di Mariavittoria Orsolato

ASUNCION. In pochi annoverano il Paraguay nelle loro conoscenze geografiche. Ed è quasi impossibile biasimarli. Questo Paese, incassato in un fazzoletto di terra poco generoso tra Bolivia, Brasile e Argentina, ha una storia complicata, fatta di colonizzazioni gesuitiche, devastazioni portoghesi e sanguinose dittature militari. E’ il Paese che più di altri ha ospitato i nazisti in fuga dalla Germania sconfitta ed è la nazione che da 60 anni a questa parte sta vivendo, bloccata in una condizione di povertà estrema, la semi-dittatura del più longevo partito repubblicano dell’America del sud, il Partido Colorado, partito che dal 1954 al 1989 ha sostenuto il cruento regime del generale Alfredo Stroessner. Ma tira aria di cambiamento in Paraguay. Un cambiamento forte e radicale, una svolta a sinistra che pare essere pronta a spazzar via quella che qui ad Asunciòn viene chiamata la democradura e che corrisponde ai 17 anni di transizione che hanno seguito l’era Stroessner. Il prossimo 20 aprile, il secondo Paese più povero dell’America Latina, dopo il Nicaragua, sarà chiamato alle urne per eleggere il nuovo presidente della Repubblica e gli occhi di tutto il mondo sono puntati su Fernando Armindo Lugo Mendez, ex vescovo di San Pedro recentemente sospeso a divinis dal Vaticano di Ratzinger e nipote di uno dei più agguerriti oppositori del regime.

Sono più di 15 anni che l’ex monsignore si batte per i più deboli, precisamente da quel lontano agosto 1992 in cui si rifiutò di benedire il nuovo aeroporto della città che ospitava la sua catechesi, costato circa 5 milioni di dollari, sostenendo che “ San Pedro non aveva bisogno di cattedrali del deserto ma di ospedali per non dover morire di dissenteria o di parto ma di strade asfaltate per permettere ai campesinos della regione di portare i propri prodotti al mercato cittadino”.

In 100.000 hanno firmato per rendere la sua candidatura alle prossime presidenziali effettiva ed ora, a meno di due settimane dal voto, la sua sembra essere la coalizione vincente. L’ Alianza Patriotica para el Cambio (APC) è sostenuta da quello che rimane della sinistra dopo le purghe stroessneriane - tra cui il movimento popolare indigeno Tekojoja e la Resistencia Ciudadana National - da una serie di defezioni del Partido Colorado, stanche di una politica immobile e corrotta e, a dispetto di quanto ha sancito San Pietro, dalla Democrazia Cristiana.

“Quando Fernando ha reso pubblica la sua candidatura c’è stato chi, nel Partido Colorado, minacciava di impugnarla legalmente - ricorda padre Paolo della parrocchia di San Rafael - ma si rischiava la sommossa popolare e il presidente in carica, Nicanor Duarte Frutos, ha preferito lasciar perdere. La gente qui vuole il cambiamento a tutti i costi e, a quanto sembra, Lugo ha tutti i numeri in regola per esaudirla”. Il patto politico che è stato sottoscritto da tutte le anime dell’APC è stato definito dagli osservatori internazionali “storico ed innovativo” e potrebbe finalmente donare nuova linfa a un Paese fermo nella stagnazione.

Ventidue punti che spaziano dall’educazione alla riforma agraria, dalla riappropriazione delle risorse energetiche naturali, con la rinegoziazione dei trattati sulla centrale idroelettrica di Itaipù - la più grande del mondo per capacità produttiva con circa 91000 Gwh al giorno - alla riforma del sistema monetario e giudiziario, da sempre ritenuti i punti deboli dell’apparato statale paraguayano. Un programma quindi rivoluzionario in termini politici e sociali che, a quanto acclamano i sondaggi, ha conquistato il 35% della popolazione, senza contare l’appoggio della maggioranza degli studenti, dei campesinos guaranì e dei diseredati che affollano le strade.

Nel frattempo la campagna elettorale si svolge tra diffamanti accuse e omicidi politici. Giusto l’altro ieri a Luque, località al confine con il Brasile, un dirigente di Tekojoja è stato assassinato assieme alla moglie da alcuni narcotrafficanti, mentre risalgono al 28 febbraio e al 4 aprile le uccisioni di altri tre attivisti dell’Alianza. Lo stesso Lugo ha ricevuto numerose minacce di morte, ma la cosa non sembra preoccuparlo più di tanto: “C'è chi vuole far sparire non solo la mia persona ma la speranza della gente, la ricerca di giustizia, di equità. Queste figure cercano di fare in modo che gli esclusi perdano anche la speranza di poter avere un posto nella società”.

L’assassinio politico non sembra essere l’unico mezzo per tentare di cambiare un risultato politico annunciato: “Il problema qui sono i brogli - spiega Miguel Angel Lopez Perito, capo della campagna elettorale dell’APC - esistono 26 modi diversi di falsare il risultato delle elezioni. Il più gettonato è quello di comprare i voti, solo che il Partido Colorado qui si compra direttamente il seggio, 1500 dollari circa a seggio”. Per evitare questa eventualità, l’APC sta cercando di ottenere il permesso di pubblicare i risultati degli spogli su internet, in modo da renderli trasparenti alla comunità internazionale, “Ma la burocrazia è un freno molto potente” conclude sconsolato Lopez Perito.

Oltre che con la potente “Machina Colorada” capeggiata dalla prima candidata donna Blanca Ovelar, nella sua corsa per la presidenza l’ex vescovo dovrà scontrarsi con il 30% delle preferenze per il generale Lino Oviedo, ex golpista e recentemente scarcerato - in molti sussurrano ad hoc - dopo una pesante accusa di omicidio ai danni dell’ex vice-presidente paraguayano Luis Maria Argana. I due si stanno combattendo sul fronte dell’aiuto agli indigenti, ma se per Oviedo la questione si risolve in pasti gratuiti, per Lugo la missione è tutt’altra: “La democradura ha rubato il sogno delle grandi maggioranze di migliorare la qualità della vita nel Paese. L’alternativa alla povertà è il cambio; e il cambio è l’unico cammino da seguire per la realizzazzione di una genuina democrazia e di uno stato di diritto che abbracci tutti i settori dimenticati della popolazione”. La partita da qui al 20 aprile è perciò ancora aperta anche se tutti qui si auguano che, per una volta, vinca veramente il migliore.

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