di Elena Ferrara

Parte un progetto che potrebbe cambiare il volto del secolo e che contribuirebbe a far compiere all’Europa e all’Asia un salto epocale. Si annuncia, infatti, una nuova era per l’Eurasia perchè Cina, Russia, Iran, Turchia e altri Paesi asiatici (tra questi Kasachstan, Kirghisia e Tagikistan) hanno raggiunto un accordo per ripristinare quella storica “Via della Seta” che con i suoi 8000 chilometri consentiva alle carovane di attraversare l'Asia centrale e il Medio Oriente collegando Chang’an (oggi Xi’an) in Cina all’Asia Minore e al Mediterraneo, attraverso il Medio e Vicino Oriente. Estendosi poi, con varie diramazioni, alla Corea, al Giappone e all’India. L’intesa per questo progetto (che comprende un “pacchetto” di 230 opere ciclopiche da ultimare per il 2014) è stata raggiunta a Ginevra dove i ministri dei Trasporti di 19 Stati europei ed asiatici si sono riuniti nei giorni scorsi concordando piani per 43 miliardi di dollari tesi a ripristinare l’antica Via e altre arterie. Il disegno generale è fantastico. Si prevedono strade, ferrovie e vie d’acqua, per favorire la rapida crescita dei commerci e per far uscire dalla depressione economica vari paesi della massa eurasiatica. Le nazioni interessate a questo programma registrano sempre più carenze fondamentali nel sistema dei trasporti e della viabilità. Le strade - quando esistono - sono dissestate, le ferrovie insufficienti, i porti sono congestionati ed ostacolano gli scambi, mentre molte aree restano ai margini delle principali rotte commerciali. Tra i sostenitori del piano di sviluppo eurasiatico (oltre alla Banca Mondiale che finanzierà gran parte dei lavori) c’è anche l’Onu che tramite un suo alto funzionario - Barry Cable - manda a dire che si è alla vigilia di “una rinascita della Via della Seta, che collegherà non soltanto gli isolati Paesi dell’Asia centrale e dell’Europa orientale, ma creerà un miglior sistema di trasporto per molte zone distanti dal mare”.

La rete viaria, questo almeno stando ai programmi, favorirà anche il turismo, che è già in continua crescita come a Bukhara in Uzbekistan, ad esempio, dove i visitatori nel 2007 hanno superato abbondantemente il mezzo milione conquistati dalle bellezze dei palazzi degli emiri, come quelli di Pon Kaljan, del XII secolo, o di Ljabi Chauz del XVI. Stesse presenze record si stanno registrando sui percorsi cinesi. Quelli che ai tempi di Marco Polo salivano in direzione nord ovest attraversando la provincia del Gansun e seguendo poi il corso del Fiume Giallo fino a Dunhuang. Ora il turismo di massa raggiunge già un importantissimo centro buddista locale che si caratterizza anche con le celebri Grotte di Mogao. Altri obiettivi della nuova “Via della Seta” che le agenzie turistiche internazionali stanno inserendo nei loro tour riguardano le zone del Tien Shan. Una “tratta” particolare dovrebbe essere poi quella che da Turpan, attraversando il Kasachstan, porta ad Alma Ata.

Tagliato fuori, per ora, resta l’Afghanistan, perchè il turismo incontra localmente serie difficoltà provocate dallo stato perenne di guerra. E la “Via”, comunque, non si ferma perchè sulla carta sono già disegnate le stazioni principali. Quelle delle tappe che vanno dall’Amu Darya per raggiungere il mare Caspio, l’Aral poi la Crimea. Poi, attraversando il Mar Nero e il Mar di Marmara, si raggiunge Costantinopoli. E navigando nell’Egeo settentrionale, nello Ionio e nell’Adriatico si arriva a Venezia. In pratica - dicono i propagandisti di questa nuova “Via della Seta” - si sarà sempre in viaggio accanto a Marco Polo con qualche incursione nelle zone sconvolte e conquistate da Gengiz Khan.

Il progetto eurasiatico prevede infatti percorsi meridionali per passare dalla Cina e raggiungere così l’India e l’Oceano Indiano. Interessate al progetto anche le ferrovie che, in particolare, affronteranno la costruzione di nuove linee nella tratta che da Alma Ata porta a Urumqi, nel Turkestan cinese. E sarà proprio in questa città (già denominata capitale della “Nuova via della Seta”) che passa quel corridoio che, partendo dal porto cinese di Lianyungang, va poi a congiungersi con le reti centrasiatiche, Tibet compreso.

E’ sempre più chiaro che, in questo processo di trasformazione, l’attuale dirigenza di Pechino vede anche la possibilità di compiere un ulteriore passo verso l’Europa per far partecipare il vecchio continente al processo di crescita cinese. La Cina investe da anni massicciamente nelle proprie infrastrutture con l’obiettivo di agganciare le reti di trasporto delle repubbliche con i propri terminali nel Xinjiang. E questo per utilizzare l’Asia centrale quale piattaforma di transito per l’export verso ulteriori mercati attraverso lo sviluppo di un “corridoio mediano” fra l’asse transiberiano e le rotte marittime che dal Pacifico puntano verso Suez.

Si può tornare a ripetere così quell’ormai vecchio slogan di una “Cina vicina”. Tutto questo mentre nelle librerie di Pechino arrivano opere storiche che si rifanno ad avvenimenti che hanno segnato il destino di popoli e culture. Narrando, in particolare, le vicende di quelle carovane di cammelli che trasportavano la seta, quel prezioso “materiale” di cui la Cina ha conservato a lungo il "segreto" della sua lavorazione garantendosi cosí il monopolio di un prodotto che trovava acquirenti fin nell’impero romano, a occidente.

La “Via” sollecita anche nuove pubblicazioni in tutta la Russia, dove la febbre del turismo di massa coinvolge sempre più le regioni della Siberia. E così anche nelle librerie russe la fortunata formula relativa alla “Via della Seta” torna di moda con studi che si riferiscono a quello studioso tedesco Ferdinand Von Richtofen che coniò nel 1877 quella denominazione che, egregiamente, sintetizzava l’epoca di intensi traffici commerciali tra Oriente e Occidente a partire dal III secolo a.C.

Si riscopre ora la funzione di quel gigantesco melting pot nel quale si incontravano e si fondevano esperienze culturali dalle piú diverse matrici – classica, iranica, indiana, cinese – dando luogo a risultati unici, vere e proprie sintesi dell’incontro tra tradizioni diverse. L’Eurasia, con questa riscoperta della “Via della Seta” lancia, quindi, una vera e propria sfida al futuro.

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