano opere artisticamente periferiche. Magari qualcuno immagina che si tratti di edifici simili a catapecchie. Ci sarebbe o no una mobilitazione se qualcuno distruggesse San Vitale? Certamente si. E allora abbiamo l’obbligo di muoverci”.

Sin qui la testimonianza intellettuale. Poi la rievocazione storica di una guerra contro il popolo serbo che ha sempre visto il Kosovo come arena di scontro. Perchè dopo un periodo relativamente breve di libertà (1919-1941), le espulsioni in massa dei Serbi ripresero nell'aprile 1941, sotto la bandiera dei conquistatori italiani, tedeschi e bulgari, e da allora le violenze perpetrate contro la popolazione serba non sono cessate. Al Kosovo è stato applicato un piano di albanizzazione segnato dall'annientamento della popolazione serba con l'aiuto di tutto l'arsenale tipico del genocidio: omicidi, espulsioni, eliminazione della coscienza storica.

In pratica si è assistito ad una guerra di conquista il cui scopo è stato quello di impadronirsi delle terre serbe, di occupare o annettere il Kosovo e la Metohija, la Serbia meridionale, poi la vallata moldava, e, dall'altra parte, la vallata del Vardar. In altri termini tutta la regione centrale dei Balcani, per crearvi uno stato nuovo, a favore di una "grande" Albania. Uno stato fantoccio che ora dovrebbe modificare la carta della penisola balcanica, proprio come si era prospettato all'epoca del congresso di Berlino e della creazione della Lega albanese di Prizren (1878).

Le tappe della storia arrivano ai nostri giorni. E la radio di Mosca parla di quanto sta avvenendo nelle strade di Pristina, riferisce delle bandiere albanesi che sventolano nelle strade insieme a quelle degli Usa e della Nato... Poi, mentre scorre il film degli avvenimenti di queste ore, tornano fatti lontani. Per ricordarci che non è mai stata intrapresa una guerra contro i Serbi senza un'aggressione alla Chiesa serba. Non si tratta dunque di un atteggiamento della Chiesa con cui essa si imporrebbe da sé, senza esservi chiamata, come attore politico degli "avvenimenti" del Kosovo; non si tratta di un qualunque "clerical-nazionalismo" serbo. Fin dall'inizio la Chiesa serba è stata il bersaglio dell'aggressione grande-albanese, come pure è stata il bersaglio di tutte le aggressioni contro l'integrità del popolo serbo. Sin qui la storia.

Poi alla radio russa arriva una voce che tutti conoscono. Quella di un attore al quale sono legate alcune delle pagine più belle della cinematografia sovietica. Si tratta di Nikolaj Burliaev che interpretò il personaggio di Andrej Rublev nel famoso film di Andrej Tarkovskij. E’ Burliaev che parla dell’unità slava e delle responsabilità che la Russia ha e deve sempre avere nei confronti dell’intero mondo slavo. Nel corso della trasmissione l’attore fa anche riferimento alle vicende di alcuni centri storici della Serbia in terra kosovara e mette in evidenza che la Chiesa è stata sempre il primo bersaglio dello sciovinismo albanese. Lotta continua, quindi, contro l’ortodossia degli slavi con una campagna di ostilità che ha sempre avuto come obiettivo chiese e conventi.

Si parla poi del monastero di Visoki Decani, protetto dal 1999 dal contingente militare italiano della Kfor. Qui, praticamente, è nata l'ortodossia serba e questo complesso che fa parte del Patrimonio mondiale dell'Unesco e che ha subìto attacchi e saccheggi, è oggi il testimone vivo della storia sanguinosa dei Balcani. Ed ecco l’amara conclusione di questa trasmissione sul dramma degli ortodossi serbi. L’immagine che viene evocata è quella della città di Mitrovica divisa dal fiume Ibar con un ponte che dovrebbe unire le due sponde. Ma non è così: a sud ci sono gli albanesi e al nord quello che resta dei serbi. E nel cuore dell’Europa - commenta la radio - nasce un nuovo muro.

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