di Michele Paris

Nonostante le energie del 71enne Senatore dell’Arizona John McCain nelle settimane successive alla conquista della nomination repubblicana siano state dedicate in gran parte al corteggiamento dell’ala più conservatrice del suo Partito, alcuni media statunitensi negli ultimi giorni gli hanno creato qualche imbarazzo nel riportare alla luce due episodi del suo recente passato nei quali l’ex eroe della guerra in Vietnam era stato molto vicino a passare tra le fila dei democratici. Il nervosismo nascosto a fatica da McCain di fronte alle domande indirizzategli qualche giorno fa circa il suo possibile abbandono del “G.O.P. Party” nel 2001 e i colloqui avuti con il democratico John Kerry nel 2004 per diventare il suo vice nella corsa alla Casa Bianca hanno mostrato tutte le difficoltà ad accreditarsi come paladino dei valori repubblicani di un candidato che nella sua attività al Congresso ha frequentemente rivelato posizioni “liberal” o, quanto meno, estremamente pragmatiche e prive di qualsiasi ideologismo. Il primo episodio affonda le radici nella fallimentare corsa alla nomination repubblicana del 2000 contro l’attuale inquilino della Casa Bianca George W. Bush. Durante le primarie in North Carolina, alcuni membri dello staff di Bush jr. pare avessero infatti diffuso la notizia che McCain avesse tenuto nascosto la paternità di un figlio illegittimo di colore. Nonostante le smentite da parte del futuro Presidente, il Senatore, successivamente frustrato anche dal comportamento di Bush che avrebbe chiuso la porta della Casa Bianca a quasi tutti i suoi più stretti collaboratori, sarebbe entrato in una fase molto critica della sua carriera politica per quanto riguarda i rapporti con il Partito Repubblicano. In questo preciso momento si colloca così il tentativo di avvicinamento di McCain ai democratici, un passo preannunciato dal sostegno offerto da quest’ultimo al Partito dell’asinello su svariate questioni all’ordine del giorno in Senato.

Secondo il racconto dell’autorevole ex Senatore del South Dakota Tom Daschle, attualmente uno dei più accesi sostenitori di Barack Obama, in quel periodo non era raro sentire nei corridoi del Congresso commenti di disapprovazione sull’amministrazione Bush da parte di John McCain. Nonostante ciò, fu enorme lo stupore dei dirigenti democratici quando un sabato verso la fine di marzo del 2001 John Weaver, uno dei consiglieri storici di McCain, rivelò a Thomas J. Downey, ex parlamentare democratico di Long Island poi divenuto influente lobbysta, che il suo superiore stava valutando un cambio di sponda a causa dei difficili rapporti con la rappresentanza repubblicana al Congresso (“Republican caucus”). Downey riferì il contenuto del colloquio proprio al Senatore Daschle, il quale a sua volta coinvolse Edward M. Kennedy e John Edwards in un intenso confronto per mandare in porto l’operazione.

In casa McCain naturalmente tutta la vicenda viene raccontata in maniera opposta. Sarebbe stato cioè Downey ad essere avvicinato da esponenti democratici per una proposta volta a scardinare gli equilibri di un Senato diviso a metà tra i due Partiti. Il contestuale abbandono del Partito Repubblicano da parte del Senatore del Vermont James M. Jeffords avrebbe successivamente consegnato la maggioranza ai democratici mettendo fine ad un progetto che McCain, a suo dire, anche se lusingato non aveva nemmeno preso in considerazione.

L’accostamento del candidato repubblicano alla Casa Bianca per il 2008 con il Partito Democratico si sarebbe ripresentato tre anni più tardi alla vigilia delle presidenziali del 2004 con la sfida tra John Kerry e George W. Bush. Anche in questo caso, la versione dell’accaduto differisce diametralmente a seconda di chi ne faccia il resoconto. Secondo due ex collaboratori del Senatore democratico del Massachusetts, a fare il primo passo fu ancora John Weaver che si sarebbe recato personalmente presso la residenza di Kerry a Georgetown per mettere sul tavolo l’ipotesi della vicepresidenza democratica da assegnare a John McCain.

Secondo quanto ricorda Weaver invece, l’idea di avere quest’ultimo come “running mate” venne avanzata dallo stesso John Kerry. Comunque siano andate veramente le cose, l’entusiasmo dell’ex candidato democratico alla presidenza era tale che si dice sarebbe giunto ad offrire a McCain una fetta importante dei compiti relativi alla sicurezza nazionale, solitamente prerogativa del Presidente degli Stati Uniti. John McCain da parte sua non ama ricordare i fatti del 2004, ma recentemente durante un dibattito ad Atlanta ha spiegato che essendo un “repubblicano conservatore e John Kerry un democratico liberale”, non ebbe altra scelta che “rifiutare la proposta”, anche se alcuni democratici ricordano un McCain “decisamente interessato alla discussione”.

Chiunque abbia fatto i primi passi per dare vita al matrimonio impossibile tra McCain e il Partito Democratico negli anni scorsi, gli episodi appena descritti sottolineano quali siano le difficoltà ad etichettare ideologicamente il candidato repubblicano alla Casa Bianca alla luce dei suoi precedenti. Anche se sono indiscutibili alcune sue convinzioni profondamente conservatrici, legate all’opposizione all’espansione delle prerogative del governo federale, alla fiducia nel libero mercato, al sostegno all’assicurazione sanitaria privata, alla pena di morte e all’opposizione all’aborto, altrettanto innegabile è il fatto che la sua popolarità tra l’elettorato indipendente e moderato sia dovuta alla fama da “maverick” del Partito Repubblicano che si è guadagnato grazie a molte battaglie riformiste.

In primo luogo quella combattuta assieme al Senatore democratico del Wisconsin Russ Feingold per la riforma del finanziamento delle campagne elettorali nell’ambito della sua lotta contro l’influenza dei grandi interessi finanziari nella politica americana. Ma anche altre, volte ad aumentare le tasse sulle sigarette per finanziare le ricerca e sostenere una campagna anti-tabacco oppure, in coppia con l’ex candidato alla vice-presidenza per i democratici Joe Liberman, ora suo supporter e consigliere, per lo sviluppo delle energie alternative. Tutti temi che McCain sta peraltro scrupolosamente evitando, o toccando solo di sfuggita, durante la sua campagna elettorale in corso, per non parlare poi del clamoroso cambiamento di rotta sui tagli alle tasse per i redditi più alti voluti dall’amministrazione Bush, ai quali in passato si era opposto e che invece ora promette di confermare se eletto.

Un bilancio scomodo insomma per un candidato che non poche volte in passato si è attirato le critiche dei repubblicani conservatori ai quali ora è costretto invece a strizzare l’occhio per ottenerne il fondamentale appoggio nella corsa alla successione a George W. Bush. Ma anche se molti di essi hanno dato il loro appoggio, sia pure senza troppo entusiasmo, al Senatore dell’Arizona, il compito di unire il Partito dietro la sua candidatura da qui a novembre non sarà facile, come dimostra il fatto che oltre la metà dei più generosi finanziatori della campagna elettorale di Bush jr. nel 2004 non abbia ancora versato un solo dollaro nelle casse della sua campagna elettorale.

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